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Detenuti tra rap e teatro, il racconto di Kento in ‘Barre aperte’

Online web serie di CCO - Crisi Come Opportunità e Associazione Puntozero

Pubblicato:08-02-2022 19:39
Ultimo aggiornamento:08-02-2022 19:40

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ROMA – Le chiama ‘realtà irrinunciabili’, Kento. Lui, rapper, scrittore e attivista che da tempo è impegnato negli istituti penali per minori con dei laboratori, ha la vocazione di dare voce a chi non è ascoltato. La sua esperienza didattica e d’incontro nelle carceri diventa così un progetto a sé che si chiama ‘Barre Aperte‘. Una finestra aperta su una realtà troppe volte dimenticata, quella della detenzione minorile, che si fa racconto in questa web serie disponibile su YouTube e in anteprima su Repubblica TV.

Otto episodi in tutto, che durano poco meno di 10 minuti, accendono i riflettori su vita, sogni e storie di ragazzi sottoposti a provvedimenti penali ma anche su professionisti e volontari impegnati nella formazione, umana e professionale, di chi vive recluso. In primo piano le attività artistiche dei teatri dell’Istituto Penale per Minorenni Beccaria di Milano e a quello di Airola, in provincia di Benevento. Scritta da Kento, con le riprese e il montaggio di Hélio Gomes, ‘Barre Aperte’ è un progetto realizzato da CCO – Crisi Come Opportunità e Associazione Puntozero, con il supporto di Fondazione Alta Mane Italia.

Con ritmo serrato e veloce, Kento svela un percorso di musica e teatro dove il confine tra il dentro e il fuori sembra non esserci: “Le sbarre che dividono il carcere dal mondo dei liberi funzionano in entrambi i sensi, tengono i carcerati fuori dal mondo, ma tengono anche il mondo al di fuori di quella realtà, quindi tutti gli strumenti fisici e culturali che riescono a far superare queste sbarre sono secondo me fondamentali”.


Ecco allora che il format ‘Barre Aperte’ diventa indispensabile per trasmettere il messaggio che un carcere non è nella città ma è della città. Puntata dopo puntata le testimonianze dei protagonisti mettono nero su bianco come le aspettative dei giovani cambino e come l’arte sia motore di una nuova consapevolezza emotiva e di una ritrovata autostima.

“Il lavoro sul fronte artistico- spiega Kento all’Agenzia Dire- è importante almeno su cinque fronti: prima di tutto sul fronte della stima personale, in secondo luogo per l’inserimento nella socialità ristretta tra ragazzi, per la stima da parte degli adulti, del personale, degli operatori e di chiunque li segua. Inoltre l’attività artistica viene inserita nel fascicolo del detenuto e viene considerata uno step del suo percorso verso la libertà e infine, forse l’aspetto più significativo per me, è il cambiamento di ruolo: ragazzi a cui viene detto che cosa devono fare per una volta sono quello che dicono, sono quelli dalla parte della capsula del microfono”.

E l’esperienza artistica diventa anche esperienza professionale: c’è un palco sì da calcare ma anche da disegnare per esempio con luci, fonia e scenografia. E poi, oltre al comparto audio, che richiede elettricisti e tecnici del suono, c’è quello video che, in pandemia, diventa la finestra per il mondo che c’è fuori. “CCO – Crisi Come Opportunità e Punto Zero che hanno realizzato ‘Barre Aperte’- racconta Giulia Agostini, Presidente di CCO- fanno parte di una rete nazionale di associazioni che portano l’arte negli istituti penitenziari minorili. Ci siamo messi insieme circa un paio di anni fa perché crediamo che insieme possiamo avere più forza verso le istituzioni e portare avanti delle istanze di miglioramenti per i ragazzi che in questo momento sono ristretti”. ‘Barre Aperte’ “può piacere o non piacere- conclude Kento- ma di sicuro è qualcosa che non si è ancora mai visto prima”.

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