Digitale, l’esperto: “Non serve ministero, Draghi sia manager della transizione”

Intervista al presidente di Anorc Professioni, Andrea Lisi: "Il presidente del Consiglio dovrebbe essere il Chief Digital Officer"

Pubblicato:08-02-2021 15:57
Ultimo aggiornamento:08-02-2021 15:57

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ROMA – Per dare una vera spinta alla digitalizzazione del Paese, che viaggia a parole ma nei fatti ha il freno a mano tirato come dimostra il forte ritardo delle Pa rispetto al termine del 28 febbraio, “Mario Draghi dovrebbe assumere direttamente il ruolo di manager della transizione digitale” e non affidarsi a un ministero “di emergenza” come quello dell’Innovazione voluto dall’ex premier Giuseppe Conte. Il consiglio arriva dal presidente di Anorc Professioni, Andrea Lisi, tra i promotori della maratona di eventi in streaming sul digitale in corso fino al 12 febbraio, il Dig.eat 2021.

Questo, spiega Lisi, non perchĂ© il ministero guidato da Paola Pisano non abbia fatto un buon lavoro, ma perchĂ©, anche in vista degli investimenti del Recovery Plan, dobbiamo considerare che “oggi tutti gli indici ci dicono che il nostro Paese è poco digitalizzato e molto corrotto”. E visto che “c’è una correlazione diretta tra digitalizzazione e trasparenza, per poter combattere la corruzione e garantire reale trasparenza ai cittadini tutti i ministeri dovrebbero garantire politiche di digitalizzazione. Quindi il presidente del Consiglio dovrebbe essere il Chief Digital Officer, magari avvalendosi di un segretario generale preparato ad affrontare la sfida e di un team interno della Presidenza del Consiglio”.

L’avvocato Lisi, esperto di diritto dell’informatica e ‘attivista’ della digitalizzazione, ha altri due consigli per il prossimo governo. Il primo è potenziare Agid, che dovrebbe diventare a tutti gli effetti “una Authority tecnica indipendente similmente al Garante e della protezione dei dati personali. Per fare da traino alle politiche di digitalizzazione e da contro altare alle politiche di digitalizzazione portate avanti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri garantendole dal punto di vista tecnico”. Il secondo è non toccare piĂą il Codice dell’Amministrazione Digitale (Cad) se non per semplificarlo e renderlo davvero cogente. “PerchĂ©- spiega- è un codice senza sanzioni e se non si punisce con sanzioni forti e dirette chi dovrebbe digitalizzare e non lo fa è chiaro che continueremo a sonnecchiare e a non leggerlo neanche”.

Tra l’altro, secondo Lisi, la smania di parlare di digitalizzazione ha spinto negli anni ogni nuovo governo a modificare lo stesso Cad, che “è diventato un’accozzaglia di norme poco sistematiche fra loro. Se non si è esperti, leggere alcuni articoli è praticamente impossibile. Sarebbe il caso- propone Lisi- di fare una normativa generale composta da 15 articoli, ma forti, la cui applicazione pratica potrebbe essere affidata ad una Authority, quella di cui si parlava prima. Ci vuole- conclude- un impulso politico forte, sanzioni dirette nei confronti di chi non digitalizza e piani educazione civica digitale”.

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