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Ecuador. Andres Arauz al ballottaggio, pareggio tra i due sfidanti

Il candidato di sinistra accede al secondo turno, ancora dubbi sullo sfidante: centrodestra e 'popoli originari' appaiati al 19,7%

Pubblicato:08-02-2021 15:28
Ultimo aggiornamento:08-02-2021 15:28
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Di Brando Ricci

ROMA – Con circa il 97 per cento dei voti scrutinati, i cittadini ecuadoriani non sanno ancora chi sarà a prendere parte al secondo turno delle elezioni presidenziali, previste per l’11 aprile. Se infatti Andres Arauz, candidato delle piattaforma di sinistra della Union por la Esperanza, è certo di aver passato il turno con poco più del 32 per cento delle preferenze, ancora non è chiaro chi sarà lo sfidante.

Stando ai dati preliminari del Consejo Nacional Electoral (Cne) infatti, il candidato di centro-destra Guillermo Lasso, a capo del Movimiento Creo, e il rappresentante della formazione dei popoli originari Pachakutik, Yaku Perez Guartambel, hanno ottenuto rispettivamente il 19,65 e il 19,72 per cento dei voti e si trovano in una fase di sostanziale pareggio tecnico.


A sorprendere è il risultato di Perez, che nella maggioranza dei sondaggi che hanno preceduto le consultazioni era indicato come terzo candidato a succedere al presidente uscente Lenin Moreno, con circa il 10 per cento delle preferenze. “Quello che abbiamo ottenuto alle urne non ce lo toglieranno al tavolo” ha dichiarato ai giornalisti il candidato dopo aver appreso gli esiti parziali del conteggio, quando fuori dalla sua base elettorale già si assiepavano i primi sostenitori. “Siamo la seconda forza politica del Paese”.

Lasso, già ministro dell’Economia, ha esortato ad attendere la fine dello scrutinio e ha lamentato la diffusione a suo dire “prematura” dei dati parziali da parte del Cne. Il candidato di centro-destra si è poi complimentato con quella parte del popolo ecuadoriano “che ha detto no a totalitarismo e populismo”. Arauz, l’aspirante presidente sostenuto dall’ex capo di Stato Rafael Correa, ha invece scritto su Twitter: “Ha vinto l’amore, la speranza, il futuro”.

ECUADOR, GARCIA (USEI): DA GENOVA A ROMA, QUANTA VOGLIA DI VOTARE

“Tanto gli elettori all’estero quanto quelli che abitano in Ecuador andranno al voto con meno informazioni e una marea di candidati: è stato un processo elettorale turbolento, tra pandemia e dissidi politici”. La premessa è di Antonio Garcia, presidente dell’Unione di solidarietà degli ecuadoriani in Italia (Usei), associazione nata 11 anni fa a Savona. L’agenzia Dire lo ha raggiunto al telefono a due giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali in Ecuador. Di tutti i potenziali elettori, circa il 3 per cento è rappresentato da ecuadoriani residenti all’estero; 90.000, riferisce Garcia, quelli pronti a esprimere il proprio voto in Italia.

“E’ necessario sottolineare una differenza fondamentale tra la realtà dei cittadini che vivono in Ecuador e quella di chi è residente all’estero” sottolinea il presidente di Usei. “Per i primi votare è un obbligo sancito dalla legge, per i secondi, invece, è solo un diritto”. Una condizione, questa, secondo Garcia, che costituisce “un valore aggiunto per dimostrare il proprio impegno civile e far di tutto per esprimere la propria preferenza”.

I cittadini ecuadoriani in Italia hanno avuto a disposizione per votare i tre consolati di Roma, Milano e Genova e domenica le urne sono rimaste aperte fino alle 19. Il presidente di Usei sottolinea che c’è un cambio di orario rispetto a quello tradizionale: “In genere è usanza votare dalle sette fino alle 17”. Questa variante, però, sarebbe l’unica “novità rispetto agli anni precedenti”, insieme con l’obbligo della mascherina e del distanziamento sociale imposti dalla pandemia.

Rispetto al merito della questione politica, Garcia lamenta “un clima pre-elettorale caotico, sia a causa della pandemia che a causa di una scena molto divisa”, che non ha permesso di trovare candidati comuni ed è finita per generare uno scenario con “quasi 35 candidati tra presidenza e vicepresidenza”.

Quale che sia il risultato, Garcia evidenzia un “minimo comun denominatore” della politica ecuadoriana che non lascia ben sperare. “Nel Paese manca una formazione politica consolidata e quindi si sceglie il candidato in base al carisma e non in base al partito o all’orientamente ideologico” dice il presidente di Usei, che avverte: “E’ così che nascono i ‘caudillos’ autoritari”.

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