Clima pazzo, mandorli già in fiore per i giorni della ‘merla’
28 gennaio 2018
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BOLOGNA – Paesaggi incontaminati, ghiaccio e neve ovunque, e in apparenza nessuna forma di vita nei dintorni. Questo è quello che ci si immagina quando si pensa alla vita del Polo nord. Ma non per Joseph Cook. Solo a occhio nudo, infatti, le distese sembrano deserte. Per il microbiologo dell’Università di Sheffield, Inghilterra, la superficie ghiacciata dell’Artico è fonte continua di esplorazione e di studio delle forme di vita “micro” come batteri e microbi. Grazie ai quali, spiega, si potrà capire come si sta evolvendo il cambiamento climatico.
Nonostante gli scetticismi sempre più diffusi in materia, infatti, tra gli esperti ormai il fenomeno è conclamato e ora le risposte che cerca la scienza vertono su come e cosa analizzare per studiarne l’andamento futuro. La risposta, secondo Cook, si trova appunto negli strati di ghiaccio da lui analizzati, e non è positiva: man mano che il riscaldamento globale aumenta, spiega il ricercatore durante un seminario organizzato dall’Università di Bologna, le forme di vita all’interno aumentano, facendo proliferare i microrganismi e rendendo il ghiaccio di un colore più scuro. Effetto, questo, che porta all’accelerazione del processo di scioglimento del ghiaccio e conseguentemente dell’innalzamento del livello del mare. Lo studio è ancora in corso e permetterà, forse, di scoprire cosa potrà fare l’uomo per arginare il fenomeno. Il lavoro di Cook, basato principalmente in Groenlandia è documentato sul suo sito e sarà raccontato in un documentario in uscita il prossimo 9 marzo.
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