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Self Covid-test in azienda: la terza via di Confindustria Emilia

Il presidente Valter Caiumi fa riferimento al "modello tedesco", con tamponi a carico dei dipendenti, con validità fino a 72 ore, e da fare direttamente sul posto di lavoro con l'aiuto di colleghi 'certificatori'

Pubblicato:07-10-2021 19:11
Ultimo aggiornamento:07-10-2021 19:11

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BOLOGNA – Tamponi a carico dei lavoratori, ma con una validità più lunga, fino a 72 ore, e da fare direttamente in azienda con l’aiuto di colleghi ‘certificatori’, formati per validare i self-test. È il ‘modello tedescoproposto dal presidente di Confindustria Emilia, Valter Caiumi, a una settimana dall’entrata in vigore della disposizione che impone il green pass per accedere ai luoghi di lavoro.

Contrario all’obbligo vaccinale, così come all’idea che debbano essere le aziende a farsi carico dei costi dei tamponi per i lavoratori non immunizzati, Caiumi propone una terza via per affrontare i prossimi mesi, fino alla fine dell’anno, cercando di tenere insieme la sicurezza dei luoghi di lavoro con il rispetto delle scelte dei singoli. “Mi piacerebbe che fossero considerate le ipotesi di un allungamento della validità del tampone rapido e dell’adozione del modello tedesco, un’alternativa, che va ad aiutare imprese più piccole ad adottare modelli percorribili. Non trovo negativo il rigore dell’Italia, trovo necessario trovare alternative per dare risposte a tutte le imprese“, spiega il numero uno degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara.

Il sistema del green pass obbligatorio “scelto dal governo italiano ha sicuramente ha avuto la finalità di richiamare alcuni a vaccinarsi. C’è un’altra parte di lavoratori che continua a fare una scelta diversa, che bisogna rispettare, alla cui base possono esserci preoccupazioni di salute o paure. Il modello del green pass è andato bene e potrebbe andare meglio, se si tiene conto dei buoni dati sui contagi e del fatto che continuaiamo a tenere i dispositivi di protezione”, premette Caiumi. Per questo, “si potrebbe pensare a un’estensione della validità del tampone rapido a 72 ore, come avviene in Francia: oggi con i livelli di contagio che abbiamo, potrebbe essere un azzardo che ci possiamo permettere”, sostiene il presidente di Confindustria Emilia.


“Un’altra possibilità interessante potrebbe essere il modello tedesco“, suggerisce, illustrando il sistema adottato per gli ‘ospiti’ delle aziende Oltralpe, dove non c’è l’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro. Nelle imprese tedesche alcuni dipendenti possono fare un corso ed entrare a far parte di un albo di certificatori Covid 19. Forniscono il tampone rapido e assistono chi si sottopone autonomamente al test, certificando la corrisipondenza tra l’esito e la persona testata. L’azienda su carta intestata emette un certificato valido per l’ingresso. “È un modello interessante che potrebbe funzionare anche da noi, almeno i lavoratori che decidono di non procedere con la vaccinazione, potrebbero avere un tampone dalla validità più lunga e fatto direttamente in azienda”, sintetizza Caiumi. Che resta contrario, però, all’idea che debbano essere le aziende a farsi carico dei costi, come, invece, ha chiesto nei giorni scorsi la Fiom di Bologna. “Se andiamo per coerenza, il problema non dovrebbe neanche essere toccato: non c’è nel pubblico impiego e non dovrebbero esserci nemmeno nel privato. Se ci fossero vie come quella tedesca, magari una cosa risolve l’altra”, puntualizza.

Abbiamo la maggior parte delle persone che vanno al lavoro vaccinate, bisogna avere anche un’attenzione e un rispetto nei loro confronti. Ci dovrà essere una giusta misura, ma la scelta di non vaccinarsi non può ricadere, anche sotto il profilo economico, sulle aziende, e quindi sulla comunità. Se riuscissimo ad avere questo modello tedesco, almeno per questo primo periodo, sarebbe di aiuto. Poi ci auguriamo che tutto questo finisca“, aggiunge. Intanto, in molte aziende metalemeccaniche i sindacati hanno promosso incontri con medici ed esperti per convincere gli irriducibili a vaccinarsi. “Secondo me c’è stata la sensibilizzazione di molte persone. Del resto, costringere non porta da nessuna parte. Sono convinto che abbiamo bisogno di sapere amministrare certe situazioni. L’obbligatorietà mi sembra una soluzione semplicistica. Sono contrario, forse perché ho avuto l’opportunità di parlare con alcune persone e ho capito la difficoltà che stavano incontrando”, racconta Caiumi. Insomma, sintetizza, “ci sono delle modalità che possono consentire di tenere insieme la sicurezza delle aziende e di chi ci lavora, con la scelta di alcuni di non vaccinarsi. Almeno fino alla fine dell’anno. Comunque chi decide di non immunizzarsi, un po’ di oneri li deve avere”, conclude.

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