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La rivoluzione culturale del Piano nazionale per la formazione degli insegnanti

di Anna Paola Sabatini, direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Molise

Pubblicato:07-10-2016 11:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:08

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di Anna Paola Sabatini, direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Molise

Il Piano nazionale per la formazione degli insegnanti è rivoluzionario per molti aspetti. Innanzitutto per l’impegno di spesa senza precedenti da parte del Miur in questo settore: 325 milioni, ma che diventano 1,4 miliardi alla fine del 2019. Poi per i contenuti che individuano nove priorità nazionali e percorsi di qualità per 750 mila docenti di ruolo e per tutto il personale della scuola. Si va dalle lingue straniere, alle competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendimento; dalla scuola e lavoro, all’autonomia didattica e organizzativa; dalla valutazione e miglioramento, alla didattica per competenze e innovazione metodologica; dall’integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale, alla inclusione e disabilità, alla coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile.

In terza battuta perché il Piano pone l’accento sul problema della formazione continua del docente. Una professione che deve necessariamente restare al passo con i tempi e aggiornarsi costantemente per seguire l’evoluzione dei cambiamenti sociali e culturali in atto nella società. Rivoluzionario è anche il percorso personalizzato che riguarderà l’attività di formazione.


Ma un altro aspetto da non sottovalutare è la valorizzazione del ruolo dei docenti rispetto alla comunità. Perché la formazione continua e obbligatoria contribuisce ad aumentare anche la dignità della figura della professione del docente nel mercato del lavoro più in generale. L’insegnante diventa così un professionista dell’istruzione del terzo millennio in grado di allineare il nostro sistema di insegnamento ai migliori standard internazionali.

E non è un caso che all’evento di presentazione del Piano nazionale di formazione, organizzato nella sede del Miur ad inizio settimana, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini abbia voluto anche tre ospiti internazionali come Andreas Schleicher direttore del Directorate of Education dell’Ocse, Jordan Naidoo direttore della Divisione Education 2030 Support and Coordination dell’Unesco e Oon Seng Tan direttore del National Institute of Education di Singapore. Il Miur si è confrontato con loro sull’importanza della crescita professionale dei docenti come pilastro del miglioramento dei sistemi educativi.

Per garantire la qualità dei percorsi, il Ministero ha assicurato nuove procedure di accreditamento a livello nazionale dei soggetti erogatori con l’obiettivo di monitorare anche gli standard offerti. Mentre un investimento specifico riguarderà il settore della ricerca per favorire il finanziamento, la raccolta e diffusione delle migliori startup formative e le migliori pratiche saranno inoltre raccolte in una biblioteca delle innovazioni grazie alla collaborazione con INDIRE (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa).

Il Piano di formazione individuale del docente entrerà a far parte di un portfolio digitale con la storia formativa e professionale dell’insegnante. I bisogni di formazione individuale confluiranno nel Piano di ciascuna scuola. Ha ragione il ministro Giannini quando parla di “un cambio di paradigma culturalecon questo Piano, la cui regia è affidata al Miur. Ma le scuole avranno un ruolo fondamentale, perché toccherà a loro progettare e organizzare, anche in reti di istituti, la formazione del personale. Una vera rivoluzione.

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