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Ue ufficializza sospensione accordo sui visti ai russi

L'esperto: "Stop Ue ai visti russi punisce i dissidenti"

Pubblicato:07-09-2022 17:11
Ultimo aggiornamento:07-09-2022 17:11
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European economic policy
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Di Alessio Pisanò e Alessandra Fabbretti

ROMA – La Commissione europea ha adottato ufficialmente la proposta per sospendere completamente l’accordo di facilitazione del rilascio dei visti tra l’Ue e la Russia esistente dal 2007. L’annuncio fa seguito all’accordo politico trovato dai ministri degli Esteri nel Consiglio Ue informale del 31 agosto. La sospensione dell’accordo sarà definitiva una volta che il testo sarà ufficialmente approvato dai 27 ministri. “Al momento non c’è alcuna base per dare la fiducia e visitare l’Europa non è un diritto fondamentale: i cittadini russi non dovrebbero avere un facile accesso all’Ue”, ha dichiarato in un punto stampa la commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson. La sospensione rende più costoso il rilascio dei visti (che da 35 euro necessari passerà a costare 80 euro), e il periodo di valutazione per la concessione dei permessi potrà allungarsi fino a 45 giorni. Aumenterà anche la lista dei documenti richiesti per chi farà domanda di ingresso nell’Ue.

L’ESPERTO: STOP UE AI VISTI RUSSI PUNISCE I DISSIDENTI

“La decisione di sospendere il sistema semplificato di visti Ue per i russi porterà solo complicazioni, attese più lunghe e costi più alti (più del doppio, da 35 a 80 euro), per cui non colpirà i ricchi turisti russi in Europa e ancor meno gli oligarchi legati a Putin, mentre sicuramente complicherà la prospettiva di trasferirsi per i dissidenti meno abbienti che non possano dimostrare di essere perseguitati o in pericolo immediato. Credo che neanche durante la Seconda guerra mondiale sia stato proposto di respingere gli esuli tedeschi in patria poiché ritenuti individualmente corresponsabili delle occupazioni tedesche o dei crimini del Reich”. Luigi Daniele è professore di Diritto internazionale penale e diritto internazionale umanitario alla Law school dell’Università Trent di Nottingham. Per l’agenzia Dire commenta la recente decisione dei ministri dell’Ue di sospendere il regime semplificato dei visti per i cittadini russi, che l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, ha motivato così: “L’ingresso nell’Ue dei cittadini russi non può continuare come se nulla fosse nonostante la guerra provocata in Ucraina”. Il docente continua: “Solo Germania e Francia sembrano preoccuparsi dell’impatto indiscriminato delle misure chieste dall’Ucraina. Ora, dalla richiesta di escludere artisti, sportivi e accademici da ambienti, competizioni e discussioni internazionali, si passa alla richiesta di strangolamento della libertà di movimento”.


La questione, oltre che etica, tocca da vicino il diritto internazionale. “La richiesta giunta dall’Ucraina- prosegue Daniele- di un divieto generale e indiscriminato mi colpisce in quanto appare molto poco sensibile al divieto di punizioni collettive contro la popolazione civile di qualsiasi stato belligerante, un principio fondamentale del diritto internazionale dei conflitti armati a partire dai Regolamenti annessi alla Convenzione dell’Aia del 1907, che all’art. 50 stabilivano che ‘Nessuna pena collettiva, pecuniaria o di altro tipo, può essere disposta contro un’intera popolazione’. E’ un principio considerato oggi vincolante per tutti gli Stati, al di là di obblighi basati sui trattati e di deroghe o sospensioni degli stessi. Il fatto che sia la Russia stessa a violare principi di diritto internazionale nella propria conduzione scellerata delle ostilità non autorizza l’Ucraina, né dovrebbe spingerla, a chiedere misure indiscriminate contro i civili russi, ossia contro 145 milioni di persone”. L’esperto conclude: “Ogni sollecitazione volta ad abolire o attenuare la distinzione tra popoli e governi è un’anticamera di nazionalismo e razzismo, cui nessuna istituzione occidentale dovrebbe piegarsi. Andrebbe anche considerato l’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che proibisce esplicitamente ogni discriminazione basata sulla nazionalità”.

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