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Ripensare il reddito di cittadinanza per un autentico contrasto alle povertà

L'intervento della senatrice del Partito Democratico

Pubblicato:07-09-2021 16:30
Ultimo aggiornamento:07-09-2021 16:30
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reddito di cittadinanza
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di Vanna Iori

Una misura di sostegno contro la povertà è indispensabile per lo sviluppo economico e sociale.  Discutere, dunque, di una riforma del reddito di cittadinanza non significa mettere in discussione una misura di equità sociale ma modificarla per renderla funzionale al suo più importante obiettivo. Quando è stato approvato il reddito di cittadinanza, il Partito Democratico non era certamente contrario alle finalità dichiarate nel provvedimento, e cioè il contrasto alla povertà, all’emarginazione e all’esclusione sociale. Non erano condivisi -invece- gli strumenti e la dimensione che costruiva lo sfondo culturale e sociale del provvedimento.

La “povertà”, come spiega il premio Nobel per l’economia, Amartya Sen, indica l’impossibilità per una persona di svolgere la vita che vorrebbe vivere, è carestia di libertà effettiva, di sviluppare il proprio potenziale e di realizzare il proprio progetto di vita. La lotta alle povertà richiede perciò la capacità di ridare alle persone senso di dignità e fiducia nella possibilità di realizzare un orizzonte di prospettive, un futuro degno di essere vissuto. 


La povertà infatti non è prodotta esclusivamente della mancanza di un reddito, e non si risolve unicamente con proposte di un lavoro qualsiasi, senza tener conto di tutte le dimensioni che danno senso a questo lavoro. La povertà, nelle sue varie forme, richiede una presa in carico complessiva e multidimensionale dei cittadini che si fondi sulla capacità di comprendere le differenze tra singole persone o tra nuclei familiari che sono evidentemente portatori di diritti e bisogni diversi, ma offrono anche risorse diverse da mettere in gioco. E’ necessario quindi stabilire politiche di sostegno delle fragilità che siano espressione di  una presa in carico complessiva delle fragilità, rafforzando i legami con la territorialità. Occorre costruire progetti predisposti, in particolare, dai servizi sociali comunali che operino in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole, i privati attivi nel no profit. Il reddito deve nascere da progetti che prevedono specifici impegni individuati dagli operatori sociali sulla base di una valutazione delle problematiche e dei bisogni che che tengano conto delle diverse dimensioni: dalle condizioni personali e sociali alla la situazione economica e lavorativa; dall’educazione, istruzione,  formazione, alla condizione abitativa. 

Si tratta pertanto di una apportare modifiche indispensabili al reddito di cittadinanza  fondato sui centri per l’impiego e i navigator che, oltre a essere carenti di competenze specifiche sulle diversi situazioni di povertà e disagio sociale, sono stati pensati con il compito esclusivo di aiutare le persone a trovare un posto di lavoro. Per questo, è importante che anche chi ha costruito questa proposta ne sappia individuare le criticità, come ha fatto in queste ore il Presidente Conte, e sia intenzionato a delineare alternative.

La povertà non si risolve soltanto nella ricerca di un posto di lavoro. Oggi servono nuove competenze in materia di povertà e lotta all’esclusione per rimettere in piedi quella rete sociale che ha dimostrato di essere essenziale nell’approccio multidimensionale alle povertà come ad esempio poteva esserlo il reddito di inclusione: una misura universale di contrasto alla povertà in tutte le sue dimensioni che ha avuto il merito di avviare per la prima volta nella storia del nostro Paese la costruzione di un’infrastruttura nazionale a disposizione del welfare locale di progetti individuali che possano effettivamente garantire alle persone di uscire dalla condizione di povertà e imboccare la via  per lo sviluppo del welfare mix, una misura per affermare il diritto al lavoro unitamente al diritti a costruire l’esistenza.

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