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Omicidio Willy, parla un attivista: “Ad Artena in corso battaglia sociale, basta spazio a criminali e spacciatori”

Sono cresciuti ad Artena i due fratelli arrestati per l'omicidio di Willy. Parla Mino Massimei, presidente del circolo Arci Montefortino 93 e attivista locale

Pubblicato:07-09-2020 16:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:50

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ROMA –  Maiotini, Le Macere, Selvatico, Valli, via Velletri. E poi Torretta, Fumario, centro storico. Sono i nomi delle contrade di Artena, borgo di quasi 15mila anime aggrappato alle prime propaggini dei monti Lepini, tra le province di Roma e Latina, salito agli ‘onori della cronaca’ perché, proprio in una delle sue frazioni, il Colubro, sono cresciuti Marco e Gabriele Bianchi, arrestati all’alba di domenica insieme a due loro amici per l’assassinio del ventunenne Willy Monteiro Duarte. Willy è finito in una rissa per difendere un amico ed è stato ucciso di botte nella città accanto, Colleferro, nella notte tra il 5 e il 6 settembre nei giardini proprio dietro la caserma dei Carabinieri in piazza Italia, dove ieri sera i sindaci della zona hanno deposto una corona di fiori in ricordo del giovane di Paliano. Era lì che Willy abitava con la sua famiglia di origine capoverdiana, finita nell’incubo per mano di quattro coetanei, poco più che ventenni, alcuni già noti alle autorità giudiziarie con precedenti per spaccio.

“Hashish, marijuana, eroina. Ad Artena circola un po’ di tutto. Ma la regina è la cocaina“, racconta all’agenzia di stampa Dire Mino Massimei, presidente del circolo Arci Montefortino 93 e attivista locale che da anni nel centro storico di Artena lotta per strappare dal disagio giovani e giovanissimi, con attività di doposcuola, corsi di musica, inglese e informatica, una sala prove, tirocini e stage svolti nella sede messa a disposizione dal Comune.

Il fenomeno della droga si è acuito negli ultimi dieci anni in cui anche figure criminali che erano a riposo sono tornate in attività- continua- Sottovalutata dalle istituzioni”, la polvere bianca arriva nelle piazze di spaccio della città presepe, “che sono ovunque, anche in case private”, grazie a una rete di “spacciatori e di gruppi criminali organizzati di piccola e media grandezza, con legami verso Latina e la Campania. Non c’è un gruppo dominante- dice l’attivista- è così molecolare e diffuso il fenomeno che è anche difficile contrastarlo”. 


Probabilmente, “questi gruppi criminali hanno un’egemonia anche sulle piazze di spaccio di Colleferro”. A livello sociale, la dinamica che si innesca, secondo Massimei, è la più antica di sempre. “Per un ragazzo qui ad Artena è più facile intraprendere un’attività di spaccio, anche piccola, che tentare un tirocinio formativo o un primo contratto di lavoro subordinato, perché tra l’altro si guadagna di più. Poi un segmento di popolazione giovanile è affascinato dalla vecchia criminalità di 50-60enni e da un immaginario legato al culto della forza”.

Soldi facili, auto di lusso, attività commerciali e ristorative nate dal giorno alla notte “coi proventi della droga o anche di altri ‘servizi’, come il recupero crediti, l’estorsione, l’usura“: il quadro “è desolante. Artena è un campo di battaglia sociale, in cui ci si sta contendendo metro per metro l’educazione e il senso comune delle persone attorno a determinati principi etici- denuncia l’attivista-. Da una parte ci siamo noi dell’Arci, con due sedi al centro storico aperte 7 giorni su 7, e la parrocchia di Santo Stefano, che con don Christian ha cercato di svolgere in questi anni un’intensa attività sociale. Dall’altra, i gruppi criminali”.

Ma alla lettura di Artena come città di picchiatori e nuovi banditi, l’attivista non ci sta. “È facile semplificare realtà molto più complesse che ci obbligherebbero a scavare e analizzare in profondità la provincia italiana. È rimasta nell’immaginario comune questa fama del banditismo, un fenomeno storico legato alla povertà del nostro territorio a fine Ottocento. Ma oggi Artena non è città di banditi e picchiatori, ma un paese dove c’è un alto numero di spacciatori e di consumatori di droga”.

Una realtà “in chiaroscuro” dove “fortunatamente c’è anche una fascia di famiglie e ragazzi che disprezzano il modo con cui una parte della criminalità locale si afferma sul territorio ed esprime un forte dissenso”. La stessa intercettata dalla rete sociale dell’Arci e della parrocchia.

Riusciamo ad avere un effetto calamita sul ceto medio-basso che crede nella funzione dell’istruzione: muratori, elettricisti, lavoratori di forni e ristoranti- chiarisce-. E raggiungiamo le situazioni di disagio socio-economico legate alla perdita del lavoro di uno dei componenti della famiglia o all’abbandono scolastico, una delle piaghe della città, che registra un tasso più alto nelle contrade”. Quelle stesse contrade dove vive “la maggior parte della popolazione” e che “sono molto chiuse nei loro confini, mancando l’idea di unità cittadina complessiva. Ma i nostri strumenti non possono bastare: le dinamiche criminali passano sopra qualsiasi azione sociale locale perché sono globali”.

Sulla morte di Willy, invece, “difficile parlare. Il cuore di questa storia è il disprezzo per la vita e il diffondersi di modelli sociali legati al culto del denaro e della forza. Abbiamo perso la vita di un ragazzo giovane, tutte le nostre comunità hanno perso qualcosa- commenta Mino-. Nel momento in cui si perde la vita, dietro la caserma dei Carabinieri, che dovrebbe essere un posto sicuro, un fallimento della società ci deve essere. La battaglia persa più in generale- osserva- è quella del modo in cui affrontare il problema delle droghe, oltre al fatto che i giovani sono spariti da tanti anni dal dibattito nazionale“.

L’auspicio “è di andare oltre l’immagine delle bestie da giustiziare, del mostro in prima pagina. Ognuno si interroghi sul suo ruolo, quelle che chiamano bestie sono ragazzi che potevamo conoscere, che potevano offrirci un caffè al bar. Non bisogna dimenticare la banalità del male” per evitare che “si spengano i riflettori sul cuore della questione: la droga. Per questo in autunno lanceremo un’assemblea delle realtà sociali di Artena, Colleferro e Paliano. Perché dopo la morte di Willy si inizi su questo tema un percorso reale”.

(Le foto sono tratte da Instagram)

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