NEWS:

Marmolada, crollo prevedibile? Ricercatori: “Non c’erano segnali imminenti”

"Nei ghiacciai- spiegano gli esperti - a differenza delle frane, non vi sono sistemi di allerta che misurano movimenti e deformazioni in tempo reale"

Pubblicato:07-07-2022 14:29
Ultimo aggiornamento:07-07-2022 14:29

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

VENEZIA – Era prevedibile il tragico crollo avvenuto domenica scorsa sulla Marmolada? I ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada, che da vent’anni studiano il ghiacciaio, nel mettere in fila tutti gli elementi su quanto accaduto, per “portare il proprio contributo alla comprensione del fenomeno”, affrontano anche questa domanda. E la risposta, affidata ad una nota stampa, è questa: “Prima del crollo non si sono osservati dei segnali evidenti di un collasso imminente. Salvo rarissimi casi, nei ghiacciai, a differenza delle frane, non vi sono sistemi di allerta che misurano movimenti e deformazioni in tempo reale. I crepacci, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel distacco, erano visibili già da diversi anni e di per sé fanno parte della normale dinamica glaciale”.

LEGGI ANCHE: Marmolada, Filippo e il selfie sul ghiacciaio prima della tragedia

E, dunque, inevitabilmente la domanda diventa se ora ci si possano aspettare altri crolli in futuro. Per Aldino Bondesan, glaciologo dell’Università di Padova, responsabile del Comitato glaciologico italiano (Cgi) per il coordinamento della campagna glaciologica annuale nelle Alpi orientali, Roberto Francese, geofisico dell’Università di Parma e componente del Comitato glaciologico italiano, Massimo Giorgi, Stefano Picotti, geofisici dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, “il distacco di seracchi è un fenomeno frequente nei ghiacciai e fa parte della normale dinamica glaciale, più raro il caso di collassi in blocco come quello verificatosi in Marmolada”. Dicono ancora gli esperti: “Il ritiro e il riscaldamento determinano un aumento della frequenza degli eventi e in generale un aumento della pericolosità delle fronti glaciali”.


L’osservazione annuale di molti ghiacciai “è stata recentemente abbandonata proprio per l’incremento delle condizioni di rischio alle fronti glaciali. Tuttavia, non tutti i ghiacciai presentano le medesime condizioni di pericolo che variano in funzione della temperatura, ma anche della morfologia, delle pendenze, delle dimensioni e di altri parametri. Ogni ghiacciaio va studiato singolarmente individuando i rischi specifici che si sommano a quelli già insiti nella frequentazione dell’ambiente alpino”, affermano i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada.

LEGGI ANCHE: Marmolada, la proposta dal Veneto: “Il 3 luglio sia la giornata nazionale delle vittime”

Collassi di intere porzioni di ghiacciaio si sono registrati anche negli anni recenti in diverse aree delle Alpi. Solo un mese fa due alpinisti sono deceduti per il distacco di seracchi dal Grand Combin, ricordano gli esperti. Il ghiacciaio Planpicieux (Monte Bianco), sottoposto a monitoraggi dal 2020, aveva di fatto messo a rischio la sottostante Val Ferret. “Un evento molto simile, anche nelle dinamiche, a quello della Marmolada si è verificato nel luglio del 1989 nel ghiacciaio superiore di Coolidge (Monviso), fortunatamente senza vittime”. L’analisi della cartografia storica della stessa Marmolada evidenzia “la probabile presenza di analoghi distacchi che potrebbero essersi verificati sul finire dell’800”.

Certe, per i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada sono le cause del crollo del 3 luglio del lembo residuale del ghiacciaio centrale che occupa una piccola nicchia a ridosso della cresta sommitale sotto Punta Rocca formando un ‘ghiacciaio sospeso’. Ovvero, elenca la nota: la forte inclinazione del pendio roccioso; l’apertura di un grande crepaccio che ha separato il corpo glaciale in due unità; la presenza di discontinuità al fondo e sui lati; l’aumento anomalo delle temperature che hanno influito sullo stato del ghiaccio; l’aumento della fusione con conseguente incremento della circolazione d’acqua all’interno del ghiaccio che può aver innescato una crescita dello stress sulle superfici di discontinuità; la fusione progressiva della fronte glaciale che ha fatto mancare sostegno alla massa sospesa.

LEGGI ANCHE: Marmolada, il ghiacciaio in fumo nelle immagini del satellite

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it