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Boris Johnson lascia la guida del Partito conservatore: “Momento sbagliato, ma la forza del gregge non si ferma”

Johnson resterà in carica finchè non sarà scelto un nuovo primo ministro, dopo le primarie conservatrici in estate

Pubblicato:07-07-2022 11:41
Ultimo aggiornamento:10-07-2022 16:18

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ROMA – “Mi dispiace rinunciare al più bel lavoro del mondo, grazie per l’immenso privilegio che mi avete dato. Nessuno però è indispensabile“. Con queste parole Boris Johnson ha annunciato le sue dimissioni da capo del partito dei Conservatori, in un discorso fatto alla stampa fuori dal civico 10 di Downing street.

Johnson, come preannunciato nelle ultime ore, resterà in carica finché non sarà scelto un nuovo leader del partito che andrà anche a ricoprire la carica di premier, presumibilmente in autunno. Le consultazioni, “d’accordo con Sir Graham Brady, il presidente del nostro gruppo in parlamento” inizieranno già “da ora e il calendario sarà annunciato la prossima settimana” ha detto Johnson alla folla riunita davanti alla sua residenza. Quindi ha annunciato: “Ho nominato un gabinetto e continuerò a servire (il paese, ndr) fino a quando non sarà in carica il nuovo leader”, a cui ha poi promesso “il massimo del supporto”.

Johnson ha poi rivendicato questi anni alla guida del governo di Londra, dicendosi “immensamente orgoglioso” dei risultati raggiunti, tra cui “il completamento della Brexit, il superamento della pandemia e la guida dell’Occidente nella resistenza all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin”. Il Regno Unito, ha aggiunto, “deve continuare a salire di livello”, per diventare “il paese il più prospero d’Europa”.


Infine ha criticato la decisione di cambiare il governo in un “simile momento”, ma “la forza del gregge a Westminster è potente: quando il gregge si muove, tutti si muovono“.

La “road map” annunciata da Johnson non ha soddisfatto però tutti gli esponenti del partito conservatore, che ne chiedono le dimissioni immediate. Il leader dei laburisti Keir Starmer è arrivato a minacciare un voto di sfiducia attraverso il Parlamento.

L’annuncio di Johnson è giunto dopo ore concitate: a partire da martedì, circa una sessantina tra ministri e membri del governo hanno dato le proprie dimissioni per spingere Johnson a lasciare l’incarico, un’ondata di defezioni che è proseguita anche la notte scorsa.

A sancire la fine politica del premier, una serie di scandali che hanno fatto crollare i consensi dei tory: prima il “partygate”, ossia l’accusa di aver organizzato dei festini nei mesi in cui il Regno Unito era piegato dalla pandemia di Covid-19, e poi di recente lo scandalo sessuale che ha colpito il “deputy chief whip” Chris Pincher, tra i fedelissimi del premier. Non solo nei giorni scorsi Pincher è stato denunciato per aver molestato due uomini in un locale, ma sarebbe stato accusato di non essere nuovo a questo tipo di comportamenti, e secondo molti Johnson ne era a conoscenza quando gli ha affidato l’incarico.

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