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Musica e libertà: “Io, busker, ho rinunciato al posto fisso”

[video width="1280" height="720" mp4="http://www.dire.it/wp-content/uploads/2018/07/LampaFaly_Intervista_sito.mp4" poster="http://www.dire.it/wp-content/uploads/2018/07/lampa.jpg"][/video] ROMA - Musica e libertà. E nient'altro. Al punto che scegli di rinunciare a un contratto

Pubblicato:07-07-2018 15:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:21

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ROMA – Musica e libertà. E nient’altro. Al punto che scegli di rinunciare a un contratto a tempo indeterminato, un buono stipendio e pure la macchina, e al matrimonio, a tua moglie che ti chiede di scegliere tra lei, tra un lavoro sicuro, e la tua voglia di libertà, la tua musica. Insomma, la tua vita.

Lampa Faly è un giovane musicista senegalese di strada, un ‘Busker Reggae’ giramondo, partito dal Senegal, passato per Capoverde, e poi paesi come Francia, Germania e, ovviamente, Italia.

“La mia prima chitarra l’ho costruita io- racconta all’agenzia Dire, nel caldo di piazza del Popolo, a Roma- Non avevamo soldi, ho preso un frutto del Baobab, un legno e con i fili delle canne dei pescatori l’ho costruita”.


La svolta della sua vita, l’incontro con la moglie italiana: “A Capoverde ho conosciuto questa bellissima ragazza, diventata poi mia moglie. Dopo che ci siamo sposati, abbiamo vissuto 8 anni a Capoverde”.

Che “però è un posto dove passare le vacanze, non per viverci. Mia moglie infatti mi ha poi proposto di venire in Italia e io per amore l’ho seguita. Ma quando siamo arrivati, sono iniziati i problemi”. Eppure erano arrivati un lavoro e una sicurezza economica: “Ho lavorato per tre anni per il Comune di Milano, mi occupavo della manutenzione degli orologi stradali- racconta ancora alla Dire- Avevo un contratto a tempo indeterminato e mi avevano dato anche la macchina. Ma non era il lavoro per me. Lo facevo solo per mia moglie”.

Fino a quando “le ho detto che volevo fare l’artista di strada. Lei non ne voleva sapere, questo è stato il motivo della separazione. Dovevo scegliere tra la musica e lei. Ho scelto la musica”.

Ed ha scelto la libertà, la musica di strada, che lo ha portato a girare “per la Francia, Germania, Spagna, Norvegia, Copenaghen, in Paesi africani. La musica mi ha salvato”. Forse, il problema è proprio l’Italia: “Suonare qui? Dipende dove. A Roma, per esempio, suonare è bello, i romani sono forti. Per suonare devi avere l’autorizzazione del Comune. Io voglio suonare quando voglio, è la mia libertà. Ma mi capita di suonare in posti senza autorizzazione”.

Inevitabilmente all’arrivo delle Forze dell’ordine si viene allontanati: “E in quel momento i romani si alzano, ti difendono, chiedono di lasciarmi suonare”. In generale, però, fare il musicista di strada a Roma “non è il massimo, non c’è la cultura degli artisti di strada. Pensano che sei un clochard, che hai biosgno di un euro. Io ho superato questa fase, sono un professionista. Se vai a Bruxelles, Copenaghen, Oslo, è diverso, lì un artista di strada è un artista. Quando suoni lì non ti danno le monete di rame, i centesimi, perché gli danno fastidio. È tutto un altro approccio con la musica di strada. Mi dispiace tanto, l’Italia è un Paese d’arte, ma non puoi farla tranquillamente. Un artista di strada deve essere libero. Mi hanno offerto di partecipare a XFactor, a Italia’s Got Talent. Ma ho detto di no, io non suono neanche nei locali. Io suono in strada”.

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