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Venezuela, per il referendum lanciato dal fronte dell’opposizione si vota anche in Italia

Il plebiscito consultivo e' un "palese atto di dissidenza politica", spiega all'agenzia DIRE Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina all'universita' di Bologna

Pubblicato:07-07-2017 17:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:30

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ROMA  – Il referendum consultivo lanciato dal fronte dell’opposizione venezuelana, il Mud (‘Mesa de Unidad democratica’), riguardera’ anche i venezuelani all’estero, stimati in circa 2milioni, tra cui l’italia, che ne ospita piu’ di 5.500.

Dei presidi sono quindi gia’ stati attivati a Roma e Bologna: lo conferma una nota del Mud, secondo cui la questura avrebbe dato il via libera a concedere due spazi elettorali nelle rispettive citta’. Ma altre potrebbero ben presto aggiungersi alla lista.

Il termine per ottenere l’autorizzazione scade a breve, il prossimo 10 luglio.


Garanti di questa iniziativa dal basso, saranno le Ong e le organizzazioni della societa’ civile, nonche’ osservatori internazionali appositamente invitati.

Il plebiscito consultivo e’ un “palese atto di dissidenza politica”, come spiega all’agenzia DIRE Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina all’universita’ di Bologna.

L’obiettivo, e’ quello di bloccare l’Assemblea costituente istituita dal presidente Maduro, con cui riformare la Costituzione. Come si apprende dal sito del Mud, sono previsti infatti tre quesiti: “l’approvazione o meno dell’Assemblea Costituente”; “il rinnovo o meno dei poteri pubblici eletti illegalmente”; “la formazione o meno di un Governo di Unita’ Nazionale e l’indizione di elezioni libere”.

Secondo Zanatta pero’, prima di questo “controplebiscito” “ne vedremo delle belle: il regime non lo permettera’ mai”. Ad ogni modo, prosegue, “andranno a votare in massa. So ad esempio che la comunita’ di venezuelani di Miami – particolarmente numerosa – si sta gia’ attrezzando”.

Questa consultazione non ha nessun valore legale, dal momento che e’ stata indetta da un’alleanza di partiti, nondimeno “ha un forte valore simbolico”.

A cosa punta? “Dimostrare che una vastissima parte dell’opinione pubblica vuole mantenere un regime liberal democratico, e rifiuta la riforma del governo, che invece intende realizzare esplicitamente e definitivamente un cambio di regime politico”, risponde Zanatta. Che si affretta a chiarire: “Nessun venezuelano e’ tanto ingenuo da credere che, se l’esito sara’ questo, il presidente Maduro si dimettera’ davvero. Ma potrebbe servire a rafforzare l’isolamento internazionale. Una situazione del genere non e’ sufficiente a far cadere un regime – pensiamo al caso di Cuba – tuttavia acuisce molto le tensioni interne, che potrebbero effettivamente determinarne il collasso”.

D’altronde quello di Caracas “non e’ un governo, ma un regime, una rivoluzione, che sente il pieno diritto di detenere il potere in nome del chavismo: non lo lascera’ mai”. Cosa si deve sperare allora? “Che qualcuno lo scacci, o con le buone o con le cattive. Nel primo caso potrebbe trattarsi di una fazione interna al regime che riesce a imporsi. Nel secondo – il piu’ pericoloso, ma che sembra ormai l’unica via d’uscita – l’intervento delle forze armate, ma nessuno sa che piega potrebbe prendere…”.

In questo scenario di crisi, la comunita’ internazionale sta facendo ben poco: “Gli Stati Uniti sanno che un eventuale intervento di forza gioverebbe a Maduro, che si sentirebbe autorizzato a una stretta autoritaria ancora piu’ forte. L’America Latina- prosegue- e’ spaccata: esiste ancora un’alleanza di paesi bolivariani che, seppur deboli, si ostinano a difenderlo. Nella regione non c’e’ comunione di valori, ne’ accordo su cosa sia la democrazia”.

Infine, il Vaticano, che si e’ proposto come mediatore: “ma io resto critico verso la linea di Papa Bergoglio: non ha mai denunciato apertamente il regime – come invece fa da tempo l’episcopato venezuelano – e aver accolto Maduro a Roma e’ un gesto che non comprendo. Dovrebbe sapere che il dialogo non e’ possibile. Solo di recente all’Angelus ha chiesto il rispetto della democrazia, ma non basta”.

di Alessandra Fabbretti, giornalista

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