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330 milioni di euro per il primo dei due – per ora – rigassificatori galleggianti attesi in Italia per far fronte alla crisi ucraina. Snam e Golar LNG Limited hanno firmato un contratto per l’acquisizione della nave per stoccaggio e rigassificazione ‘Golar Tundra’. Costruita nel 2015, l’unità ha una capacità di stoccaggio di circa 170.000 metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione continua di 5 miliardi di metri cubi l’anno: da sola potrà quindi contribuire a circa il 6,5% del fabbisogno nazionale, portando la capacità di rigassificazione italiana a oltre il 25% della domanda di metano. Per garantire la massima utilità la ‘Golar Tundra’ sarà ubicata in una località del centro-nord Italia, vicina ai punti di maggiore consumo di gas. L’avvio delle operazioni come FSRU, Unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione, è previsto durante la primavera del 2023. Dopo la prima, presto arriverà anche una seconda nave rigassificatore galleggiante. ‘Snam ha completato l’operazione con rapidità ed efficacia in un mercato caratterizzato da un elevato livello di competitività e scarsità dell’offerta- dice l’amministratore delegato della società Stefano Venier- e continua a lavorare alla ricerca di una seconda unità di dimensioni simili, sulla quale è attualmente in corso una negoziazione in esclusiva, che si prevede possa concludersi entro fine giugno’.
Dallo scioglimento dei ghiacciai all’innalzamento della temperatura dei mari, dalla desertificazione alla scomparsa delle isole. E poi uragani, tifoni, temperature che salgono e scendono in modo repentino raggiungendo picchi di caldo e di freddo difficili da gestire. I cambiamenti climatici hanno innumerevoli ripercussioni sulla vita degli esseri umani, compresa la salute mentale. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità, sottolineando come la velocità di questi cambiamenti esponga le persone a disturbi come ansia, depressione, dolore e comportamenti suicidi. L’agenzia delle Nazioni unite sta sollecitando i Paesi membri a includere il supporto alla salute mentale tra le loro azioni di contrasto alla crisi climatica, portando come esempio le poche nazioni pioniere che stanno già agendo in questo senso. Tra queste, le Filippine, che hanno riorganizzato e implementato i loro servizi di salute mentale dopo il tifone Haiyan del 2013 e l’India, dove un progetto nazionale ha migliorato la riduzione del rischio di disastri e, al contempo, ha preparato la popolazione a rispondere ai rischi climatici e ha puntato l’attenzione sui bisogni di salute mentale e psico-sociale. ‘Gli impatti del cambiamento climatico sono sempre più parte della nostra vita e il supporto alla salute mentale delle popolazioni che combattono con questo fenomeno è davvero piccolo’, sottolinea Maria Neira, direttrice del department of Environment, climate change and health dell’Oms.
Un intero branco di lupi sterminato col veleno al parco di Monte Sole, nella città metropolitana di Bologna: cinque esemplari uccisi in appena una ventina giorni lo scorso gennaio in un raggio ristrettissimo, attorno all’abitato di Caprara. Si tratta, come spiegano i rappresentanti dell’Ente parchi dell’Emilia orientale, di un vero e proprio record negativo, un ecocidio che non deve ripetersi. Invece gli avvelenamenti nei confronti dei lupi, la cui popolazione è stimata in 3.300 esemplari in Italia, sono in pauroso aumento, come conferma il centro per la fauna selvatica di Monte Adone. Eppure, chi avvelena un lupo rischia fino a tre anni di carcere. Un fenomeno terribile quello dell’avvelenamento degli animali, ed è molto complesso individuare i colpevoli, ma le verifiche sono in corso. C’è anche il peso dell’avvelenamento secondario dovuto alla lotta a topi e ratti: in pratica anche i predatori che si nutrono di questi animali subiscono le conseguenze del veleno che li ha uccisi, e spesso finiscono anche investiti perché debilitati dal veleno ingerito attraverso le prede. La polizia locale metropolitana ha trovato nella sola zona di Bazzano, nella Valsamoggia, ben 600 scatole di esche avvelenate. ‘Il lupo è considerato uno degli animali più pericolosi, cosa che non è vera’, stigmatizza Sandro Ceccoli, presidente dell’Ente parchi Emilia Orientale, ‘non abbiamo ancora visto un danno ad una persona a causa di un lupo. Gli attacchi ai greggi? A Monte sole assolutamente non ce ne sono stati’.
Diffondere la giusta cultura della conservazione fra tutti i soggetti coinvolti, per rendere il territorio a misura della specie simbolo del Parco, l’orso bruno marsicano, anche al di fuori del perimetro dell’area protetta. A cent’anni dalla sua fondazione, è questa la sfida principale del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise: salvaguardare ed aumentare la popolazione dell’orso marsicano, una sottospecie endemica unica al mondo, minacciata dal vortice dell’estinzione. Fondazione Una (Uomo, Natura, Ambiente) e Federparchi, dopo il primo appuntamento al Parco del Gran Paradiso, proseguono la loro collaborazione per il progetto di sensibilizzazione contro i fenomeni di bracconaggio e di attenzione sulla tutela delle specie protette al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Qui le attività di avvistamento e sensibilizzazione si sono focalizzate principalmente sull’animale simbolo del Parco, salvato dall’estinzione proprio grazie alla sua azione di tutela. Le prime stime scientifiche della popolazione, eseguite nel 2008, hanno contato fra i 50 e i 60 esemplari. Una forbice che è rimasta pressoché invariata nelle rilevazioni successive, e che desta non poche preoccupazioni fra gli addetti ai lavori. “La conservazione dell’orso bruno marsicano non riguarda solo il territorio del Parco, ma anche e soprattutto le aree esterne- sottolinea il direttore del PNALM Luciano Sammarone- è perciò indispensabile rendere tutti i territori circostanti a misura d’orso. Per fare questo, stiamo lavorando con altri enti, a partire dalle Regioni Lazio, Abruzzo e Molise. Lavoriamo con le altre aree protette, con i Comuni e con le associazioni di categoria, con gli agricoltori e gli apicoltori. Ma anche con il mondo venatorio, perché è significativo l’impatto della caccia, condotta nella maniera ordinaria, sulla presenza e sulla distribuzione dell’orso”.
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