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Mafie, un anno di processo Aemilia rischia di andare in fumo

La Corte di Cassazione due giorni fa ha accolto il ricorso presentato un anno fa dall'avvocato di due imputati

Pubblicato:07-06-2018 10:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:14

giustizia
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REGGIO EMILIA – Colpo di scena nell’aula del Tribunale di Reggio Emilia, dove da oltre due anni si celebra il maxi processo Aemilia, contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta al nord. Una questione squisitamente giuridica, sollevata in punta di diritto quasi un anno fa dalla difesa, rischia infatti ora di cancellare con un colpo di spugna tutti gli atti prodotti nelle udienze dal 24 maggio del 2017 ad oggi. Riportando così molto indietro le lancette di tutto il dibattimento, oggi giunto quasi alle battute finali.

Tutto è iniziato a maggio di un anno fa, quando gli avvocati penalisti italiani -compresi quelli della Camera penale di Reggio Emilia- hanno promosso una serie di scioperi (dal 22 al 25 maggio,ndr) in dissenso con la riforma del processo penale. Dopo quattro udienze di Aemilia saltate, la Corte, presieduta da Francesco Maria Caruso, aveva alla fine emanato un’ordinanza con cui, ritenendo in sostanza leso il diritto ad una ragionevole durata del processo, aveva disposto la prosecuzione delle udienze pur in costanza dell’astensione degli avvocati. Luca Andrea Brezigar del foro di Modena -difensore di Pasquale Riillo e Antonio Muto classe 1971- giudicando illegittimo il provvedimento di Caruso, lo aveva però impugnato con un ricorso in Cassazione.

Caruso, in pratica, avrebbe -secondo il ricorso di Brezigar- limitato il diritto allo sciopero degli avvocati sancito dalla Costituzione. Il responso della Suprema Corte, arrivato il 5 giugno, ha dato ragione al legale. L’udienza che Caruso ha deciso di svolgere in concomitanza con lo sciopero non poteva tenersi e risulterebbe oggi pertanto nulla. Non solo: andrebbe a inficiare- in una sorta di effetto domino- anche tutte le altre che si sono svolte fino ad oggi.


Insomma una doccia fredda per il collegio giudicante e per i pm, che incassano però il colpo con stile. Il pubblico ministero Beatrice Ronchi, pur “rimettendosi alle decisioni del Tribunale”, interpreta la sentenza della Cassazione come “tranquillizzante” nelle sue conclusioni. Del resto, sottolinea Ronchi, “abbiamo fatto attività processuale fino ad ora, non si vede perché interrompere adesso”. A dirimere la questione se l’udienza del maggio scorso sia valida o meno, infine, sarà poi il 4 luglio anche la Corte Costituzionale, a cui Caruso si era rivolto in autotutela chiedendo, nella stessa ordinanza che disponeva la prosecuzione del processo, un parere di legittimità sulla stessa.

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