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L’esperta di Islam: “I media ossessionati dalla vita privata di Silvia Romano e dal velo”

A parlare è Renata Pepicelli, docente di Storia dei Paesi islamici presso l'Università di Pisa: "Sull'Islam si sente il bisogno di sottolineare il 'noi' diverso da loro"

Pubblicato:07-05-2021 16:07
Ultimo aggiornamento:07-05-2021 18:57

Silvia Romano
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ROMA – “È un peccato che la vicenda di Silvia Romano non sia stata occasione per raccontare sulla stampa italiana questioni più ampie, come la situazione nel Corno d’Africa, le sfide che incontra chi si occupa di cooperazione allo sviluppo, o la vita quotidiana delle persone in quella regione. Tutto questo sembra essere stato oscurato da un certo ‘voyerismo’: la vita privata di Romano ha prevalso”.

A parlare è Renata Pepicelli, docente di Storia dei Paesi islamici e Islamistica presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa. L’agenzia Dire contatta la professoressa, esperta anche di questioni di genere, in vista del primo anniversario della liberazione della volontaria di Milano, rapita in Kenya nel 2019 e tenuta ostaggio per 18 mesi da un gruppo vicino alla milizia somala Al-Shabaab.

Varie testate italiane hanno già ripreso a ricordare la sua storia e alcune stanno dando spazio a nuovi dettagli del privato di Romano, tra cui le nozze con rito islamico e la conversione alla religione musulmana accettata dal fidanzato. Da qui l’interrogativo: perché questo genere di notizie incuriosisce tanto? “Purtroppo l’islam e ciò che gli ruota intorno ancora genera discorsi di eccezionalità: si sente il bisogno di sottolineare il ‘noi’ diverso da ‘loro'”, risponde Pepicelli, convinta che così non si tenga affatto conto della realtà: “L’identità italiana è cambiata, l’islam è una delle fedi del nostro Paese e i musulmani – che siano di origine straniera o italiani convertiti – sono tanti”. Per la precisione “2,5 milioni, pari al 4,2% della popolazione”.


A questo, secondo Pepicelli, si somma la discriminazione: “Silvia Romano è donna e molti, subito dopo la sua liberazione, l’hanno attaccata per via della sua conversione”, avvenuta durante il suo sequestro. “Ma se fosse stata un uomo, avremmo assistito alla stessa pioggia di critiche?” chiede Pepicelli. La volontaria, continua il ragionamento, “è stata dipinta come la donna sventata e facilmente manipolabile, incapace di scegliere bene per se stessa. D’altro canto la conversione di una donna è spesso raccontata con toni negativi, e non solo dai media: una parte della politica sfrutta queste storie per alimentare la propaganda ‘dell’invasione dell’islam’, e il velo è sempre visto con ossessione, come una scelta negativa che toglie libertà e diritti. I motivi per cui una donna sceglie di indossarlo- continua l’esperta- sono tanti, diversi e soprattutto privati”.

Discorso simile per l’enfasi data al dettaglio delle nozze islamiche. “Quale rito avrebbe dovuto scegliere Romano, se è musulmana?” si chiede la docente, che conclude: “Costruire le notizie in modo da creare questo genere di stupore non contribuisce a normalizzare i rapporti coi musulmani, a rappresentarli come parte della nostra società”. Una società, sottolinea Pepicelli, che “risente dei discorsi politici sugli stranieri, i migranti, il ruolo della religione”.

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