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Sterzi (Ucbm Roma): “Riabilitazione e robot trattamenti personalizzati”

L'intervista alla professoressa Silvia Sterzi, primario Uoc Medicina Fisica e Riabilitazione del Campus Bio-Medico di Roma

Pubblicato:07-05-2018 11:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:51

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ROMA – I trattamenti a supporto della riabilitazione convenzionale hanno compiuto negli ultimi anni passi in avanti, grazie allo sviluppo della tecnologia e della robotica che hanno consentito alla medicina riabilitativa di sperimentare nuove forme di trattamento. Il risultato è un paziente ancora più motivato e misurazioni precise in termini di outcome, per una riabilitazione sempre più efficace e personalizzata. E per parlare di questi nuovi scenari la Dire ha intervistato la professoressa Silvia Sterzi, primario Uoc Medicina Fisica e Riabilitazione del Campus Bio-Medico di Roma.

– Professoressa Sterzi, quali sono le ultime frontiere di trattamento rispetto le patologie a carico del sistema nervoso?

“Dobbiamo meglio definire tali patologie per l’evidente impatto sociale che procurano, pensiamo alle patologie e disabilità a seguito soprattutto di stroke. Oggi le frontiere di trattamento si spostano sulla neuroplasticità, cioè la capacità del sistema nervoso di adattarsi a fenomeni lesivi che si possono originare in seguito a traumi e principalmente a seguito di una lesione ischemica o emorragica. Le nuove conoscenze sulla neuroplasticità stanno influenzando la riabilitazione, si è visto come l’esercizio terapeutico sia in grado di recuperare le strutture del sistema nervoso centrale. Pensiamo alle stimolazioni cerebrali sia attraverso i farmaci sia con corrente continua o attraverso stimolazione magnetica ripetitiva”.


– L’Unità da lei diretta collabora con il Laboratorio di Robotica Biomedica e Biomicrosistemi della Facoltà d’Ingegneria. Come questo connubio ha influenzato il vostro lavoro?

“Questo scambio ha stimolato fortemente il nostro lavoro. L’esercizio terapeutico e gli studi sulla neuroplasticità hanno evidenziato che le caratteristiche più importanti dell’esercizio si ritrovano nell’utilizzo di apparecchi o robot. Questi hanno capacità di fare trattamenti ripetitivi e finalizzati simulando movimenti che il paziente si ritroverà a compiere nella vita quotidiana. Questo approccio nel trattamento, così innovativo, per noi è stato molto facilitato dalla collaborazione che abbiamo con l’area della robotica diretta dal professor Eugenio Guglielmelli che ci ha visto lavorare insieme per progetti importanti. Infatti c’è un continuo interscambio tra le due aree”. – Come vivono i pazienti l’utilizzo di queste nuove metodiche? “I pazienti vivono queste nuove metodiche con grande entusiasmo. Attraverso l’uso dei robot è possibile riproporre scenari o obiettivi altamente motivanti. Diverse le attività che possono essere sottoposte al paziente tarate in base all’età, sesso ma anche ai gusti. Inoltre, abbiamo constatato che questo aspetto tecnologico, anche su persone che sono meno abituate alla tecnologie come gli anziani, in realtà, è gradito e incentiva il training. Evidentemente il paziente coglie maggiormente l’aspetto motivante ed innovativo. Noi abbiamo avuto pazienti arruolati in trials clinici che, a fine della sperimentazione, si sono ricandidati proprio perchè avevano avuto grandi benefici dal programma”.

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