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Video| Medio Oriente, Mustafa Barghouti: “Sveglia Italia, dai un consiglio a Netanyahu”

Ai microfoni dell'Agenzia Dire l'ex candidato presidente 'fautore' della resistenza palestinese

Pubblicato:07-03-2023 15:14
Ultimo aggiornamento:07-03-2023 17:32

mustafa barghouti
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RAMALLAH (Cisgiordania) – “Se fossi al posto di Giorgia Meloni? Benjamin Netanyahu non lo riceverei affatto; e se proprio dovessi, lo farei per una buona ragione: spiegargli che la sua politica non sta solo colpendo i palestinesi, è distruttiva per gli israeliani“. Mustafa Barghouti, 69 anni, ci riceve nella sede della Società di assistenza sanitaria palestinese che dirige. A una domanda dell’agenzia Dire risponde da politico, ex deputato e candidato presidente che non hai mai rinunciato al suo impegno, né prima né dopo aver provato a convincere Mahmoud Abbas a dargli la rivincita.

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Dopo aver ottenuto oltre il 20 per cento dei voti nel 2005, Barghouti aveva posto cinque condizioni. Tra queste la possibilità per i ventenni di essere eletti in parlamento e una maggiore rappresentanza femminile. Le cose non andarono per il verso giusto e le elezioni nei Territori palestinesi non si sono più tenute (è stato anche sciolto il parlamento e da anni Abbas legifera per decreto). Storia vecchia che ha lasciato un segno, lascia intendere Barghouti, fondatore e segretario generale di Iniziativa nazionale palestinese, un movimento che sostiene la resistenza nonviolenta all’occupazione e chiede nuove elezioni per dare speranza ai giovani.


LE PROVOCAZIONI DEI COLONI ISRAELIANI

“A Netanyahu”, dice della visita del primo ministro a Roma al via giovedì, “Meloni dovrebbe chiedere di porre fine al sistema di discriminazione razzista, di ritirare l’esercito israeliano dai Territori palestinesi e di congelare qualsiasi attività ed espansione delle colonie illegali”. Coloni si spingono a volte anche alle porte di Ramallah, nonostante la città ospiti la presidenza e i ministeri dell’Autorità nazionale palestinese. Ieri sera hanno effettuato un’incursione alla periferia sud: protetti da unità dell’esercito, riferisce l’agenzia di stampa Wafa, hanno organizzato una preghiera in strada provocando tensioni con i giovani palestinesi della comunità locale. Non ci sono state vittime, a differenza di quanto accaduto il 26 febbraio nella regione di Nablus, nel nord della Cisgiordania. Poche ore dopo l’uccisione di due fratelli israeliani, Hillel e Yagal Yaniv, di 20 e 22 anni, centinaia di coloni hanno fatto irruzione nel villaggio palestinese di Hawara lanciando pietre, distruggendo automobili e dando alle fiamme abitazioni. È stato assassinato un uomo di 37 anni, Sameh Hamdallah Aktash, e altre cento persone sono rimaste ferite. Di fatti come questi, come dei raid dell’esercito di Israele che hanno causato vittime civili a Nablus e a Jenin, sempre in Cisgiordania, Barghouti accusa il governo di Netanyahu. Facendo anche altri nomi, come quello di Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e colono lui stesso, che ha chiesto allo “Stato” di “radere al suolo” Hawara.

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Il segretario di Iniziativa nazionale avverte: “Ora temiamo azioni contro altre comunità indifese, che potrebbero essere costrette ad andare via a causa dell’insicurezza”. Hawara si trova nella zona “c” della Cisgiordania, quella dove sia la sicurezza che i servizi sono gestiti dall’esercito di Israele e non dall’Anp e dove, per dire, i palestinesi non possono costruire liberamente né una casa né una scuola. Questo tipo di area copre il 61 per cento di una regione che, stando agli Accordi di Oslo, dovrebbe un domani costituire la Palestina sulla base della soluzione dei “due Stati“. Ma è proprio in questa zona che il governo israeliano ha ripreso ad autorizzare la costruzione di nuovi insediamenti. “Tredici solo il mese scorso”, calcola Barghouti, “ma l’obiettivo di legislatura è legalizzarne 67“.

L’INDIFFERENZA DI EUROPA E STATI UNITI PER I PALESTINESI

A colpire, parlando di diritti dei popoli, sono poi i doppi standard. “Per l’invasione del Kuwait o dell’Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti si sono mobilitati subito” accusa Barghouti: “Per la Palestina invece non fanno nulla da decenni, infischiandosene delle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele“. L’ultima battuta dell’intervista è una citazione. Riguarda i colloqui del 26 febbraio ad Aqaba, in riva al mar Rosso, ai quali hanno partecipato rappresentanti dell’esecutivo di Israele e dell’Anp insieme con osservatori americani ed egiziani. L’incontro si è concluso con un impegno scritto a “lavorare per una pace giusta e duratura”. Le parole sono quelle pronunciate dal ministro israeliano per la Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, poco prima dell’assalto dei coloni ad Hawara: “Quello che è stato deciso ad Aqaba resta ad Aqaba“. Barghouti sorride, ed è un sorriso amaro.

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