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Siria, l’attivista: “L’Italia non finga di non poter fare nulla”

Ad oggi si contano almeno 661 morti e 2373 feriti dall'inizio, il 19 febbraio, dell'assedio della roccaforte ribelle di Ghouta da parte delle forze del regime siriano

Pubblicato:07-03-2018 14:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:35
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ROMA – “Interpellata sulla guerra in Siria, la maggioranza dei partiti italiani ha preferito non rispondere. Lo abbiamo visto anche in campagna elettorale”. È la denuncia dell’attivista italo-siriano Fouad Roueiha, intervistato oggi dall’agenzia DIRE: “Gli unici a schierarsi sul tema sono partiti come il Movimento 5 stelle, la Lega, Casapound, che appoggiano la politica estera russa. Nettamente contrari al regime di Assad sono solo i Radicali, mentre gli altri partiti hanno divisioni interne”.

Roueiha interviene a più di una settimana dalla diffusione, in Italia, dell’appello intitolato ‘Non fingete di non poter fare nulla per salvare i siriani’. Firmato da 250 tra intellettuali, artisti e accademici originari della Siria e non solo, il messaggio è stato lanciato dallo scrittore esule in Germania Yassin Al-Haj Saleh, ex prigionero politico e fermo oppositore del governo di Damasco. In Italia, l’appello è stato condiviso e tradotto dai blogger di ‘Le voci della libertà’, tra cui Roueiha: il portale è nato nel 2015, scrivono i suoi promotori, per “dare spazio alle voci che arrivano dalla Siria rivoluzionaria”.

“In Italia – denuncia Roueiha – quel grido di aiuto ha ricevuto avuto una risposta magra, la politica italiana sembra particolarmente spaventata dal tema della Siria“. Poco prima della pubblicazione in italiano dell’appello di Saleh, sul portale ‘Reset’, il giornalista Riccardo Cristiano aveva diffuso un’indiscrezione ripresa dal quotidiano libanese ‘Al-Akhbar’, considerato vicino a Hezbollah, e successivamente anche da altri media, secondo cui il capo dei servizi segreti di Damasco, Ali Mamluk, avrebbe visitato Roma il 26 febbraio. “Mamluk ha un lungo curriculum di repressione e violazioni di diritti umani, già sanzionate anche dall’Unione Europea” ricorda Roueiha: “Per capirci, se c’è uno che merita un processo per crimini contro l’umanità, è lui, ed è grave che la notizia di ‘Al-Akhbar’ non sia ancora stata smentita dal governo italiano”.


Secondo i cosiddetti “caschi bianchi” della Siryan Civil Defence, organizzazione di sostegno alle vittime del conflitto siriano, ad oggi si contano almeno 661 morti e 2373 feriti dall’inizio, il 19 febbraio, dell’assedio della roccaforte ribelle di Ghouta da parte delle forze del regime siriano. Su quel fronte, “la cosiddetta ‘evacuazione dei civili’, per la quale da ieri sembra si stia mobilitando anche la Russia, è in realtà una deportazione che gli abitanti della Ghouta vorrebbero evitare” accusa Roueiha: “Significherebbe restare a tempo indeterminato in campi profughi, con condizioni di vita durissime. L’alternativa non può essere tra questo e restare sotto i bombardamenti”. Nell’appello di Saleh si afferma che “il genocidio del popolo siriano potrebbe finire solo grazie all’elezione e alla nomina di membri appartenenti ad organismi democratici, che tengano fede all’obbligo di esercitare la loro responsabilità di protezione nei confronti delle popolazioni che altre autorità nazionali non hanno evidentemente protetto”.

Nel pomeriggio di oggi è prevista la riunione del Consiglio di sicurezza Onu a New York sul fallimento del cessate il fuoco e della tregua umanitaria nella Ghouta, ma anche su questa l’attivista sembra scettico: “Ormai, come penso tutti i siriani, mi sembra che l’Onu sia praticamente inutile”.

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