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VIDEO | Gino Cecchettin: “Ci vorrà del tempo, ma in futuro non escludo un incontro con Turetta”

Filippo Turetta, l’ossessivo fidanzato di Giulia Cecchettin, è stato condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Venezia, lo scorso martedì

Pubblicato:06-12-2024 21:58
Ultimo aggiornamento:06-12-2024 22:00

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ROMA – “Quei pochi minuti, durante la sentenza, hanno cambiato totalmente il mio punto di vista. Come padre non è cambiato nulla, perché da un anno a questa parte non ho Giulia e non c’è giorno che non sia uguale all’altro. Mi sveglio la mattina con il dolore, il dolore di una mancanza forte. E si sente. Si sente come non mai. Anzi, più passa il tempo, più – quando penso a Giulia – ho un dolore più profondo. E quindi, da quel punto di vista, sapevo che la sentenza non avrebbe fatto differenza“. Nel corso della puntata di ‘Quarto Grado’ su Retequattro Gino Cecchettin, il papà di Giulia è stato intervistato in esclusiva da Gianluigi Nuzzi. Filippo Turetta, l’ossessivo fidanzato della giovane, è stato condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Venezia, lo scorso martedì.

L’avvocato ha detto di più: ha detto che Turetta ha quasi un profilo patologico…
“Dovremmo considerare il comportamento di Filippo, come il comportamento di una persona sana, cosciente, ovviamente con un problema di gelosia, di sindrome del possesso e, soprattutto, di non accettazione di una relazione che finisce”.

I giudici non hanno accolto la richiesta di considerare lo stalking, negli atteggiamenti persecutori: dicono che Giulia non aveva paura e ansia nei confronti di Filippo e quindi lo stalking non c’è…
“Noi non possiamo sapere che cosa ha attraversato Giulia. Una pressione… di presenza, sia sui social che reale, è da considerarsi stalking. Perché quando arrivano centinaia, se non migliaia, di messaggi al giorno, te lo ritrovi di fronte alla fermata dell’autobus. Sicuramente Giulia non deve aver attraversato dei momenti felici. Poi, sul fatto che non avesse paura, non lo possiamo dire solo perché sia uscita quel giorno lì. Magari Giulia quando vedeva Filippo tranquillo non aveva paura, poi… quando mandava migliaia di messaggi… in quel caso lì… magari si preoccupava”.


Gino, che cos’è la crudeltà?
“È infierire oltremodo sulla persona che stai conducendo alla morte. E penso che Giulia l’abbia attraversata tutta… Su questo penso non serva neanche discuterne”.

La sentenza, nel suo dispositivo, prevede un risarcimento economico: indicare una somma può essere una ferita ulteriore per voi?
“Questo è il momento dove ho sentito, forse, più disgusto. Perché, per forza di cose, viene paragonata la vita a una cifra. Ed è quanto di più avvilente un essere umano possa sentire… perché non c’è nessuna cifra che possa riparare l’affetto mancato di una figlia. Quindi, ecco, forse ho iniziato a sentirmi male proprio da quel momento lì. Quando ho sentito Giulia paragonata a delle cifre… come se tutto fosse quantificabile in questa vita”.

La cosiddetta giustizia riparativa, un domani la vede possibile? Questo tipo di percorsi prevedono un confronto tra chi è rimasto vittima e chi è carnefice…
“Sì, mi ci vorrà del tempo, ma potrebbe essere una tappa. Nel momento in cui il percorso viene fatto da entrambi, nel modo giusto. Quindi ci deve essere chiaramente un perdono sincero, e un percorso riabilitativo di un certo tipo. Immagino ci voglia del tempo, perché si arrivi a questo, ma io non lo escludo… ecco. Filippo dovrebbe, probabilmente, aiutare a capire il fenomeno che l’ha portato a fare quello che ha fatto. Quello potrebbe essere un contributo… Cosa si scatena nella mente di chi arriva a fare un gesto di questo genere? Perché lui l’ha provato e, quindi, con onestà e sincerità, unito a un professionista che riesca a fare breccia su quello che è stato il suo percorso… Così potrebbe aiutare chi, come lui, è in quella condizione”.

Com’è questa casa dove voi, adesso, vivete?
“È la casa che ci ricorda dove Giulia e Monica hanno vissuto con noi. Quindi è intrisa di ricordi, e per questo ancor più di valore. Cercherò di non cambiare nemmeno l’arredamento, perché so che su questi mobili, Giulia e Monica hanno messo mano… ci hanno messo cura. È un po’ vuota, quello sì… ci sono delle stanze vuote, dove si sente la mancanza… e quella fa eco…”.

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