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Dall’Arabia Saudita alla Bielorussia, la rivoluzione delle donne è un faro

A Spazio Europa, a Roma, attiviste da tutto il mondo si incontrano su iniziativa di Le Contemporanee e Non c'è pace senza giustizia

Pubblicato:06-12-2022 13:42
Ultimo aggiornamento:06-12-2022 13:42
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Diritti_Donne
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ROMA – “Ho sempre ammirato le eroine della nostra storia nazionale e mi sono chiesta più volte da dove fossero riuscite a prendere la loro forza. Quando è toccata a me, ho capito che questo risorsa sopraggiunge quando c’è bisogno. Penso che questo lo abbiano scoperto anche le donne ucraine che lottano per il bene del loro Paese sconvolto dalla guerra, le donne dell’Iran che lottano per i loro diritti. Sono soldatesse della libertà contro il buio”. Svjatlana Tsikanouskaja, leader dell’opposizione politica della Bielorussia esule in Lituania, parla così in videocollegamento alla conferenza ‘La forza delle donne’.
Un appuntamento, questo, organizzato nello Spazio Europa del Parlamento Ue di Roma dalle associazioni Le contemporanee e Non c’è pace senza giustizia in collaborazione con +Europa.

Tsikanouskaja ha lasciato la Bielorussia nell’agosto 2020, dopo che le autorità di Minsk hanno comunicato la sua sconfitta alle elezioni e la vittoria del presidente Alexander Lukashenko, che è al potere dal 1994. Diversi Paesi del mondo, fra i quali l’Unione Europea, non hanno riconosciuto l’esito delle consultazioni e hanno sostenuto la mobilitazione popolare emersa dopo l’annuncio dei risultati, ritenuti conseguenza di frodi da parte del governo. La politica di opposizione, 40 anni, ricorda la “lotta delle donne bielorusse” e “le migliaia di persone arrestate dal regime” e ha poi ampliato la prospettiva alle lotte femministe di tutto il mondo.

L’orizzonte internazionale è quello che informa tutta l’iniziativa a Roma, come ribadisce la leader di +Europa Emma Bonino, già ministro degli Affari esteri. “Mi dà fastidio che si parli delle lotte delle donne a ‘turni’: una volta le attiviste ucraine, poi le yazide dell’Iran, poi ancora le afghane”, premette Bonino. “C’è un filo rosso che ci unisce tutte ed è la libertà. Spero che l’incontro di oggi possa essere un’occasione per facilitare un coordinamento fra i vari movimenti internazionali di donne”.


‘Interrogate l’Arabia Saudita sulle sue violazioni’

Creare connessioni ma anche interrogare la comunità internazionale affinché si faccia di più è uno dei temi al centro dell’intervento di Lina al-Hathloul, dirigente dell’Alqst for Human Rights, ong saudita di base a Londra. La militante è la sorella di Loujain Al-Hathloul, attivista del movimento per la libertà di guidare per le donne, finalmente ottenuta nel 2018. La militante era stata arrestata proprio quell’anno ed è stata rilasciata nel 2021 dopo aver subito torture in prigione, stando alle denunce di Alqst e di altre ong internazionali.

“Si dice che il governo dell’Arabia Saudita stia portando avanti delle riforme ma la realtà è che la società civile del Paese è stata praticamente annullata e che a ogni legge che cambia in meglio la situazione delle donne viene aggiunto un provvedimento che controbilancia il potenziale di cambiamento della misura”, denuncia Al-Hathloul. “La rimozione della polizia morale, per fare un esempio, è avvenuta contestualmente all’attribuzione di poteri speciali, anche morali, alla polizia ordinaria. Chiedete conto di tutte queste azioni quando i vostri governi collaborano con il governo saudita”, incalza l’attivista.

L’appello dalle Filippine per la senatrice De Lima

Far sentire la voce delle donne è un’altra delle esigenze che emerge dall’incontro di Roma. Ne è convinto anche padre Albert Alejo, professore filippino all’Università gregoriana di Roma e attivista, invitato anche in rappresentanza della senatrice Leila de Lima, ex ministra della Giustizia arrestata nel 2017 per reati legati al traffico di droga e tuttora detenuta. “Invitatela come è stato fatto qui oggi, anche se lei fisicamente non può muoversi perché in carcere sulla base di accuse del tutto assurde. Chiamarla a testimoniare permette comunque di veicolare il suo messaggio”, l’appello che padre Alejo affida al microfono dell’agenzia Dire. “Nelle Filippine ci sono tante donne coraggiose, come la premio Nobel per la pace del 2021, la giornalista Maria Ressa. Invitate anche lei e le altre donne forti come lei a parlare in incontri pubblici”. Testimonianze che possono far conoscere al mondo “la lotta per i diritti umani che continua nelle Filippine dopo le migliaia di violazioni registrate durante il governo dell’ex presidente Rodrigo Duterte”, a cui è succeduto nel giugno di quest’anno Ferdinand Marcos Jr. “”A ottobre è stato ucciso il giornalista Percy Lapid, tre mesi fa era a Roma e abbiamo cenato insieme, è molto dura pensare che ora non ci sia più”, conclude commosso il religioso in riferimento al cronista critico del governo, scomparso nella capitale Manila.

Il ruolo delle diaspore

Tornando al ruolo centrale delle donne nella società, Khady Koita, presidente della ong senegalese La Palabre, impegnata in modo particolare nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, riferisce all’agenzia Dire che “l’attivismo femminista riesce a infondere positività a ogni lotta sociale”. La parola chiave deve essere “solidarietà”, anche guardando alle diaspore, afferma Koita, esperienze di vita in Francia e Belgio. Secondo Koita, “le comunità all’estero e le donne di queste comunità hanno un potere enorme sia dal punto di vista finanziario, che culturale che politico, perchè sono diventate un polo di riferimento e un campo di confronto anche per le classi dirigenti delle madrepatrie”.

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