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Usa, Tedesco (Columbia University): “Trump demolirà l’accordo sul clima”

Trump riceve Al Gore. Il premio Nobel: "Conversazione interessante, da continuare"

Pubblicato:06-12-2016 13:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:23

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New york

NEW YORK – “Donald Trump può demolire l’Accordo di Parigi senza nemmeno bisogno di ritirare il sostegno americano all’intesa”: a parlare con la DIRE è Marco Tedesco, professore alla Columbia University di New York, esperto di calotte polari, “cervello in fuga” già ricercatore alla Nasa e alla National Science Foundation. E’ trascorso meno di un mese dalla Cop22, la conferenza sul clima di Marrakech che ha ribadito l’impegno ad applicare l’intesa del 2015 sulla riduzione delle emissioni inquinanti e il contrasto al surriscaldamento planetario. Le dichiarazioni e soprattutto le prime scelte di Trump, che entrerà in carica come presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio, stanno alimentando timori diffusi. Il confronto di ieri con Al Gore, premio Nobel per la pace per l’impegno in favore del taglio delle emissioni, potrebbe non bastare. Secondo Tedesco, laurea in ingegneria elettronica a Napoli prima di continuare con la fisica a Firenze e approdare poi alla Nasa, pesa anzitutto la nomina di Myron Ebell come responsabile della “transizione” alla Environmental Protection Agency (Epa).

L’Epa ha il compito di applicare le raccomandazioni dell’Accordo di Parigi, nel caso comminando sanzioni o fornendo incentivi per centrare gli obiettivi” spiega lo studioso: “Ma Ebell si è schierato più volte contro quest’organismo, lavorando con istituti privati finanziati da lobby petrolifere pronte a tutto pur di negare qualsiasi fattore antropogenico del cambiamento climatico”. Il riferimento è anzitutto al Competitive Enterprise Institute (Cei), “advocacy group” noto per una linea sui cambiamenti climatici all’insegna dello scetticismo. Un approccio che Ebell ha mantenuto, senza mai abbandonarlo, fino a oggi. “Credo che il movimento globale sul riscaldamento planetario abbia tre componenti” ha detto ancora ad agosto il collaboratore di Trump: “La prima è sovrastimare il tasso del riscaldamento; la seconda esagerarne e anticiparne nel tempo le conseguenze; la terza sottostimare in modo spropositato i costi della riduzione necessaria delle emissioni, fissata per altro in modo del tutto arbitrario”.

E l’applicazione dell’Accordo di Parigi, allora? “Trump può rallentare l’attività dell’Epa o tagliarle il budget, colpendo allo stesso tempo la ricerca di base sui cambiamenti climatici della National Science Foundation” risponde Tedesco. Che, per rendere il contesto, cita un articolo di pochi giorni fa: “I consiglieri di Trump avrebbero detto che, invece di finanziare ricerche di scienza della Terra, la Nasa dovrebbe occuparsi solo di ricerche sullo spazio siderale”. Difficile, con queste promesse, immaginare un approccio solidale nei confronti dei Paesi più esposti ai cambiamenti climatici. “Un taglio dei contributi statunitensi per la mitigazione e l’adattamento equivarrebbe a molti passi indietro” sottolinea il professore della Columbia University: “Bisognerebbe al contrario far capire che l’energia pulita può creare posti di lavoro anche nell’immediato, da subito”.


TRUMP RICEVE GORE: CONFRONTO SU CLIMA ED ENERGIE

“Una conversazione interessante, da continuare”; e, anche, “una ricerca sincera di aree d’intesa”: Al Gore, già candidato democratico alla Casa Bianca, soprattutto premio Nobel per la pace per l’impegno contro i cambiamenti climatici, ha descritto con queste parole il suo incontro con il presidente eletto Donald Trump. Il colloquio si è tenuto ieri alla Trump Tower, a Manhattan, nel cuore di New York. Al centro i nodi politici legati ai cambiamenti climatici, evidenziati dalla Cop22, la conferenza promossa dall’Onu a Marrakech il mese scorso. Gore ha detto di aver incontrato prima Ivanka Trump, la secondogenita di ‘The Donald’, e poi il presidente eletto. In campagna elettorale Trump ha definito i mutamenti climatici “una bufala”, sostenendo che puntare sui combustibili fossili avrebbe ricadute positive anche sul piano del lavoro. Insieme con due fratelli, Ivanka Trump fa parte del “transition team”, il gruppo di collaboratori incaricati di preparare il terreno per l’entrata in carica del nuovo presidente il 20 gennaio.

di Vincenzo Giardina, giornalista professionista

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