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FIRENZE – “Stiamo ancora aspettando di capire cosa sia successo. Non abbiamo risposte, non sappiamo chi sia il colpevole. Stiamo ancora aspettando giustizia, ma siamo ancora al punto di partenza”. Rym Toukabri è la figlia Mohamed Toukabri, operaio tunisino di 54 anni travolto e morto nel crollo di via Mariti, nella strage sul lavoro dello scorso 16 gennaio che ha segnato Firenze. E’ tornata in città con suo zio Sarhan, fratello della vittima, per la consegna della raccolta fondi lanciata dalla Misericordia per le cinque vittime della strage.
“Non ho molto altro da dire. So quello che sapete voi” giornalisti. “Ci sono le indagini in corso, stanno facendo tutto, però non abbiamo una risposta e non sappiamo a chi attribuire la colpa. Quello che è successo a mio padre è successo in passato e potrebbe succedere anche ad altre persone. Ma sono cose che non dovrebbero accadere più“. Ringrazia la Misericordia per l’aiuto, “chi ci sta vicino e chi si interessa della vicenda”.
A quasi nove mesi dal crollo di via Mariti, la strage sul lavoro costata la vita a cinque operai, “non c’è nessun iscritto nel registro degli indagati. Per paura dei nomi? E’ una domanda che mi pongo. Io credo che sia il momento di scriverli quei nomi, ora basta. Magari ci facciano un regalo di Natale con quei nomi”. Simona Mattolini ha 50 anni e due figli. Lo scorso 16 febbraio suo marito, Luigi Coclite, non è tornato a casa, a Vicarello, frazione di Collesalvetti nel livornese. E’ morto nel cantiere dell’Esselunga in costruzione a Firenze con altri quattro operai.
La moglie torna a Firenze in occasione della consegna della raccolta fondi lanciata dalla Misericordia per le famiglie della vittime (36.000 euro in tutto). Commossa, arrabbiata, parla con i cronisti ma preferisce non essere ripresa dalle tv. E chiede giustizia: “Sono stati mandati allo sbando. Luigi era l’unico effettivamente qualificato dei cinque morti e non doveva essere lì, perché era un fornitore”, non un operaio “di tutte quelle ditte in subappalto. Probabilmente se c’erano i controlli dei sindacati o dell’Asl, non saremmo qui a parlare di questa cosa. Bisognerebbe che chi di dovere iniziasse a fare il proprio dovere”.
Non abbiamo avuto nessuna informazione, neppure l’iscrizione di un nome nel registro degli indagati” per la strage di via Mariti. Paola Santantonio è l’avvocato della famiglia di Luigi Coclite, l’unico italiano dei cinque lavoratori travolti e uccisi nel crollo del cantiere targato Esselunga. Il primo dei corpi rinvenuti dai Vigili del Fuoco lo scorso 16 febbraio. “Al momento il fascicolo è coperto dal segreto istruttorio. Sappiamo solo che è un modello 44, un procedimento contro ignoti quindi”. La cosa, osserva la legale, “la vedo oltremodo lontana. Ed è un po’ sconfortante”. La vicenda giudiziaria, ammette, “è complessa”. Tuttavia “siamo in attesa di avere qualcosa. Una prima risposta, non tutto: almeno l’indicazione che le cose stanno andando avanti, stanno procedendo. Perché dobbiamo dare qualche risposta ai parenti delle vittime che, giustamente, ci chiedono continuamente informazioni che non riusciamo a dare”.
Il punto è ribadito anche da Alessandro Taddia, a capo del gruppo Taddia che difende con il proprio studio legale altre tre vittime: Mohammed El Ferhane, Bouzekri Rahimi e Taoufik Haidar. Il procedimento, ammette a sua volta, “è complicato. Il pm ancora non ci dà l’accesso agli atti, perché si stanno compiendo le procedure per cercare di trovare effettivamente quale sia stato l’errore”. E aggiunge: “Le tempistiche purtroppo saranno lunghe, perché ci sono più persone e più imprese convolte, tra appalti e subappalti”.
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