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Manovra, l’analisi di Livolsi: “Si trovino altri ambiti da tassare”

Per l'esperto di finanza Ubaldo Livolsi "c’è la necessità di esplorare nuovi ambiti di tassazione per alleggerire chi già contribuisce eccessivamente"

Pubblicato:06-11-2024 11:01
Ultimo aggiornamento:06-11-2024 11:01
Autore:

livolsi
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ROMA – “La manovra del Governo italiano mira a risanare i conti pubblici attraverso tagli alla spesa e revisioni delle detrazioni fiscali, cercando di stabilizzare il bilancio nazionale. Tuttavia, questa strategia ha anche effetti paradossali: oltre il 75% dei cittadini dichiara redditi inferiori ai 29mila euro e contribuisce per il 24% dell’Irpef totale, mentre il 42% del gettito Irpef è sostenuto da chi guadagna più di 55mila euro, pari a poco più del 5% del totale (fonte: Itinerari Previdenziali). In attesa che finalmente si risolva il tema dell’evasione, c’è la necessità di esplorare nuovi ambiti di tassazione per alleggerire chi già contribuisce eccessivamente“. La legge di Bilancio al centro dell’analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.

“Le aziende tech, pur generando notevoli profitti in Italia- spiega- pagano poche tasse grazie a strutture fiscali complesse e sofisticati sistemi di ottimizzazione. Il peso delle imposte sulle piattaforme digitali è attualmente limitato, con la web tax italiana fissata al 3%, un’aliquota modesta applicata ai colossi digitali (come Google, Amazon, Facebook e Apple), che registrano enormi ricavi. Il Governo sta rivalutando tale approccio. Anche le criptovalute, ormai ben radicate nel panorama finanziario italiano con un volume di transazioni annue che si avvicina ai 54 miliardi di euro (fonte: Chainalysis) necessitano di una regolamentazione fiscale più precisa e mirata. Una disciplina chiara e coerente consentirebbe non solo di aumentare le entrate fiscali, ma anche di stabilizzare il mercato e tutelare maggiormente gli investitori. Al momento, l’assenza di una normativa adeguata genera incertezze e favorisce operazioni speculative, mentre un sistema fiscale specifico permetterebbe di incanalare queste risorse in modo più trasparente e responsabile, riducendo i rischi per l’intero ecosistema economico e favorendo la fiducia degli investitori”.

“Non va dimenticato- continua Livolsi- che il sistema fiscale può e deve giocare un ruolo fondamentale nel sostenere la crescita economica del Paese. Tale supporto potrebbe essere realizzato intervenendo maggiormente con incentivi mirati alle start-up, in particolare per quelle che promuovono l’innovazione tecnologica e ambientale. Questi incentivi rappresenterebbero un’opportunità per rafforzare l’imprenditoria giovanile e sostenere le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale del tessuto economico italiano. Sostenere le Pmi significa anche promuovere la competitività e la creazione di posti di lavoro, favorendo una ripresa economica strutturale e duratura, con effetti benefici a lungo termine su tutto il sistema produttivo”.


“È altrettanto importante- prosegue- mantenere un’imposta sulle successioni bassa, come attualmente accade in Italia, per facilitare il passaggio generazionale del patrimonio familiare e garantire continuità alle imprese a gestione familiare. Un’imposizione fiscale eccessiva sulle successioni avrebbe un impatto devastante sulle imprese familiari, rischiando di indebolire una delle componenti fondamentali del sistema economico nazionale. Una tassa moderata permette alle famiglie di pianificare la successione aziendale con maggiore tranquillità e sicurezza, preservando valore e stabilità nel tessuto imprenditoriale. Da evitare, invece, sono provvedimenti poco efficaci, come il superbonus edilizio, che, con un costo di ben 123 miliardi di euro, ha portato a risultati estremamente limitati: solo il 4% delle abitazioni è stato effettivamente migliorato (fonte Cgia). Il superbonus, concepito per rilanciare il settore edilizio e migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, si è rivelato un clamoroso spreco di risorse pubbliche, distogliendo fondi che potevano essere impiegati in modo più esteso e strutturale. Questi fondi, anziché essere indirizzati quasi esclusivamente a favore di immobili di alto pregio, avrebbero potuto sostenere progetti come la costruzione di alloggi pubblici, con un impatto più ampio e duraturo sulla qualità della vita dei cittadini e sull’economia” conclude Livolsi.

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