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Vaccino, Viale: “14 casi avversi su 76 milioni di dosi, il rischio non c’è”

"L'incidenza delle fake news è superiore all'incidenza del Covid", dice l'infettivologo del Policlinico Sant'Orsola di Bologna

Pubblicato:06-11-2021 18:01
Ultimo aggiornamento:06-11-2021 18:01

vaccino giovane
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BOLOGNA – I casi “veri” di reazione avversa al vaccino anti-Covid sono 14 su 76 milioni di dosi somministrati. A conti fatti, dunque, il tasso di mortalità legato al vaccino è “due su 10 milioni di dosi, quando sappiamo che quello per il Covid è quasi tre su 100.000 pazienti infetti. Cioè 140 volte superiore. Sono dati che parlano da soli, il gioco vale ampiamente la candela”. A dirlo è Pierluigi Viale, infettivologo del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, intervenuto questa mattina alla giornata inaugurale del Festival della Scienza medica a Palazzo Pepoli, nel capoluogo emiliano.

L’incidenza di fake news è superiore all’incidenza del Covid– sferza Viale- abbiamo sentito le cose più incredibili. Secondo l’ultimo report dell’Aifa, su 76 milioni di dosi somministrate si sono registrate 91.000 sospette reazioni avverse, che significano 103 segnalazioni ogni 100.000 dosi. Di queste, quelle gravi erano il 13% ma quelle davvero correlabili al vaccino erano 14 su 76 milioni”. Questo significa che il vaccino “è efficace e sicuro- ribadisce l’infettivologo- non ci sono dubbi”.

Eppure “si è letto di tutto” in questi mesi. Secondo Viale, “bisogna cambiare il paradigma di lettura degli effetti collaterali. Vanno contati rispetto alle persone che hanno fatto il Covid e non sulle persone non vaccinate”. Facendo così, sottolinea il medico, “si scopre ad esempio che il rischio di trombosi grave è 43 volte superiore per un malato di Covid rispetto a un vaccinato. Gli unici veri eventi avversi che si sono verificati con un’incidenza maggiore tra i vaccinati- elenca Viale- rispetto ai malati sono la linfodemia, l’herpes zooster, l’appendicite e la miocardite. Credo che il gioco valga ampiamente la candela”.


Per la miorcardite, in particolare, si parla di otto casi tra i 12 e i 17 anni, ma “sono il prezzo da pagare per evitare in media 8.500 casi, 38 ricoveri e un decesso. Questi dati parlano da soli”. Il rischio di reazione avversa al vaccino, dunque, “è o inesistente o così modesto da non inficiare assolutamente il significato della protezione vaccinale“, chiosa Viale.

VIALE: TERZA DOSE FUNZIONA E VA FATTA, DATI CONFORTANTI

La terza dose contro il Covid, variante Delta compresa, “funziona e va fatta”. Perché per gli anziani e i fragili “è una medicina che riduce l’incidenza della malattia”, mentre per il resto della popolazione “è un’azione di educazione civica per ridurre la circolazione del virus”. Lo rimarca Pierluigi Viale, infettivologo del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, intervenuto questa mattina al Festival della scienza medica.

Nella sua relazione, Viale cita i primi risultati di uno studio israeliano sulla cosiddetta dose booster. “Sono dati molto confortanti- analizza Viale- l’incidenza dell’infezione si è ridotta riportando Israele alla condizione di aprile, quando la variante Delta non c’era ancora”. Dunque, afferma lo specialista, “la dose booster funziona e deve essere fatta, con la gradualità necessaria per mettere in piedi un programma vaccinale”.

La speranza di Viale è “riuscire ad arrivare di nuovo a fare 600.000 vaccini al giorno in Italia, nel periodo tra dicembre e febbraio”. Per gli anziani, in particolare, la terza dose “è una medicina che riduce l’incidenza della malattia– afferma Viale- per le persone normali, invece, è un’azione di educazione civica che serve a ridurre la circolazione del virus”. Secondo l’infettivologo, comunque, “non c’è un’urgenza di fare la terza dose prima dei sei mesi. Al di là dei soggetti immunodepressi gravi, che avranno necessità di schedule vaccinali ad hoc, la terza dose è una protezione per la popoplazione e quindi si può fare serenamente dopo sei mesi, perché l’immunità nelle persone non declina così rapidamente. E non ci sono evidenze di effetti collaterali”, rimarca Viale.

La variante Delta, continua l’infettivologo, “ha una carica virale mille volte più alta rispetto alla precedente” versione del virus, quindi “impatta sull’infettività, ma non ha aumentato la mortalità”. Ha però invece ha avuto “un impatto sull’efficacia dei vaccini- segnala Viale-, in Israele si è registrato un aumento esponenziale dei casi di infezione e un aumento non banale di casi severi. Per questo è importante pensare a una dose booster”.

Anche in Gran Bretagna, come dimostra uno studio sull’impatto della Delta sui vaccini, fatto su 1.700 pazienti inglesi, a 20 settimane dal ciclo vaccinale completo “l’efficienza della protezione scende al 75% nella popolazione adulta- spiega Viale-, ma non c’è lo stesso rischio in termini di mortalità. Il vaccino protegge ancora bene contro il rischio grave e i decessi, si mantiene nel tempo una sostanziale efficacia contro l’ospedalizzazione, ma nei soggetti fragili c’è una minore protezione. Questo è un problema molto grande, che dovrebbe richiamarci tutti alla civiltà vaccinale per proteggere se stessi, la propria famiglia e le persone più sfortunate”.

Lo stesso incremento di casi provocati dalla Delta in Uk e Israele, però, “non si è verificata in Italia- sottolinea Viale- dove però la circolazione della variante è al 90%. La differenza significativa è che in Israele e Gran Bretagna è stato dato il liberi tutti e annullate le misure di comportamento, mentre in Italia non è stato fatto. Il nostro Paese ha dato in questo un’altra garnde lezione di civiltà al mondo, in particolare sull’uso mascherina, che resta un supporto fondamentale”, ribadisce l’infettivologo. 

VIALE: FARLO PURE AI BAMBINI, È RESPONSABILITÀ CIVICA

Vaccinare i bambini contro il Covid “è un’azione di responsabilità civica”. A sponsorizzare la profilassi anche per la popolazione sotto i 12 anni, in attesa del via libera definitivo da parte di Aifa, è l’infettivologo Pierluigi Viale del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, intervenuto questa mattina al Festival della scienza medica.

Secondo Viale, anche fare la terza dose è un gesto di “educazione civica” perché serve sia a proteggere i più fragili sia a ridurre la circolazione del virus. “Vale lo stesso in età pediatrica”, sostiene lo specialista. Tra i bambini i malati di Covid per fortuna “sono pochi, ma vaccinare i nostri figli e i nostri nipoti significa esercitare un’azione di responsabilità civica“.

Ad oggi, afferma del resto Viale, i vaccini restano lo strumento più efficace contro il Covid. “Hanno un’efficacia di oltre 95%- ricorda- sono risultati da sogno per ogni scienziato. Tenete presente che il farmaco più consolidato nella cura del Covid, che è il cortisone, ha una differenza molto marcata come efficacia rispetto al vaccino. L’armamentario terapeutico si sta affinando, ma i risultati sono ancora lontani anni luce”. Grazie alla copertura del vaccino, spiega Viale, le persone che hanno fatto la profilassi anti-Covid “hanno un vantaggio superiore al 75%-80% rispetto ai non vaccinati rispetto all’incidenza della malattia, il contagio, l’ospedalizzazione e di conseguenza anche la mortalità”.

Il medico del Sant’Orsola ci tiene a sottolineare in particolare il calo dei ricoveri grazie al vaccino. “Lavorando in ospedale ho percepito molto il danno indiretto del Covid- ricorda Viale- quando la sanità si è dedicata solo al virus e gli ospedali si sono chiusi, abbiamo lasciato indietro tanti altri pazienti. E c’è stato un sostanziale aumento della mortalità per patologie non Covid. Per questo la seconda ondata è stata più impegnativa, per tenere aperte tutte le attività negli ospedali. Ma chi si è occupato del Covid è rimasto un po’ più da solo. È stata una lezione importante. Quindi ridurre le ospedalizzazioni significa non mandare la sanità in default, perché occupare un letto di terapia intensiva per due settimane per un paziente Covid significa rinunciare ad almeno 20-30 interventi chirurgici”. Anche questo “deve spingere verso la cultura della vaccinazione- insiste Viale- chi non si vaccina, non va soltanto un danno a se stesso ma indirettamente mette in difficoltà e riduce le terapie anche per gli altri, non tanto per il Covid quanto per altre patologie”.

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