giovedì 13 Novembre 2025

A 15 anni dal Rapporto Mapping, in Congo va anche peggio

L'attivista Mpaliza: 'È genocidio, che alimenta quello a Gaza'

ROMA – Il mancato riconoscimento dei crimini commessi contro la popolazione congolese per l’approvvigionamento di risorse minerarie essenziali sarebbe strettamente connesso anche al dramma di Gaza: ne è convinto John Mpaliza, attivista da oltre vent’anni residente in Italia, che attraversa da nord a sud in qualità di “marciatore della pace” per “dare voce a chi non ha voce”. L’agenzia Dire lo intervista in occasione del quindicesimo anniversario dalla pubblicazione del ‘Rapporto Mapping’, uno studio Onu che denunciò le violenze commesse sui civili proprio a causa dei minerali di cui il Paese è ricco: “Nel mio Paese- riferisce Mpaliza- da oltre trent’anni va avanti una guerra economica che ha fatto oltre 10 milioni di vittime: è venti volte la popolazione del Trentino Alto-Adige e un sesto di quella dell’intera Italia. Persone scomparse nel silenzio”. “Dietro a questo c’è la nostra tecnologia”, ossia le miniere di coltan, cobalto, oro, rame o litio: tutti minerali essenziali alla la transizione energetica per l’industria dell’high-tech, che acquisterebbe queste materie prime – come accusano gli attivisti – senza verificarme la provenienza. E così, ai morti, si aggiungono le migliaia di bambini e adolescenti sfruttati nelle miniere, spesse illegali, e collegate a gruppi armati che non si fanno scrupolo di impiegare anche lo stupro come arma di guerra, come l’Onu ha confermato.

DOCUMENTATI OLTRE 600 MASSACRI

Il Rapporto Mapping, pubblicato il primo ottobre 2010 e frutto del lavoro di un gruppo di esperti Onu, analizza proprio le violenze, guardando però al decennio 1993-2003. Documentati oltre 600 massacri, alcuni dei quali classificati come crimini di guerra e crimini contro l’umanità e crimini di genocidio, facendo nomi e cognomi degli autori o delle persone implicate, ivi comprese le aziende. Il report si concludeva con la raccomandazione di creare un tribunale internazionale per giudicare i responsabili e dare giustizia alle vittime. “purtroppo- dice Mpalizanulla è stato fatto“. “Anzi”, prosegue John Mpaliza, “la Repubblica democratica del Congo non è mai stata così tanto in pericolo come oggi: il rischio di balcanizzazione è reale“. Questo enorme Paese nel cuore del continente, che svolge un ruolo chiave negli equilibri dell’Africa centrale e della regione dei Grandi Laghi e per l’economia globale, subisce “l’aggressione e l’occupazione di forze straniere”. Mpaliza indica gli Stati vicini: “L’Uganda ma- spiega- soprattutto il Ruanda“, che agirebbe sotto la protezione di “Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna ma anche Unione europea, la quale il 19 febbraio 2024 ha firmato un accordo economico col governo di Kigali per l’approvvigionamento di materie prime. Ma il Ruanda – badate bene – non ne possiede“. L’accusa è di appropriarsene nel vicino Congo, sostenendo i gruppi armati in particolare nelle provincie di Nord e Sud Kivu.

MPALIZA: LA NON APPLICAZIONE DEL RAPPORTO HA PORTATO ALL’IMPUNITÀ TOTALE

“Due anni dopo la pubblicazione del rapporto Mapping” continua l’attivista congo-italiano, “si è formato il movimento M23, che, come dimostrato da diversi altri rapporti Onu, è il braccio destro del Ruanda in Congo. E’ stato dimostrato che è composto principalmente da militari tutsi ruandesi o di lingua ruandese. Tale aggressione viola il diritto internazionale. Ma ciò che è più grave, proprio la non applicazione del rapporto– accusa John Mpaliza- ha portato all’impunità totale, al punto da trovare oggi a capo di alcune brigate delle forze armate congolesi o milizie armate gli stessi responsabili dei massacri commessi contro i civili più di vent’anni fa”. Nel tempo, gli esperti congolesi sono arrivati ad elaborare il termine “Genocost”: “Non bastava chiamarlo ‘genocidio congolese’– spiega Mpaliza- è stato necessario inventare un termine nuovo per far capire che si tratta di un genocidio legato all’economia e alla dipendenza teconologica”. Dopo anni di appelli e operazioni di sensibilizzazione, il presidente Felix Thisekedi ha dato ragione alla società civile, riconoscendo questo termine, a cui è dedicata anche una giornata nazionale in ricordo delle vittime. “Una delusione, ma meglio tardi che mai” commenta l’attivista.

FAR RICONOSCERE IL GENOCOST A LIVELLO INTERNAZIONALE

Ora, la sfida è far riconoscere il Genocost a livello internazionale, per porre fine alle violenze e all’impunità: “Basta ipocrisia” esorta il marciatore per la pace, deluso anche dalla lentezza delle Nazioni Unite: “È sufficiente vedere la vergognosa difficoltà con cui si muovono per decidere del genocidio che sta avvenendo a Gaza e sulla Palestina in generale, legato peraltro a quello che avviene in Congo”. La tesi di Mpaliza è che l’enorme numero di vittime palestinesi nelle operazioni militari israeliane sia legato anche all’uso esteso dell’intelligenza artificale – per via delle tecniche di riconoscimento facciale – e non solo per gli armamenti, come i droni, resi disponibili dall’industria tecnica israeliana: “Anzi- conclude- quello che succede a Gaza avviene sorpattuto per quello che sta succedendo in Congo“.

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