ROMA – “Noi non potremo vederlo, ma fra 300 anni il ‘Che’ sarà sempre il ‘Che’“: lo ha detto Juan Martin Guevara, fratello minore di Ernesto, in un’intervista rilasciata a pochi giorni dal 50° anniversario dell’assassinio del rivoluzionario socialista. Settantaquattro anni, autore del libro ‘Mon frere, le Che’, Juan Martin ha ricordato il dolore per non aver potuto accompagnare il fratello nella sua missione in Bolivia, il paese dove il 9 ottobre 1967 sarebbe stato ucciso. Poi, sui miti e le icone: “Credo che le due immagini più conosciute al mondo sono quelle di Cristo e del ‘Che’. Un amico mi ha detto: ‘Esageri, Gesù è molto più conosciuto’. Certo è morto più di 2000 anni fa, mentre il ‘Che’ da appena 50. Noi non potremo vederlo, ma fra 300 anni il ‘Che’ sarà sempre il ‘Che’. E spero che ci saranno altri ‘Che’“.
Secondo Juan Martin, se nel 1967 Guevara non fosse stato ucciso in Bolivia “oggi l’America Latina sarebbe libera, sovrana, indipendente e socialista”. Una convinzione fondata sulla conoscenza personale del “comandante” e del suo carattere. Ecco allora la battuta sul ruolo da ministro dell’Economia di Cuba dopo il trionfo della rivoluzione all’Avana. “Non era il suo obiettivo di vita, non era il tipo di persona che resta seduto in un ufficio” spiega Juan Martin. Che parla, infine, di quello che avrebbe potuto essere: “Impossibile saperlo, ma certamente sarebbe stato al fianco dei popoli in lotta”.
di Vincenzo Giardina, giornalista professionista
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