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Blitz nel trapanese con 35 arresti, caccia a Messina Denaro

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, oltre che di estorsione, turbata libertà degli incanti, droga, porto abusivo di armi e gioco d'azzardo

Pubblicato:06-09-2022 11:42
Ultimo aggiornamento:06-09-2022 15:42
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ROMA – Blitz antimafia in provincia di Trapani, regno del superlatitante Matteo Messina Denaro, con 35 arresti. Una settantina, invece, gli indagati nell’inchiesta ‘Hesperia’ portata avanti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani. Nel corso dell’operazione sono state effettuate numerose perquisizioni in luoghi ritenuti “di interesse” anche ai fini della ricerca del latitante di Castelvetrano. Nel blitz scattato questa notte, inoltre, sono intervenuti anche i militari dei Comandi provinciali di Palermo e Catania, oltre che del nono Nucleo elicotteri carabinieri di Palermo, degli squadroni eliportati Cacciatori Sicilia e Cacciatori Calabria, e del 12esimo reggimento carabinieri Sicilia.

Per i 35 arrestati le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, oltre che di estorsione, turbata libertà degli incanti, droga, porto abusivo di armi e gioco d’azzardo, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Eseguiti anche sequestri e perquisizioni.

“L’indagine – spiegano i carabinieri – s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro”.


I magistrati hanno monitorato le famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala: un lavoro certosino dal quale è emersa la figura di un uomo d’onore campobellese, già protagonista in passato dei rapporti tra l’area trapanese di Cosa nostra e uomini di punta dell’organizzazione in provincia di Palermo, dopo la scarcerazione avrebbe acquisito “centralità” in tutto l’ambiente mafioso della provincia di Trapani. Quest’ultimo sarebbe stato in grado di “esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche tra mandamenti, anche esterne alla provincia di Trapani”. La posizione “di rilevanza” dell’uomo sarebbe stata “garantita” anche dalla vicinanza a Messina Denaro, dal quale l’uomo d’onore campobellese, a detta di alcuni indagati, “avrebbe ricevuto comunicazioni finalizzate alla designazione dei referenti di diverse articolazioni territoriali mafiose della provincia”.

Tra le mosse effettuate ci sarebbe la designazione del reggente della decina di Petrosino e la richiesta di informazioni circa la nomina del reggente del mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante dopo il blitz ‘Anno Zero’. Ricostruita, inoltre, la successione al vertice di Cosa nostra marsalese: individuati i presunti reggenti e documentate le interlocuzioni con l’uomo d’onore campobellese. Le indagini, infine, hanno portato alla luce alcune dinamiche tra Cosa nostra trapanese e quelle palermitana, agrigentina e catanese. In questi casi i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”.

Dal lavoro della Dda e dei carabinieri emergono anche i tentativi degli uomini d’onore di infiltrarsi nel tessuto economico-sociale con condizionamenti degli appalti e con la gestione, “in forma pressoché monopolistica”, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. Cosa nostra interveniva anche per alterare le procedure di aggiudicazione degli immobili nelle aste giudiziarie. Emerse, inoltre, anche estorsioni ad aziende locali nel settore enogastronomico, tra cui una cantina vinicola, e turistico. Cosa nostra trapanese, infine, disponeva anche di armi.

I CARABINIERI; “MESSINA DENARO DETTA ANCORA LEGGE NELLA COSA NOSTRA TRAPANESE”

Matteo Messina Denaro sarebbe ancora in grado di impartire “direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti mafiosi in provincia di Trapani. Lo sostengono i carabinieri, che hanno portato a termine il blitz ‘Hesperia’ con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

L’indagine ha evidenziato i ruoli di alcuni esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi del Trapanese “confermando – sostengono dall’Arma – la riferibilità alla leadership del ricercato castelvetranese”.
Secondo gli investigatori, inoltre, dalle indagini effettuate emerge “perdurante vitalità” di Cosa nostra trapanese, che continua a regolare il proprio funzionamento “sul più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali che hanno nel tempo contraddistinto l’agire dell’organizzazione”.

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