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Minori non accompagnati, a Palermo aperte 800 tutele solo nel 2016

Il giudice Pilato: "Abbiamo il dovere di garantire un futuro"

Pubblicato:06-08-2016 13:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:57

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Migranti

PATTI (MESSINA) – “Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà si apre la tutela”. E’ l’articolo 343 del nostro codice civile, non c’è bisogno di altro se non di queste due righe per tutelare un minore rimasto solo. A Palermo questo articolo di legge sbatte ogni giorno con una marea di bambini e ragazzi che sbarcano sulle coste della Sicilia ‘non accompagnati, 7000 in meno di un anno.

COSA SUCCEDE AI MINORI NON ACCOMPAGNATI

Solo un minore su dieci – racconta l’Unicef- ha la fortuna di avere con sé un genitore quando tocca terra. Sbarcano soli, orfani perché padre e madre sono morti nella traversata, o già li avevano persi prima in guerra, o sono stati messi in mano agli scafisti nel tentativo estremo di salvare almeno loro. Ecco, quando i minori soli riescono ad arrivare, li dovrebbe accogliere anche l’articolo 343 facendo attivare immediatamente le procedure della tutela. E al tribunale di Palermo quella norma un magistrato ce l’ha molto a cuore e la fa valere tutti i giorni. Si chiama Fabio Pilato, fa il giudice tutelare. Invitato a Patti (Messina) all’Indiegeno Fest che, alla sua terza edizione, fa musica sostenendo Emergency per la cura dei migranti sulle coste siciliane, Pilato dà numeri “abbastanza preoccupanti. Soltanto nel 2016, nel circondario di Palermo- dice- abbiamo aperto 800 tutele, 800 procedimenti per altrettanti minori non accompagnati il che significa avere il dovere di garantire a ciascuno di questi ragazzi un futuro, un inserimento, un’integrazione nel territorio”.


COME SI GARANTISCE LA TUTELA

I numeri sono enormi ma le soluzioni dovrebbero essere chiare e condivise. Come spiega il magistrato però, “occorre una premessa culturale, ragionando in un’ottica giusnaturalistica di richiamo ai valori sostanziali come quello della dignità umana”. L’ottica “dei diritti umani e dell’effettività della tutela. Non abbiamo bisogno di alcuna riforma”, sottolinea Pilato, basta rimboccarsi le maniche, “partire a livello territoriale”.


IL MODELLO DI LAVORO

Duro lavoro sul territorio quindi, ispirato ai valori del giusnaturalismo, le cui norme non scritte regolano condotte universalmente valide preesistenti ad ogni legge positiva: su questi presupposti “l’ufficio del giudice tutelare insieme al comune di Palermo e ad altri soggetti istituzionali- racconta il magistrato siciliano- sta cercando di creare un metodo di lavoro specifico attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa per garantire a ciascun minore un progetto di accompagnamento alla vita”. L’iniziativa partirà a settembre. Si basa su tre pietre miliari: primo, “a ciascun minore, che cessa di essere quota per essere restituito alla dignità del vivere viene accompagnato un progetto”, spiega Pilato. Poi serve un “elenco di tutori, ovviamente a titolo gratuito”, che non si trovano e “io- lamenta il giudice- sono costretto ad affidarli alla tutela dell’assessore, che vuol dire negare la tutela”. Infine verrà istituito “un tavolo di coordinamento, una rete sinergica fra istituzioni, associazioni, questura, prefettura, ufficio scolastico regionale”. Un progetto ambizioso, che non ha bisogno di altro se non della sensibilità sui diritti umani e di quelle poche righe dell’articolo 343.

di Teresa Corsaro, giornalista professionista

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