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Baragatti (Usl Toscana sud-est): “Infermiere di famiglia in 13 sedi pilota”

Intervista a Lorenzo Baragatti, direttore del dipartimento delle Professioni infermieristiche e ostetriche della Azienda Usl Toscana Sud est

Pubblicato:06-07-2020 14:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:36

infermieri
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/vimeo.com/435756832

ROMA – In Toscana, a settembre, l’infermiere di famiglia sara’ operativo in 13 sedi. Un progetto pilota portato avanti da una Regione ‘virtuosa’, che vuole sperimentare un nuovo modello di cura, con una micro-equipe sul territorio che sia al fianco dei pazienti e dei caregiver. Su questo tema l’agenzia di stampa Dire ha intervistato Lorenzo Baragatti, direttore del dipartimento delle Professioni infermieristiche e ostetriche della Azienda Usl Toscana Sud est.

– Chi e’ l’infermiere di famiglia e comunita’ e di cosa si occupa?


“E’ un infermiere con delle competenze distintive, che si pone come obiettivo quello di migliorare la qualita’ della vita del paziente all’interno del suo contesto. Attua un modello assistenziale infermierististico orientato a rilevare i bisogni e a prendere in carico il soggetto e la sua famiglia, nel contesto comunitario. Tre le parole chiave quando parliamo di questa figura: proattivita’, equita’ e multiprofessionalita’. Proattivita’ perche’ l’infermiere intercetta senza chiamata ma di sua iniziativa i bisogni dell’individuo; equita’ perche’ garantisce un accesso equo a tutti i servizi del Servizio sanitario; da ultimo e’ multiprofessionale perche’ lavora in team con altri esperti della salute”.

– Qual e’ il progetto della Usl Toscana sud-est per la sua implementazione?

“In epoca pre-Covid abbiamo posto in essere un progetto, che chiaramente in emergenza e’ stato sospeso, che era indirizzato a gettare le basi per attivare la figura dell’infermiere di famiglia e comunita’. Questo attraverso la costituzione dell’infermiere tutor-assistenziale, che sia di riferimento per ogni persona assistita e che si occupa di pianificare l’assistenza sanitaria, la sua erogazione e quando possibile valutarne gli esiti nel tempo. Quest’anno vogliamo estendere questo concetto di presa in carico anche alla famiglia del paziente. Lo siamo facendo attraverso alcune iniziative di formazione e incontri interprofessionali, e puntiamo anche a incrementare l’organico. Contiamo nel mese di settembre di vedere operativo il progetto in 13 sedi pilota”.

– Il decreto Rilancio parla di crescenti funzioni dell’infermiere sul territorio legate sicuramente all’emergenza Covid-19, ma si fa riferimento anche alla presa in carico dei pazienti cronici. La pandemia ha forse messo in luce qualche mancanza in tal senso? E cosa cambia per il cittadino?

“La pandemia ha messo in luce alcune mancanze in quei sistemi sanitari che hanno investito meno, a mio avviso, sulla medicina territoriale. La Regione Toscana ha da sempre investito sull’assistenza territoriale e quindi siamo riusciti a garantire separazione dei percorsi, gestione della domanda a domicilio e abbiamo confinato il ricorso all’ospedale solo quando era strettamente necessario. Sicuramente in questo periodo emergenziale gli infermieri si sono resi protagonisti di questo processo attraverso l’assistenza e la diagnostica domiciliare, nonche’ partecipando al lavoro delle Unita’ speciali di continuita’ assistenziale. E’ mancato pero’ un garante dei servizi infermieristici, qualcuno che andasse oltre la malattia ma che si prendesse carico di tutti gli aspetti al di la’ della patologia. Puntiamo al governo dei servizi territoriali attraverso questo anello della catena oggi mancante”.

– Secondo lei quali possono essere le prospettive di sviluppo della professione infermieristica in Italia?

“Ci hanno definito eroi. Da una parte questo ci ha fatto piacere e dall’altro ci ha sconcertato. Non abbiamo fatto nulla di eroico se non il nostro dovere come lo facciamo tutti i giorni. Chiaramente l’emergenza ci ha messo a dura prova per mille motivi. C’e’ stato un riconoscimento sociale alto e mi sento di dire, non solo come direttore di un dipartimento, che questo riconoscimento non deve essere limitato a un riferimento temporale preciso. Ci aspettiamo che questa attenzione si traduca in atti concreti. Anche come ordine degli infermieri l’obiettivo e’ puntare a livello contrattuale a un’area autonoma delle professioni infermieristiche. Rappresentiamo una fetta importante della popolazione dei professionisti sanitari e pensiamo di ricevere anche attenzione sul numero d’infermieri che mettiamo sul mercato sin dall’accesso ai corsi di laurea, e quindi ristabilire dei parametri di assistenza infermieristica rilevanti. A livello economico vorremmo un riconoscimento piu’ strutturato in busta paga. E poi poter avere accesso alla libera professione. Quello che chiediamo e’ avere attenzione per la professione ed essere ascoltati nelle nostre richieste”.

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