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Nel Pd clima da separati in casa, la direzione (senza streaming) finisce a ‘Quattro stracci’…

Al termine della direzione Pd Orlando ed Emiliano non votano la relazione del segretario Renzi

Pubblicato:06-07-2017 18:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:30

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di Alfonso Raimo, giornalista professionista

ROMA – “Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me che cos’è la liberta’!”. Finisce con una strofa di Guccini, dalla canzone ‘Quattro stracci’, la direzione che doveva celebrare se non la pace almeno la tregua all’interno del Pd. E invece se mai c’era stato, l’afflato nel partito di Matteo Renzi s’infrange sul solito scoglio: Centrosinistra, si’ o no? Ora, dopo o mai? Dopo tre ore di discussione la relazione è approvata senza voti contrari. Ma parlano le assenze: quella dell’area di Andrea Orlando e di Michele Emiliano che non partecipano al voto. I franceschiniani votano a favore, ma quanta sofferenza…

Sulle alleanze Matteo Renzi non prende impegni. “Non passerò mesi a parlare di coalizioni“, ripete, ricordando che alle ultime amministrative con il centrosinistra unito si è perso, a Genova ad esempio. La ricetta del segretario dem è: tessere un rapporto col paese, costruire un programma il più possibile partecipato e andare al voto. Il treno e la finestra sono le metafore del ‘nuovo’ Pd. Le compatibilità semmai si verificheranno dopo il passaggio elettorale.


Dario Franceschini ribalta il ragionamento: il programma lo realizzi se hai la forza per farlo. Ergo, se vinci le elezioni. E le elezioni le vinci se ti allei. “Servono gli altri“, ripete come un mantra il ministro della Cultura che tuttavia non chiude alle forze centriste, fondamentali per reggere il governo Renzi prima, Gentiloni poi.

bersani_pisapiaPosizione quasi speculare, la sua, a quella di Andrea Orlando, che paventa il rischio di un ritorno alla prima Repubblica e insiste sulla necessità di una legge elettorale che salvi il campo di centrosinistra. Orlando guarda alla sua sinistra. “Dobbiamo aiutare Pisapia“, dice, sottolineando le differenze tra l’ex sindaco di Milano e Paolo Ferrero, già segretario di Rifondazione Comunista e all’epoca del governo Prodi ministro del welfare. “Non sono un nostalgico dell’Unione- dice Orlando- ed è caricaturale sostenerlo. Ma il centrosinistra serve, anche se lo si chiamasse Alleanza per Renzi”. Renzi non raccoglie. Concede, come da promessa precongressuale, una conferenza programmatica a fine anno. Ma a Dario Franceschini, che chiede rispetto per la comunità del Pd, rinfaccia l’intervista con cui il ministro ha manifestato il suo dissenso rispetto alla linea del segretario. Se si vuol parlare di alleanze– gli dice in faccia Renzi- ci sono gli organismi del partito. “E non mi pare che Repubblica sia un partito”.

Più netta la divisione con Orlando, quasi strategica. “Noi abbiamo vinto il congresso, dobbiamo rinunciare alle nostre idee?”, chiede provocatoriamente. E aggiunge: “Capisco che Orlando voglia aiutare Pisapia, ma io voglio aiutare il Pd“. La direzione senza streaming, e senza tweet nè post su facebook per esplicita richiesta del presidente Orfini, si chiude in musica, mentre volano i quattro stracci di un Pd sempre più separato in casa.

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