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ROMA – Un campo largo che può diventare larghissimo. Partire dalla coalizione che da quasi dieci anni sostiene l’amministrazione guidata da Nicola Zingaretti per arricchirla ancora di più, guardando tanto a quei moderati del centrodestra che non si riconoscono più in quel progetto politico quanto a Sinistra Italiana. È la road map che ha in testa il senatore e segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, in vita delle elezioni regionali nel 2023 ma che è subordinata a un punto: “La prima cosa è il programma – ha spiegato in un’intervista all’agenzia Dire – Perché è su quello che vogliamo fare nei prossimi dieci anni che dobbiamo essere d’accordo. Se raggiungiamo l’accordo sui punti di principio, è lo stesso documento approvato dalla direzione del Pd Lazio che dice che si parte dalla coalizione attuale e poi si allarga al campo politico, civico e sociale. E non solo ai moderati – ha precisato Astorre -, perché abbiamo anche Sinistra Italiana, attualmente non rappresentata in Consiglio regionale, che nei prossimi giorni incontrerò al tavolo. Quindi lì si allargherà la coalizione a quelle forze politiche, civiche e sociali che convergono e condividono il percorso programmatico da fare”.
A proposito del percorso dei dem e del centrosinistra, sia per definire il perimetro della coalizione per le elezioni regionali che si svolgeranno la primavera del 2023 sia per stabilire la modalità con cui sarà scelto il candidato presidente, Astorre ha affermato: “La situazione del centrosinistra nel Lazio è molto ordinata. Nei prossimi giorni, come da mandato conferitomi dalla direzione regionale del Pd, inizierà il percorso della coalizione che governa insieme a Nicola Zingaretti nel Lazio. Non esiste in Italia un modello di collaborazione da Azione e Italia Viva ai 5 Stelle – ha ricordato il segretario regionale dem -. Quindi, prima la coalizione, poi il programma, in questo senso nei prossimi giorni avvieremo un tavolo per ‘il Lazio che verrà, per non fermarci ora’, e se poi la coalizione, come auspico, sceglierà le primarie questo non sarà un metodo confuso e antidemocratico. Anzi, è democrazia allo stato puro”.
Nel Lazio il centrosinistra non ha mai indicato, finora, il candidato presidente attraverso le primarie: “Ben venga questa prima volta in Regione – ha aggiunto Astorre – Penso che un bagno di popolo nella coalizione per scegliere l’alfiere che, all’interno di una squadra unita, porti avanti il lavoro fatto e lo migliori dove serve sia il percorso più limpido e chiaro in assoluto”.
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“Letta contrario a candidature plurime del Pd alle primarie per indicare il candidato del centrosinistra a presidente di Regione? È una vera bugia”, ha puntualizzato Astorre. Eppure nelle primarie che si sono svolte a Roma un anno fa, e che incoronarono Roberto Gualtieri candidato sindaco del centrosinistra, la dem Monica Cirinnà fu costretta al passo indietro: “Fu il Pd romano che decise un’unica candidatura. Quello fu un caso più unico che raro – ha spiegato Astorre – Basta guardare la storia di Roma, dalle primarie di Marino contro Gentolini e Sassoli o quelle di Morassut contro Giachetti, senza dimenticare che l’art. 27 dello Statuto nazionale del Pd disciplina le primarie con più candidati del partito. Il tema non è quello della candidatura unica ma un percorso ordinato, tra galantuomini di tutta la coalizione, che ci faccia rimanere uniti dopo le primarie“.
Astorre ha rimarcato il dato che “Enrico Letta ha elogiato la vicenda di Rieti dove, nonostante le primarie, si è rimasti uniti dopo. Una, due, tre candidature o la questione delle correnti sono tutte fregnacce. Il tema è un percorso chiaro: prima la coalizione, il programma, poi la scelta di un candidato presidente che quanto più è suffragato da un bagno di popolo tanto più questo rappresenta l’inizio della campagna elettorale e non può che farci bene”.
Astorre, nel corso di un’intervista all’agenzia Dire, si è detto sicuro che alla fine Azione di Carlo Calenda alle prossime regionali nel Lazio confluirà nel campo largo del centrosinistra, anche in presenza dei 5 Stelle: “Se mettiamo al centro le cose concrete da fare, come l’attenzione per i più deboli affinché nessuno resti indietro o venga escluso nei prossimi dieci anni dalla Regione, l’attenzione per l’economia circolare e uno sviluppo sostenibile del Lazio insieme a quella per le pmi, sono convinto che con Calenda ci troveremo“.
“Calenda giustamente rivendica, e dovrebbe farlo anche il Pd, Industria 4.0. Che è stato un provvedimento importantissimo, tutte le imprese me ne parlano ed è stato un delitto abbandonarlo”, ha aggiunto Astorre che poi ha ricordato cosa accadde nel 2018, in occasione della riconferma del governo Zingaretti: “Già cinque anni fa nel Lazio avvenne qualcosa di simile (a ciò che potrebbe accedere tra un anno alle regionali, ndr). Leu andò a livello nazionale contro il centrosinistra ma nel Lazio fece una lista decisiva per la riconferma della presidenza di Nicola Zingaretti. Quindi, è già accaduto che ci fosse una divaricazione a livello nazionale ma che poi su quello regionale si trovasse l’accordo“.
Inoltre, ha proseguito il segretario regionale del Pd, “lo stesso Calenda, col quale ho avuto un incontro nei giorni scorsi e che ho trovato molto lucido a livello di strategia politica nazionale, dice che la legge regionale è diversa da quella nazionale. Perché nella prima chi prende un punto in più si aggiudica ‘tutto il cucuzzaro'”.
“Scommetterei sul fatto che (nel 2023, ndr) si andrà a votare con l’attuale legge elettorale”. Il senatore e segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, non ha nascosto l’interesse ad analizzare la proposta di una nuova legge elettorale nel Lazio avanzata dal capogruppo di +Europa-Radicali, Alessandro Capriccioli – collegi uninominali e doppio turno per eleggere il governatore e 32 consiglieri su 50 – ma nello stesso tempo si è detto convinto che alla prossima consultazione regionale si voterà col sistema attuale: turno unico, diventa presidente il candidato della coalizione che prende più voti e consiglieri eletti con le preferenze su base proporzionale.
“Ho molta stima di Alessandro Capriccioli e del Partito Radicale perché in questi anni nel Lazio ci hanno aiutato a governare in maniera intelligente – ha spiegato Astorre – Quindi, qualsiasi proposta provenga da loro è da guardare con attenzione. Alla base c’è un ragionamento condivisibile, cioè quello di un legame quanto più forte dei candidati con i territori. Tuttavia, scommetterei sul fatto che si andrà a votare con l’attuale legge elettorale”.
La certezza di “riprendersi” Viterbo e il grande ottimismo di raggiungere lo stesso risultato anche a Frosinone e Rieti. Il segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, nel corso di un’intervista all’agenzia Dire ha fatto il punto a pochi giorni dal voto delle Amministrative che nel Lazio vedrà interessati tre capoluoghi di provincia su cinque oltre che importanti centri come Guidonia (la terza città per popolazione), Ciampino, Ladispoli, Cerveteri, Ardea e Grottaferrata.
A Viterbo, in particolare, il campo costruito dal Pd a sostegno della candidatura dell’assessora regionale al Sociale, Alessandra Troncarelli, è “larghissimo” perché comprenderà anche alcuni pezzi fuoriusciti da Forza Italia. A partire dall’ex sindaco Giovanni Arena, sfiduciato dal centrodestra. “Il dato più evidente in quella realtà è la spaccatura clamorosa del centrodestra, con la candidata di FdI che va contro quello espresso da Lega e Forza Italia – ha ricordato Astorre – Questo denota uno stato di rapporti tesissimo all’interno dei partiti che compongono quella coalizione. Alessandra Troncarelli se non diventerà sindaca al primo turno lo sarà sicuramente al ballottaggio. Bisognerà capire contro chi la Troncarelli andrà eventualmente al secondo turno, perché la lista civica che esprime Chiara Frontini come candidata sindaca è molto radicata sul territorio”.
Ma il centrosinistra “ha possibilità di vittoria sia a Rieti che a Frosinone. Perché Simone Pietrangeli cinque anni fa perse per soli 100 voti e anche Domenico Marzi a Frosinone ha ottime chance di diventare sindaco – ha detto Astorre – Qui non siamo riusciti a unire tutta la coalizione, perché Italia Viva, Azione e il Psi sostengono altri candidati. Auspico però che al secondo turno si possa riunificare il campo”. In tutti e tre i capoluoghi il centrosinistra arriva alle consultazioni come forza di opposizione: “Perché queste elezioni sarebbero il ‘ritorno’ di quelle che si svolsero nel 2017, l’annus horribilis per il Pd guidato da Matteo Renzi: si votò dopo la sconfitta al referendum del 2016 e perdemmo dappertutto, o contro il centrodestra o contro il M5S. È una tornata complicata, il Pd dovunque ha fatto coalizioni larghe se non larghissime con una unità formale e sostanziale del partito che ha accompagnato questo processo. Nelle condizioni date, sono in campo le migliori soluzioni possibili. L’obiettivo è riconquistare i capoluoghi di provincia, i grandi centri nella provincia di Roma e Gaeta”.
“Finalmente si affronta il tema” dei poteri speciali a Roma “dopo che negli anni ’90 si tentò risolvere questa vicenda con una legge speciale che dava finanziamenti alla Capitale e dopo la pagliacciata di cambiare solo il nome”, tuttavia secondo il senatore e segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, nella nuova legge in gestazione in Parlamento dovranno essere affrontati anche altri temi. “Ci sono i temi importanti del rapporto con il Lazio e quello relativo all’elettorato passivo: cioè diversi poteri in capo all’elettorato di Roma (perché decide il sindaco, di fatto anche chi governa la Città Metropolitana e, votando i consiglieri di Roma nel Lazio, anche chi gestisce certi poteri nelle altre province, ndr) rispetto a quello delle altre province e quindi di bilanciamento sotto l’aspetto dell’elettorato passivo”.
Inoltre, secondo Astorre “è ineludibile che i Municipi di Roma diventino Comuni metropolitani. Già c’è stato un errore di riduzione di questi Municipi, da 20 a 15, perché la democrazia viene affrontata sotto il profilo dei costi. Ed è sbagliato, perché la democrazia, per quanto poco, costerà sempre più della dittatura ma dobbiamo porre la questione sotto l’aspetto dell’efficienza. Riducendo il numero dei municipi, sono stati creati mostri come ad esempio il VII Municipio che va dalle Mura Latine a Morena per 400mila abitanti. Il presidente e mio amico, Francesco Laddaga, è con le mani nei capelli. Come si fa a governare territori del genere? Quindi il tema è ineludibile, passando anche a mio avviso da 15 a 20 Comuni metropolitani”.
I poteri speciali a Roma Capitale non porteranno con sé il ritorno all’elezione diretta del sindaco della Città Metropolitana. “Adesso no, non vedrà luce”, ha detto in un’intervista all’agenia Dire il senatore e segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, che però già promette battaglia su questo fronte. “Se dovessi essere rieletto mi legherò al Senato perché si ritorni all’elezione diretta del presidente della Provincia o del sindaco della Città Metropolitana. Noi siamo fortunati perché abbiamo un galantuomo capace e onesto come Gualtieri che fa entrambe le cose. Ma se guardiamo ai cinque anni precedenti con la Raggi e la vicesindaca Teresa Zotta, bravissima donna ma eletta consigliera capitolina con poche centinaia di voti, e pensiamo che a decidere sulla strada provinciale Frascati-Colonna o sull’istituzione di un liceo a Monterotondo o Bracciano sia solo chi vota per il sindaco di Roma questo è un modo che non ha capo né coda”.
La legge Delrio, da cui scaturì lo stop all’elezione diretta, “va adeguata alla realtà. Il popolo, votando No al referendum, ha deciso di fare rimanere le province come organi costituzionali. Io li ritengo validissimi a livello sovracomunale ed è impensabile che non ci sia un’elezione diretta. E poi è vergognoso che i consiglieri metropolitani lavorino gratuitamente, senza permessi né rimborso spese – ha sottolineato Astorre – Ma che c…. stiamo dicendo. È vero che in passato ci sono stati sprechi e ruberie e certamente vanno eliminati, ma non si può procedere ‘quando a tordi e quando a grilli’. Per cui una volta si fanno gli sprechi e ora arriviamo all’estremo opposto”, ha concluso il segretario regionale dem.
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