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Hiv, Italia in testa per servizi offerti tra diagnosi-management clinico-trattamento

A Milano la presentazione del rapporto Europe 5

Pubblicato:06-06-2019 14:18
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:22
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ROMA – L’epidemia dell’Hiv in Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna (Europe5) è oggi irriconoscibile rispetto a un decennio fa. I soggetti che vengono contagiati dall’Hiv sono sostanzialmente stabili o in calo, mentre l’aspettativa di vita per le persone affette dalla malattia è simile a quella delle persone senza la malattia. Nonostante l’epidemia sia cambiata, non è tuttavia finita. Esistono nuove e continue sfide che minacciano la risposta all’Hiv.

IL RAPPORTO EUROPE5 

Per capire come le policy dei Paesi dell’Europe5 stiano affrontando le nuove sfide, Kpmg LifeSciences ha riunito un gruppo di specialisti sull’Hiv, con il contributo dei rappresentanti italiani del gruppo di lavoro, fra i quali Barbara Suligoi Centro Operativo Aids presso Istituto Superiore di Sanità ed Emilia De Biasi, già presidente XII commissione Sanità al Senato. Il rapporto è stato commissionato e patrocinato da Gilead Sciences Europe Ltd (Gilead). Lo studio svolto ha esaminato gli aspetti di consapevolezza, prevenzione, test e screening, trattamenti specifici e gestione di lungo-periodo della salute del paziente inquadrato all’interno del continuum di cura. Sono state identificate le aree di forza, quelle di possibile miglioramento e sono state elaborate alcune raccomandazioni per migliorare la vita delle persone affette e a rischio di Hiv. Il capitolo italiano del report complessivo è stato presentato a Milano, in una settimana non casuale, negli stessi giorni infatti in cui si tiene, all’Università Statale, la 11a Conferenza Icar (Italian Conference on Aids and Antiviral Research): l’appuntamento più prestigioso, numeroso e scientificamente qualificato in Italia su Aids e ricerca antivirale. 

L’HIV IN ITALIA, NUMERI PREOCCUPANTI MA SERVIZI IN CRESCITA

La prevalenza di Hiv in Italia è dello 0.2%, più alta rispetto ad altri Paesi di Europe5 come Regno Unito (0.16%) e Germania (0.1%). Circa la metà delle persone con Hiv viene diagnosticata in fase avanzata di malattia, comportando una minore probabilità di successo delle terapie e una maggiore probabilità di aver involontariamente trasmesso l’infezione ad altri. Tuttavia, l’Italia è tra i 5 l’unico Paese che fornisce gratuitamente diagnosi, management clinico e trattamento antiretrovirale a tutti, senza discriminazioni, compresi migranti illegali e persone che fanno uso di sostanze iniettive. Nonostante le terapie antiretrovirali prolunghino la sopravvivenza delle persone con Hiv, migliorandone la qualità di vita, l’Hiv resta un’infezione letale. Non si può dunque rimanere inerti ed è necessario continuare a perseguire la linea già tracciata.


“È urgente diffondere una migliore conoscenza e consapevolezza del rischio di Hiv e di altre infezioni sessualmente trasmesse, in particolare tra i giovani, attraverso social media, scuola e strutture sul territorio (sia sanitarie che della società civile)- sottolinea Barbara Suligoi, Centro Operativo Aids presso Istituto Superiore di Sanità- L’accesso ai test per l’Hiv e le infezioni sessualmente trasmesse deve essere agevolato (anonimo, gratuito, senza appuntamento, senza prescrizione medica, opt-out in sedi selezionate), superando anche le barriere del test ai minori. I preservativi devono essere forniti gratuitamente alle persone con comportamenti a rischio: a questo proposito, le delibere già approvate in varie regioni italiane per la distribuzione gratuita dei preservativi ai giovani purtroppo non sono state finora attivate. È indispensabile che diventino applicative come prevenzione dell’Hiv e delle infezioni sessualmente trasmesse. In sintesi, bisogna implementare urgentemente il Piano Nazionale Aids 2017-2019, dedicando ad esso dei finanziamenti specifici e incorporando le relative politiche nei Lea, per garantire un’assegnazione di risorse coerenti ed assicurare l’uniformità dei servizi in tutto il Paese”.

“L’approvazione del nuovo piano nazionale Aids presso la Conferenza Stato-Regioni il 26 ottobre del 2017 aveva aperto grandi speranze sulla possibilità di una concreta ripresa delle iniziative di prevenzione dell’infezione e per l’assistenza alle persone che vivono con Hiv/Aids. Va purtroppo sottolineato che il piano è rimasto lettera morta in molte Regioni ed ha subito comunque significativi ritardi nella sua applicazione quasi ovunque. Un destino condiviso spesso da piani nazionali d’ambito sanitario, specie se sprovvisti di uno specifico finanziamento. Piani le cui azioni dovrebbero comunque essere attuate come Lea. Ma in questo caso, appunto, quasi tutto sembra essere rimasto al condizionale” afferma Massimo Galli presidente Simit.

“Il confronto con gli altri Paesi europei esaminati nel Report ci consegna un quadro italiano in larga parte positivo- afferma Emilia De Biasi, componente del gruppo di elaborazione del Rapporto- Il nostro Servizio Sanitario Nazionale è a vocazione universalistica, abbiamo leggi specifiche di contrasto all’epidemia e da pochi anni un Piano nazionale contro l’Aids. Le linee guida di contrasto all’epidemia sono una vera eccellenza nel campo internazionale. Ma regole e leggi hanno bisogno di basi culturali ed economiche per essere applicate correttamente e produrre innovazione e valore salute. Proprio l’Hiv ne è l’esempio: agli eccellenti risultati negli aspetti di trattamento clinico fanno da contraltare la scarsa propensione alla prevenzione e la quasi totale assenza di comunicazione pubblica sui rischi, oltre a una mancanza di finanziamenti mirati. Anche il Piano nazionale contro l’Aids non è a tutt’oggi finanziato. La parola chiave è a mio avviso innovazione: un concetto che permette di agire sulle nuove popolazioni a rischio, come giovani, donne e immigrati irregolari, ma anche per prendere in carico, con maggiore efficacia, gli aspetti relativi alla salute mentale delle persone con Hiv e, grazie alla cronicizzazione della malattia, anche al loro invecchiamento attivo. Innovazione infine è parola chiave per le terapie farmacologiche, per le quali è indispensabile il finanziamento della ricerca e il mantenimento dei fondi dedicati all’interno del Fondo sanitario Nazionale”.

L’IMPEGNO DI KPMG IN EUROPE5 

L’Italia ha fatto grandi progressi nell’affrontare l’epidemia dell’Hiv, raggiungendo buoni risultati clinici: gli ultimi dati a disposizione evidenziano come più del 90% della popolazione affetta da Hiv è consapevole del suo status, il 92% di questi è in trattamento e di questi ultimi l’88% hanno raggiunto la soppressione virale, a testimonianza dei progressi compiuti verso gli obiettivi internazionali UnAids 90-90-90. La vera sfida per il nostro Paese oggi è costituita dalla popolazione non diagnosticata: delle 130.000 (111.000-150.000) persone che si stima vivano con l’Hiv in Italia, si calcola che l’11-13% non sia a conoscenza del proprio status di infezione. Inoltre l’incidenza si è stabilizzata, ma ogni anno vengono effettuate oltre 3.000 nuove diagnosi (3.443 nel 2017).

“Per stimolare il confronto internazionale sull’evoluzione dell’epidemiologia dell’HIV e sulle risposte fornite dai Paesi Europa5 (Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna), Kpmg ha riunito esperti clinici e non in uno Steering Commitee- ha spiegato Donato Scolozzi, Kpmg Associate Partner Healthcare & Lifescience- Gli specialisti hanno esaminato gli aspetti di consapevolezza e sensibilizzazione, prevenzione, test e screening, trattamenti specifici e gestione olistica della salute del paziente affetto da Hiv o a rischio. Nell’analisi comparativa sono state individuate le aree di forza, quelle di possibile miglioramento e sono state elaborate alcune raccomandazioni per migliorare la vita delle persone affette e a rischio di Hiv. L’Italia ne esce bene sia dal punto di vista oggettivo dei provvedimenti adottati sia a livello soggettivo in termini del contributo che i nostri esperti hanno saputo dare allo Steering Commitee”.

Simit: “Pochi risultati dal Piano nazionale anti-Aids”

https://youtu.be/KLuP-cEcLf8

Per il Piano nazionale di interventi contro Hiv e Aids(PnAids) “avrei voluto e mi sarei aspettato un risultato, in termini di applicazione, ben maggiore di quello ottenuto finora”. A parlare è Massimo Galli, presidente della Simit (Società italiana malattie infettive e tropicali), e direttore malattie infettive dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, interpellato oggi a margine della presentazione del rapporto Europe5 alla Casa della Cultura a Milano.

Spiegando che il piano nazionale è stato “ufficialmente approvato dalla conferenza Stato-Regioni nell’ottobre del 2017”, Galli osserva che “da quel momento in poi il Paese è entrato in una campagna elettorale continua e l’attenzione a determinate problematiche, già non ‘vivace’, è diventata ancor minore di quello che doveva essere”.

Ma questo non deve scoraggiare l’incessante impegno “nel continuare a chiedere l’applicazione di un piano che attualizza gli interventi su Hiv-Aid se dà linfa nuova agli stessi”. Galli osserva che “c’è molto da fare con quelle che chiamiamo le ‘popolazioni-chiave’, dove è più facile che avvenga la trasmissione del virus, e c’è molto da fare sul piano della migliore organizzazione del mantenimento in cura della parte più difficile dei pazienti (ad esempio quelli con problemi psichici)”.

Il direttore della Simit indica un’altra area molto importante, ovvero “l’aggiornamento della formazione degli operatori sanitari e sociali che si occupano di Hiv-Aids”, e, aggiunge, “c’è anche da fare sul miglioramento del flusso dell’informazione sulle malattia”. In questa direzione, aggiunge il presidente di Simit, “alcune Regioni hanno iniziato a lavorare, ma siamo ancora di fronte a una necessità di articolazione dell’intervento ben maggiore rispetto a quanto finora si è ottenuto”.

De Biasi: “Farmacie importanti contro l’Aids”

https://youtu.be/B9S6tlVtupg

Nella lotta contro l’Aids-Hiv le farmacie possono diventare importanti, con costi ridotti. Ne è convinta Emilia De Biasi, senatrice e componente del gruppo di elaborazione del rapporto Europe5, presentato oggi alla Casa della Cultura di Milano. Le farmacie, spiega De Biasi, “sono ormai considerate parte del servizio sanitario nazionale, e possono diventare luoghi, con un costo limitatissimo, di riferimento per l’informazione e anche per la produzione dei test” sull’Hiv. La senatrice, già presidente della commissione parlamentare Sanità, osserva, fra l’altro, che “ci sono nuove categorie a rischio, come ad esempio gli immigrati appena arrivati”, oltre ai giovani e ai cosiddetti ‘lavoratori del sesso’.

Istituto superiore di Sanità: “Il 13% della popolazione in Italia non sa di avere l’Hiv”

https://youtu.be/Mhg8Eqm-TyI

“Il 13% delle persone con infezione da Hiv in Italia non sono state diagnosticate e circa il 50% di queste arrivano in fase avanzata di malattia”. Lo spiega Barbara Suligoi, direttore del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità oggi a margine della presentazione del rapporto Europe5 alla Casa della Cultura a Milano.

Rilevando che oggi si parla poco di Hiv, e quindi si diffonde l’idea che il virus non esista più, Suligoi, medico esperto in epidemiologia, cita il rapporto Europe5, che rivela come “l’epidemia in Italia è radicalmente cambiata in Italia negli ultimi 20 anni” ma l’Aids non è stato sconfitto. L’esperta dell’Istituto superiore della sanità evidenzia che la non consapevolezza di aver contratto la malattia è un fatto grave, in quanto “è un danno sia per queste persone che non hanno potuto usufruire delle terapie, e d’altra parte, non essendo stato preso nessun provvedimento di prevenzione per evitare la diffusione della malattia ad altri”, configura un ulteriore danno alla popolazione. Nel quadro dello studio europeo, continua Suligoi, “l’Italia nel confronto con le altre nazioni, in questo caso, Spagna, Francia, Gran Bretagna e Germania, esce molto bene, perché il Servizio sanitario nazionale italiano ha fornito in tutti questi anni, un’assistenza gratuita” ai sieropositivi. Precisamente “diagnosi, assistenza clinica, trattamenti, completamente gratuiti, a tutta la popolazione Hiv positive indiscriminatamente”.

Da parte dell’Italia, conclude, c’è stato quindi “un grande sforzo”, ma non basta, “ci vuole una prevenzione mirata verso i giovani”.

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