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Londra, tra i terroristi un italo-marocchino:fermato nel 2016 a Bologna, Procura: Non c’erano prove

Il giovane, 22 anni, aveva vissuto per alcuni periodi in provincia di Bologna, dove vive anche la madre, bolognese convertita all'Islam

Pubblicato:06-06-2017 14:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:18

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Il terzo a destra è Youssef Zaghba

ROMA – E’ Youssef Zaghba, “nazionalità italiana e origini marocchine”, il terzo attentatore di Londra: lo ha annunciato oggi Scotland Yard, la polizia britannica. Secondo il comando anti-terrorismo della Metropolitan Police, il giovane aveva 22 anni e viveva nell’East London come gli altri due attentatori. “Nonostante l’identificazione non sia ancora avvenuta – si legge in una nota del comando – i detective ritengono che l’attentatore sia proprio Zaghba”. Il giovane, 22 anni, aveva vissuto per alcuni periodi in provincia di Bologna, dove vive anche la madre, bolognese convertita all’Islam. Il padre, invece, è marocchino. La famiglia aveva vissuto insieme in Marocco, ma dopo la separazione dei genitori la donna era tornata in Italia. L’ultima volta che Zaghba era venuto in città a trovarla era stato nella primavera 2016: il 15 marzo, al momento di ripartire, venne fermato all’aeroporto Marconi di Bologna. Aveva un biglietto di sola andata per Istanbul e un piccolo zainetto: si dimostrò molto nervoso e quando le forze dell’ordine gli chiesero il motivo del suo viaggio avrebbe risposto in modo spavaldo ‘Vado a fare il terrorista’.

Il suo telefono venne sequestrato e all’interno vennero trovati, ad un primo sommario esame, video di propaganda dell’Isis. La madre, sentita dagli investigatori, non sapeva niente della Turchia: a lei il giovane aveva detto che stava andando a Roma. La donna disse agli agenti che era preoccupata perchè il figlio, nell’ultimo periodo, sembrava cambiato e guardava sempre ‘cose strane’ sul computer. Dopo il controllo in aeroporto la Procura di Bologna lo indagò per terrorismo, facendo sequestrare anche il computer a casa del giovane e altro materiale. Fu disposto anche il sequestro del passaporto. Il Tribunale del Riesame, però, a cui l’italo-marocchino fece ricorso, disse che non c’erano sufficienti indizi e ordinò il dissequestro di tutto. La notizia di questo controllo e dei sospetti su questo giovane sarebbe stata trasmessa in Gran Bretagna, visto che il giovane negli ultimi anni aveva trascorso più tempo a Londra che a Bologna. Agli inquirenti inglesi, però, non risulta nulla:  oggi il comando anti terrorismo della Metropolitan Police ha fatto sapere che Zaghba non era stato sottoposto a controlli ne’ delle forze dell’ordine ne’ dell’intelligence.

PROCURA BOLOGNA: ZAGHBA UN PERICOLO? NON C’ERANO PROVE

Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, non c’erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista”. Parola del procuratore di Bologna Giuseppe Amato su Youssef Zaghba, il terzo attentatore ucciso a Londra, che era stato fermato all’aeroporto di Bologna lo scorso anno (era in partenza per Istanbul). Quando fu fermato “all’operatore che lo controllò, disse che voleva fare il terrorista. Poi si corresse”, puntualizza Amato, intervistato da Radio 24. “Gli fu sequestrato l’apparecchio, ma non c’erano, secondo il Tribunale del riesame, i presupposti per ravvisare la sussistenza di un reato e ne ordinò la restituzione, e non si è potuto esaminare integralmente il contenuto di questo apparecchio informatico.” Il procuratore aggiunge anche che Zaghba “fu segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sottolinea: “In un anno e mezzo, è venuto dieci giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare- assicura Amato- ma non c’erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista, era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento”.


di Mirko Billi,  giornalista professionista


ATTENTATORE LONDRA, ISLAM BOLOGNA: NESSUN LEGAME

Yassine Lafram

L’italo-marocchino Youssef Zaghba, il terzo attentatore di Londra, “non frequentava la comunità islamica di Bologna”. E, a parte la madre che vive in un paese dell’area metropolitana, “non aveva legami” col capoluogo emiliano. Insomma, ad oggi “non risultano contatti diretti o indiretti” con lui. A dirlo è Yassine Lafram, portavoce della Comunità islamica di Bologna, che nei giorni scorsi ha condannato l’attentato di Londra e oggi commenta così la notizia diffusa dal ‘Corriere’. Zaghba in passato è stato a Bologna alcune volte, per far visita alla madre. Nel 2016 fu fermato all’aeroporto Marconi mentre prendeva un volo per la Turchia, diretto in Siria, ma fu scagionato dall’accusa di terrorismo internazionale, rimanendo comunque iscritto nell’elenco delle persone considerate a rischio. “Abbiamo appreso la notizia dai giornali- spiega Lafram, parlando alla ‘Dire’- è un colpo anche per la nostra comunità“, perchè i terroristi “strumentalizzano la fede per compiere i loro misfatti” e il rischio è che la stessa Comunità islamica di Bologna finisca “sotto il tiro degli imprenditori della paura, che fanno il gioco dell’Isis”. Perchè i terroristi, ammonisce Lafram, “ci vogliono dividere”. In questo momento, invece, “serve unità e coesione. Non lasciamoci scalfire” dalla paura.

Lafram invita dunque a “non stigmatizzare una comunità pacifica” come quella musulmana di Bologna solo per “colpire i terroristi. Ognuno si assuma la propria responsabilità. Come comunità islamica abbiamo il dovere di segnalare ogni situazione ambigua”, ma allo stesso tempo bisogna “evitare narrative mediatiche e politiche che soffiano sul fuoco”. Del resto, punge Lafram, “gli speculatori non vedono l’ora di ricevere queste notizie, per poter dire che non ci può essere convivenza civile. Non bisogna cadere in questo tranello, che è opera dell’Isis”. E aggiunge: “Quanti musulmani devono ancora morire per capire che non è un terrorismo di matrice islamica, ma un terrorismo che colpisce tutti, soprattutto i musulmani. E’ lo stesso terrorismo che fa esplodere le bombe in Siria o a Kabul. E’ un’ideologia del terrore che vede nemici dappertutto”. Quindi “facciamo attenzione- si raccomanda Lafram- non si dica che è una guerra di religione“.

di Andrea Sangermano, giornalista professionista

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