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Bullismo. Telecamere a scuola? Le chiedono gli studenti

di Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO)

Pubblicato:06-06-2016 13:00
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:49

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di Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO)

Prevenire qualsiasi episodio di maltrattamento deve essere la priorità. È di pochi giorni fa la proposta, presentata all’interno del Consiglio regionale sardo, di obbligare tutte le strutture pubbliche e private che ospitano asili, scuole d’infanzia e primarie, nonché i centri di assistenza per anziani e disabili, di dotarsi di un sistema di audio e video sorveglianza per prevenire episodi di abuso. E’ un’ipotesi importante- rimarca lo psicologo- anche se è giusto ricordare che le violenze in queste strutture riguardano soprattutto eventi sporadici, ma sempre allarmanti. È invece tutt’altro che occasionale la violenza e l’aggressività che si esprime nelle scuole. Qui l’esigenza di installare videocamere obbligatorie non serve solo a limitare l’aumento esponenziale degli atti di bullismo, ma risponde a una stessa richiesta di aiuto da parte degli adolescenti che non si sentono più incolumi.

Critiche a questa proposta non sono mancate. C’è chi si è appellato al diritto di privacy io proporrei piuttosto di ascoltare i diretti interessati e non coloro che fanno discorsi teorici. Le telecamere nelle scuole sono state richieste dagli alunni già diversi anni fa quando il bullismo aveva iniziato a diventare un fenomeno estremamente rilevante (anche se meno di oggi). Ciò che sorprese allora fu la richiesta di inserire degli occhi elettronici nei bagni, erano quelli i luoghi in cui le vittime sentivano di non avere nessuna possibilità di difesa. Pensavano che se nei bagni della scuola ci fossero state delle telecamere sorvegliate si sarebbero sentiti un pochino più protetti. Confermo la parola ‘pochino’ e non protetti perché da una ricerca che abbiamo condotto con l’Università di Urbino sul tema ‘Vivere con la paura’, è emerso che il timore di essere aggrediti è meno forte fuori scuola (il 16%) che dentro scuola (circa il 30%). Un dato incontrovertibile, che evidenzia quanto il bullismo sia molto più diffuso di ciò che noi adulti possiamo immaginare. Purtroppo operiamo come struzzi: non ci arrivano le lamentele delle vittime e quindi crediamo che non ci siano. Ma i ragazzi non si lamentano mai di aver subito violenza e soprattutto non può essere la lamentela il nostro metro di paragone.


Telecamere in funzione e non spente non aiuterebbero solo i giovani. Responsabilizzerebbero maggiormente anche gli organi collegiali, spingendo i professori a prendere una posizione netta rispetto all’atto aggressivo. E’ altresì una proposta ottimale in prospettiva dell’apertura pomeridiana degli istituti per il completamento delle loro attività extra didattiche, dove non esisterà una copertura tutelante da parte dei professori essendo minore il numero di ore spese in aula.

Non è un Grande Fratello. “Si tratta piuttosto di reprimere il bullismo e non la persona. Le telecamere devono fare un’opera di repressione  e inibizione dell’atto aggressivo”. Altro discorso è invece l’opera di prevenzione del bullismo. “In questo caso dobbiamo impegnare gli adolescenti in attività che reputano interessanti- conclude Castelbianco-. Le loro energie, piuttosto che esaurirsi in atti contro terzi, dovranno essere valorizzate in esperienze che potranno spendesi nella formazione futura”.

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