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Violenza sulle donne, ‘deformazione permanente del viso’: le novità del codice rosso

"Lo Stato è in debito con me", denuncia Filomena Lamberti, mostrando una foto scattata al suo primo intervento

Pubblicato:06-05-2019 18:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:25

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ROMA – È un silenzio assordante quello che cala nella Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati mentre Filomena Lamberti racconta la sua storia intervenendo al convegno ‘D’amore non si muore, una panoramica sulle nuove norme in materia di violenza di genere’, alla presenza, tra gli altri, della vicepresidente della Camera dei Deputati, Maria Edera Spadoni, e della deputata dell’M5s, Stefania Ascari.

E d’amore non è morta, Filomena, che, sfregiata con l’acido dall’ex marito, dopo 25 interventi ricostruttivi (30 in totale), racconta la sua nuova vita, al fianco del centro antiviolenza ‘Spazio Donna’ di Salerno. ‘Un’altra vita’, come dichiara nel titolo del suo libro scritto da “donna libera” dopo 30 anni in cui, dice, “sopravvivevo” alle botte, ai divieti, alle gelosie, alla totale mancanza di autonomia, personale ed economica, dall’ex marito “che speravo cambiasse, ma non lo ha mai fatto”.

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Una testimonianza realizzata coralmente, “con le amiche di ‘Spazio Donna’”, da cui Filomena non si è più separata da quando, uscita dall’ospedale per l’ennesimo intervento, le ha incontrate per trovare le alleate di una battaglia in favore di tutte le donne vittime di violenza “che non devono commettere i miei stessi errori”.

“Lo Stato è in debito con me”, denuncia e mostra una foto scattata al suo primo intervento di pulizia, all’indomani del gesto criminale per cui il padre dei suoi tre figli ha scontato “solo 18 mesi di reclusione” (tre scontati per buona condotta, ndr), dopo un processo che si “è chiuso “in un mese, senza che nessuno, tra avvocati e magistrati, mi abbia mai visto né ascoltato”.

Col capo di imputazione, maltrattamenti in famiglia – non tentato omicidio – il legale dell’uomo riesce ad ottenere il patteggiamento, mentre Filomena combatte tra la vita e la morte prima all’ospedale di Salerno, poi al centro grandi ustionati del ‘Cardarelli’, a Napoli. Patteggiamento che, “dopo sette anni impedisce la riapertura del processo” e, a Filomena, di avere giustizia.

“Quando si parla di violenza contro le donne si parla di una vera emergenza sociale, un problema che come Parlamento e come Governo abbiamo affrontato da subito”, dichiara la pentastellata Ascari, che entra nel merito del ‘Codice Rosso’, illustrando le principali novità della legge ora all’esame del Senato ad una platea quasi tutta al femminile, in cui sono presenti anche associazioni come ‘Telefono Rosa’, ‘Spazio Donna’ e ‘Differenza Donna’.

“Il ‘Codice Rosso’ dice che nel caso in cui una donna denuncia una violenza o una persecuzione questa denuncia deve avere una corsia preferenziale- spiega alla Dire la deputata, avvocata penalista- Vuol dire che le forze dell’ordine devono trasmettere immediatamente la denuncia al pubblico ministero, che dovrà sentire la persona offesa entro tre giorni”. Per fare questo, però, è prevista una “formazione costante per chi viene in contatto con questo fenomeno”.

Il ‘Codice Rosso’ “introduce anche nuove fattispecie di reato, come quello di ‘deformazione permanente del viso’, il ‘revenge porn’, la punizione per i matrimoni combinati”, aggiunge, e prevede “aumenti di pena nei casi di stalking e maltrattamenti in famiglia, in modo da raddoppiare nel massimo i termini di durata di fase cautelare e consentire ai magistrati di effettuare indagini più compiute e arrivare a sentenza oltre ogni ragionevole dubbio”.

Ancora, la nuova norma prevede un “inasprimento delle pene per la violenza sessuale”, mentre “chi usa violenza su un bambino rischia il carcere fino a 24 anni; chi lo fa nei confronti di una donna 12 anni, per la violenza sessuale di gruppo 14 anni”. Tutto questo “per fornire alle istituzioni, alla società civile gli strumenti idonei volti alla prevenzione, repressione e rieducazione di chi commette questi terribili reati”.

Per lo psichiatra, sociologo e scrittore Paolo Crepet, la violenza di genere è però soprattutto un “problema culturale” ed “educativo”, perchè “dietro un uomo violento ci sono genitori violenti, quindi anche una donna violenta, che è sua madre”. Per “costruire insieme una società più felice” occorre, quindi, partire dai ragazzi e, soprattutto, dalle ragazze, “insegnando loro ad alzarsi dal tavolo non appena il partner alza la voce e comincia a dire cose ‘impegnative’, per usare un eufemismo”.

Mentre sul linguaggio utilizzato per descrivere la violenza, avverte: “Per favore, togliete dal vocabolario la parola ‘raptus’: è sola una scorciatoia che si usa quando non si vuole capire”.

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