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Sudafrica, padre Morare: “Al voto anche per il diritto alla terra”

Mancano pochi giorni alle elezioni e nelle ultime settimane la riforma agraria è stata al centro di polemiche, slogan, invettive e appelli

Pubblicato:06-05-2019 06:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:25

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ROMA – “Le occupazioni di terre per tirar su baracche alle porte di Johannesburg e delle grandi città sono già cominciate”: così padre Matsepane Morare, gesuita, animatore del dibattito su politica e giustizia in Sudafrica, intervistato dall’agenzia ‘Dire’ sulle consultazioni di mercoledì 8 maggio. La campagna elettorale in vista del rinnovo del parlamento è stata segnata in modo profondo dalla riforma agraria. A marzo la Commissione incaricata di attuare la nuova legge, che autorizza espropri senza risarcimenti, ha rinviato ogni attuazione alla prossima legislatura. Anche per questo la questione della terra ha costituito nelle ultime settimane un riferimento costante per polemiche, slogan, invettive e appelli.

“Il governo dell’African National Congress ha sostenuto l’approvazione della riforma per scongiurare invasioni e occupazioni illegali” dice padre Morare. Convinto che dietro quel via libera, formalizzato nel dicembre 2018, ci sia il tentativo del partito che fu di Nelson Mandela di arrestare un’erosione di consensi a vantaggio di chi sul diritto alla terra sta costruendo la propria ascesa. Il riferimento è agli Economic Freedom Fighters (Eff) di Julius Malema e ad altre formazioni di sinistra, capaci di capitalizzare sull’insoddisfazione per le promesse non mantenute a ormai 25 anni dalla fine del regime di apartheid.

Secondo stime rilanciate a livello internazionale, i bianchi rappresentano appena il 9 per cento degli abitanti del Sudafrica ma possiedono ancora più del 70 per cento dei terreni fertili. Padre Morare dice che “se l’Anc e il presidente Cyril Ramaphosa riusciranno a mantenere la maggioranza la riforma agraria sarà applicata solo in casi eccezionali, particolarmente controversi”. Un conto sarebbe l’approvazione della legge, dunque, un altro la sua attuazione. Distinzione sulla quale i dirigenti dell’Anc avrebbero giocato nell’ultimo anno e mezzo, consapevoli di un risentimento popolare cresciuto oltremisura durante la presidenza di Jacob Zuma, tra il 2009 e il 2018.


La corruzione ha raggiunto livelli senza precedenti – sottolinea il gesuita – e ora il confronto politico è segnato dalla richiesta di un rinnovamento radicale”. Un dibattito e uno scontro avvelenati, secondo un’inchiesta della testata ‘The Conversation’, dalle difficoltà a superare le contrapposizioni di classe e allo stesso tempo razziali figlie dell’apartheid. Nell’indagine si evidenzia che gli organismi di vertice dei partiti principali, dall’Anc fino ai liberali di Democratic Alliance, non rispondono affatto al paradigma della “nazione arcobaleno” prefigurata da Mandela. “I poveri in Sudafrica restano i neri” sintetizza padre Morare: “Perché la politica e il dibattito pubblico non risentano più di questo tipo di divisioni sarà necessario aspettare almeno due o tre generazioni”.

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