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Resistenza, l’Atlante delle stragi nazifasciste: online le mappe dei luoghi

Un elenco compilato da 122 ricercatori che per due anni hanno lavorato alla compilazione dell'Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia 1943-1945

Pubblicato:06-04-2016 16:45
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:31

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Stragi-naziste

ROMA – Cinquemila e quattrocento episodi di violenza, 23mila vittime. E’ il macabro conto delle morti perpetrate in Italia dai nazifascisti dopo l’8 settembre 1943: un elenco compilato da 122 ricercatori che per due anni hanno lavorato alla compilazione dell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia 1943-1945. Si tratta di un sito (www.straginazifasciste.it) online da domani, dove saranno consultabili tanti materiali delle oltre 5mila stragi avvenute in tutto il Paese. Il professore Paolo Pezzino, direttore scientifico del progetto, spiega: “Il censimento, fatto con fondi tedeschi, riguarda tutti gli episodi di violenza contro civili inermi, partigiani, antifascisti, renitenti e disertori che si sono conclusi con la morte della vittima. Abbiamo censito sia le uccisioni individuali che le grandi stragi come Marzabotto o Sant’Anna di Stazzema. E’ un lavoro che ha visto sul territorio circa 120 ricercatori impegnati per 2 anni ed è confluito in una banca dati, un sito internet da domani disponibile per tutti. Per la prima volta in Italia abbiamo un quadro nazionale della politica di violenza e terrore nei confronti della popolazione civile e dei partigiani”.

L’Atlante è stato presentato oggi alla Farnesina ed è promosso dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) e dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (Insmli). Per il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia si tratta di “un passo avanti per la memoria comune, un punto di approdo utile non solo per ricercatori ed esperti ma per il pensiero comune dei due Paesi, Italia e Germania, per superare alcune contraddizioni ancora vive e costruire una memoria comune”. Claudio Silingardi, direttore generale Insmli, plaude a un’impresa “collettiva molto importante, un passaggio fondamentale per creare un vero e proprio memoriale delle vittime civili della seconda guerra mondiale e incentivare un rapporto con la scuola, un investimento per il futuro”. Il direttore generale del ministero degli Esteri Giuseppe Buccino Grimaldi parla dell’Atlante come di “un dovere morale, un importante progetto della memoria per sottrarre all’oblio il nostro doloroso passato”e mettere “a disposizione di tutti uno spazio virtuale di confronto con il passato”.


Il progetto è stato finanziato dal governo tedesco. Per l’ambasciatrice di Germania in Italia Susanne Wasum-Rainer la nasciata dell’Atlante è il traguardo di “un cammino lungo e difficile” che deve servire a “creare una comune cultura della memoria” e ad “assicurare alle vittime una degna memoria”. Poi, precisa: “La Germania si è assunta la responsabilità storica dei terribili eventi accaduti per mano tedesca e noi ci inchiniamo dinanzi alle vittime causate da quella politica tedesca, tuttavia noi crediamo che oggi la questione delle riparazioni non si ponga più. Abbiamo messo tantissimi fondi a disposizione e vogliamo continuare a farlo per dare un segnale di riparazione per le persone che hanno dovuto subire così tante sofferenze. L’abbiamo fatto e vogliamo continuare a farlo per ogni vittima che finora non ha avuto la possibilità di ricevere una riparazione, però chiediamo che la questione vera e propria delle riparazioni oggi non si ponga più”. Pezzino spiega ancora: “Abbiamo censito 5.400 episodi circa e 23mila vittime, ma i numeri saranno continuamente in aggiornamento: è un work in progress, ci aspettiamo notizie di integrazioni, segnalazioni, anche eventuali errori per affinare sempre più la ricerca”. A cosa serve oggi un sito internet come l’Atlante? “Non solo a ricostruire il momento storico importante dell’occupazione tedesca e della Repubblica sociale italiana, ma anche a sostenere le politiche della memoria che sempre più spesso su questi temi si diffondono e che ora avranno una solida base di conoscenza per potersi sviluppare”.

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