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Le notti e le stagioni, la scuola e Bob Dylan: Francesco Guccini si racconta VIDEO

Francesco Guccini ha aperto all'agenzia DIRE le porte della sua casa di Pavana. Ecco cosa ne è venuto fuori

Pubblicato:06-03-2017 14:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:59

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ROMA – L’addio ‘pubblico’ alla musica, i ricordi di quelle notti “piene di entusiasmo in cui se non era mezzanotte e mezza non si usciva”. E poi ancora il percussionista di ‘Stanze di vita quotidiana’, il maestro elementare protetto dal Wwf. E tanto altro. Francesco Guccini ha aperto all’agenzia DIRE le porte della sua casa di Pavana, tranquilla località in provincia di Pistoia, lontano da quella confusione che non ama. Ecco cosa ne è venuto fuori.


“LE MIE NOTTI, TRA ENTUSIASMO E PARTITE A CARTE”

Il ricordo delle notti, la passione per le stagioni. Ha raccontato anche questo Francesco Guccini nella lunga intervista nella sua casa di Pavana, in provincia di Pistoia, dove ha scelto di vivere dal 2001. Proprio la notte e le stagioni sono alcuni dei temi che il ‘maestrone’ ha toccato nella sua lunga discografia.


Il tempo e le stagioni? È lunga da dire. Mi hanno sempre colpito e interessato. Vivendo qui si sentono molto di più le stagioni come non si sentivano una volta”.

Pensando al suo tempo e alle sue stagioni “vanno da una giovinezza che c’era, ho cominciato quasi per caso ventenne. Poi ho cominciato maniera professionale- ricorda- L’età giovanile era piena di entusiasmo e cose da fare. Ora ho altri interessi e altre cose”. Sulle notti, invece, Guccini dice che “sono cambiate moltissimo. Quand’ero giovane raramente andavo a letto presto. Approfittando del mestiere che ho fatto, poi, la mattina dormivo a lungo. Quando abbiamo aperto l’osteria delle Dame con gli amici ci mettevamo con le chitarre a suonare e giocare a carte”. C’era poi una trattoria vicino la sua casa, nella famosa via Paolo Fabbri, “e ci vedevamo con la compagnia a giocare a carte. Sono stato un grande giocatore di carte, italiane: a briscola, tresette, scopone scientifico e un gioco bolognese, tarocchino bolognese, con un mazzo speciale. Giocavamo fino a tardi, fino alle 2-3 di notte. Ma non ci siamo mai giocati neanche un caffè, era solo per piacere di farlo. Adesso alle 23.30-24 ora vado a letto. Quando ero a Bologna dicevo che alle 24.30 era presto per uscire- sorride- La notte è cambiata molto”.


“NON HO PIÙ NIENTE DA DIRE, NO RIMPIANTI PER ADDIO”

Non ho nessun rimpianto. Ho capito che quando uno forse non ha più niente da dire con le canzoni è ora di smettere senza arrampicarsi sugli specchi, senza tentare strade diverse…”. Francesco Guccini non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro: ‘L’ultima Thule’ del 2012 resta l’ultima canzone che il maestrone di Pavana ha inciso, il presente e il futuro si chiamano libri e letteratura. “Agli inizi facevo un disco ogni due anni, ogni anno e mezzo. Tra il penultimo e l’ultimo sono invece passati cinque anni, vuol dire che le canzoni non uscivano più con quella freschezza, con quella semplicità degli inizi. Ho sempre pensato che, prima delle canzoni, da grande avrei fatto lo scrittore. Ora lo faccio a tempo pieno. È la mia vocazione antichissima quella di scrivere, continua e scrivo ancora“.


“IL MAESTRO ELEMENTARE È PROTETTO DAL WWF”

Gli studenti universitari “fanno degli errori clamorosi”, per questo bisogna intervenire “già dalle elementari”. Il cantautore e scrittore si occupa, tra l’altro, di lessicologia e etimologia e – fino alla metà degli anni Ottanta – ha insegnato lingua italiana al Dickinson College a Bologna, scuola off-campus dell’Università della Pennsylvania. Guccini parte dall’analisi del primo ciclo “che non sono più le elementari di una volta, quando il sistema forse era troppo feroce e classista”.

Il cantautore modenese ricorda un episodio legato ad un diario di una zia, la sorella di sua mamma, “che lo tenne per tutta la vita, dove raccontava la storia della famiglia”. Ricorda, Guccini, la parte scritta quando la zia frequentava le elementari e aveva “una proprietà di linguaggio, nessun errore di sintassi, nessun errore di ortografia. C’era un senso”. Questo per dire che “le elementari di una volta insegnavano a leggere e scrivere bene”. Considerando che “è sparita anche la calligrafia, dalle elementari si usciva sapendo scrivere, senza errori”. Anche le scuole medie non sono più quelle di una volta: “Per andarci serviva l’esame di ammissione- spiega- Bisognava sapere l’analisi logica molto bene”.

Ora le medie sono obbligatorie “la maggior parte le fa e si parcheggia lì. È un bene, ma manca la base. Si commettono errori di grammatica ridicoli, grossolani”. Ed è così che “arrivano alle università e fanno errori clamorosi, mi dicono amici che insegnano all’università, impensabili per studenti universitari. È tutta la filiera che è un po’ sbagliata, in debito”. E Guccini vede anche un problema specifico nel mondo dell’istruzione: “Il maestro elementare ormai è protetto dal Wwf, non ne esistono più, sono come i panda. Lo stipendio è piccolo, non c’è prestigio sociale: una volta c’era il farmacista, il maresciallo dei carabinieri, il medico condotto e il maestro, erano personaggi all’interno della società con notevolissima importanza. Oggi, ci sono solo maestre, che hanno un secondo lavoro. Fanno un po’ le mamme. Prima erano feroci. Ricordo miei compagni alle elementari che sanguinavano per le bacchettate in testa. Se succede ora, diventa un caso da prima pagina. Erano severissime, oggi sono troppo buone”. Differenze anche all’università: “Gli esami che facevo io erano pile di volumi, oggi riducono per non far faticare. Tempo fa leggevo chi diceva che i ragazzi non stanno attenti perché si annoiano. Ma come si annoiano?! È fatica studiare, uno non va in vacanza. Quando poi vanno fuori, capiscono che la vita è dura”.


“CHIACCHIERE DA BAR SUI SOCIAL, PERICOLOSISSIMO”

Quasi come fosse un nonno preoccupato per i rischi che può correre un nipote: “Bene il web, ma attenzione alle chiacchiere da bar finite sui social. È pericolosissimo”.

“Il mondo va avanti online, io no- racconta con un sorriso- Per me è solo ‘on e off’ e lì mi fermo. Con internet ci lavoro, guardo dei siti per scrivere, ma non ho i social”. Guccini ha poi continuato, a proposito di quelle “che erano le chiacchiere da bar sport, quando si discuteva di massimi sistemi, magari dopo un bicchiere di vino o un cognac e gli animi si surriscaldavano e saltavano fuori teorie strampalate. Oggi, nel silenzio di casa, queste teorie si possono trasmettere su Facebook, scambiarsi opinioni con amici di Facebook e capitano cose incredibili, teorie sballate, complotti misteriosi. È pericolosissimo. Questa facoltà di intervenire e trasformando da bar sport a opinione pubblica non è una cosa positiva. È un aspetto negativo della questione. Il computer va bene, il web va bene perbacco, accidenti. Ma l’aspetto del pettegolezzo è negativo”.


“BENE IL NOBEL A DYLAN”

La canzone è un genere letterario, bene il premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan “che sarei andato a ritirare”, spiega Guccini, ammettendo di aver provato anche un pizzico di invidia.

“Non conosco tutta la sua produzione, ricordo le sue belle canzoni, le prime, poi l’ho perso di vista. Ha cambiato il corso della storia della canzone. Se questo abbia meritato un Nobel non so, ma probabilmente sì. Era ora che la canzone fosse accolta nel paradiso dei grandi autori”. Sul comportamento di Dylan “è stato strano, alla notizia che aveva vinto il Nobel confesso di aver provato un po’ di invidia e io sarei andato a prenderlo…– sorride- È un divo americano, vive in uno strano mondo, oppressivo, pieno di problemi, molti hanno fatto una fine tragica”. Per questo “sono sempre stato al di fuori anche del mondo italiano, sono sempre stato marginale al divismo italiano, quindi a maggior ragione non avrei sopportato il sistema americano”. L’atteggiamento di Dylan “è forse questo suo carattere…. Mi dicono che nei concerti ci vogliono 5 minuti per capire le sue canzoni perché cambia continuamente arrangiamento. Ha un atteggiamento particolare”.



‘STANZE DI VITA QUOTIDIANA’ , UN “DISCO SOFFERTO”

La semplicità con cui racconta ‘Stanze di vita quotidiana’ o la canzone ‘biblica’ ‘Shomer ma mi llailah’ fanno capire come e quanto Francesco Guccini sia stato molto legato al suo essere stato cantautore, uno dei più importanti e influenti del panorama italiano, va aggiunto. Anche se ormai da tempo ha scelto di ritirarsi, l’artista modenese ricorda sempre con piacere e con il sorriso sulle labbra momenti importanti della sua carriera, anche momenti quello legato a ‘Stanze di vita quotidiana’ che lo hanno spinto a cambiare il suo arrangiatore per divergenze. “Stanze di vita quotidiana non è che non lo rifarei”, precisa, ricordando “le divergenze con l’arrangiatore, è cominciato dal terzo disco. Era quello che aveva creato L’Equipe 84. Era un amico di Modena, lo avevo chiamato per il terzo disco, ‘L’isola non trovata’. Gia ‘Radici’, che era andato bene, ascoltandolo adesso trovo cose pesanti”. Tornando all’arrangiatore, con cui il sodalizio fu poi interrotto, “con Stanze ha cominciato ad avere curiose idee. Aveva chiamato un percussionista brasiliano, soprannominato Mandrake e che mi hanno detto essere il cugino di Pelè“. Ancora oggi Guccini ricorda che “c’erano queste percussioni che per me non c’entravano con le mie canzoni”. Il percussionista era “un personaggio curioso, che parlava questo italiano”. Il disco che venne fuori “fu molto confuso. Fu un disco sofferto da parte mia, anche se per alcuni è il disco preferito“. Shomèr ma mi llailah è invece una citazione biblica, è un testo “di Isaia, in cui si chiede a una sentinella ‘Che resta della notte?’“. Qui Guccini fa riferimento alla “condizione dell’uomo che è quella di domandarsi, chiedersi, interrogarsi anche se risposta forse non c’è. Quindi leggere interessarsi, studiare, occhi aperti sul mondo”.

di Adriano Gasperetti, giornalista professionista

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