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Unicef: “La pandemia ha aumentato i rischi di mutilazioni genitali femminili”

Il 6 febbraio è la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. La condanna del Papa: "Pratica che umilia la dignità della donna"

Pubblicato:06-02-2022 17:14
Ultimo aggiornamento:06-02-2022 17:14
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violenza donna
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ROMA – Proclamata dalle Nazioni Unite nel 2003, il 6 febbraio ricorre la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf), una pratica violenta ed illegale che compromette fortemente la salute psichica e fisica di chi la subisce. Si stima che nel mondo siano circa 200 milioni le donne e le bambine che hanno subito e convivono con una mutilazione genitale. Entro il 2030, se non si attueranno strategie di contrasto e di educazione, si prevede che saranno 68 milioni le donne e le bambine a rischio. Ogni anno nel mondo sono 3 milioni le bambine a rischio, e la società civile non può stare a guardare: il 20 dicembre 2012 l’Assemblea generale dell’Onu ha infatti approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. Queste sono vietate praticamente in tutto il mondo, Italia compresa.

UNICEF: “LA PANDEMIA AUMENTA I RISCHI PER LE RAGAZZE”

Secondo l’Unicef, milioni di ragazze sono esposte a maggiori rischi di mutilazioni genitali a causa della pandemia da Covid-19. La chiusura delle scuole, i lockdown e l’interruzione dei servizi di protezione delle ragazze da questa pratica dannosa si traducono in ulteriori 2 milioni di casi che potrebbero verificarsi nei prossimi dieci anni.

I PAESI IN CUI LA PRATICA È PIÙ DIFFUSA

L’Unicef osserva: “In alcuni Paesi le mutilazioni genitali femminili sono ancora quasi universali, con circa il 90% delle ragazze in Gibuti, Guinea, Mali e Somalia colpite. In circa la metà dei Paesi, le mutilazioni genitali femminili sono eseguite in età sempre più giovane, riducendo le possibilità di intervenire. Per esempio, in Kenya, l’età media in cui ci si sottopone alla pratica è scesa da 12 a 9 anni negli ultimi tre decenni”.


LA CONDANNA DEL PAPA

“Sono circa tre milioni le ragazze che ogni anno subiscono tale intervento spesso in condizioni molto pericolose per la loro salute. Questa pratica, purtroppo diffusa in diverse regioni del mondo, umilia la dignità della donna e attenta gravemente alla sua integrità fisica“. Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus in Piazza San Pietro.

AMSI: “NON POSSIAMO ABBANDONARE QUESTE BAMBINE”

“È già noto che la mutilazione genitale femminile è una pratica arcaica che non aiuta la società, anzi, alimenta sempre di più alle disuguaglianze di genere. È veramente preoccupante vedere i dati segnalati dalle organizzazioni non governative, dalle autorità governative come ad esempio Unione europea, e dalle associazioni di origine straniera. Non si può abbandonare queste bambine che subiscono gratuitamente una procedura dolorosissima ed è molta pericolosa. Perché bisogna mettere a rischio una bambina, per cosa? Per rispettare la tradizione? Questo fenomeno va avanti da anni ma nessuno è ancora riuscito a fermarlo, ma dove sono i potenti del mondo?”. Così denuncia Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici di origine straniera (Amsi) e membro della Commissione Salute Globale Fnomceo insieme a Abukar Aweis, infermiere italo-somalo del coordinamento Amsi e Umem (Unione medica euro mediterranea) in Toscana.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

“In Italia – spiega una nota – su circa 80.000 ragazze tra 0 e 20 anni provenienti da Paesi che praticano le mutilazioni circa il 35% sono a rischio secondo le stime dell’Amsi e di Co-mai (Comunità del mondo arabo in Italia). È ora di creare una rete tra le comunità straniere, Amsi insieme al Movimento internazionale Uniti per Unire e la politica per rafforzare la lotta alla mutilazione genitale femminile facendo una campagna di sensibilizzazione e di comunicazione ad hoc verso tutte le nazioni. Solo così riusciamo a combattere questa pratica che lede i diritti umani”.

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