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Marocco, il piccolo Rayan non ce l’ha fatta nonostante l’estrazione dal pozzo

Il bimbo di 5 anni, intrappolato in un pozzo per cinque giorni, è stato estratto dai soccorritori ma una nota del Regno ha confermato la sua morte. Che all'Italia ricorda quella di Alfredino Rampi

Pubblicato:06-02-2022 12:45
Ultimo aggiornamento:06-02-2022 13:03
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rayan bimbo marocco
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(Immagine dal profilo Twitter di 2MInteractive)

ROMA – Il piccolo Rayan non ce l’ha fatta. La notizia del decesso del bambino, intrappolato in un pozzo per cinque giorni nel nord del Marocco, è stata comunicata attraverso una nota ufficiale del Regno pochi minuti dopo che i soccorritori erano riusciti a estrarlo dal cunicolo nel quale era bloccato. La nota è stata rilanciata dai principali mezzi d’informazione di Rabat. Il bambino, di cinque anni, era rimasto bloccato a oltre 30 metri di profondità. I soccorritori erano riusciti a raggiungerlo questa sera scavando un tunnel orizzontale, mentre all’esterno centinaia di persone attendevano pregando.

RAYAN COME ALFREDINO RAMPI

Una tragedia che all’Italia non può che ricordare quella di Alfredino Rampi, morto nel giugno 1981 nell’incidente di Vermicino: il piccolo, sei anni ancora da compiere, è rimasto più di due giorni a 60 metri di profondità dentro un pozzo mentre tutto il Paese seguiva in diretta tv con il fiato sospeso i tentativi di salvarlo.


IL PAPA: “GRAZIE A CHI HA FATTO DI TUTTO PER SALVARLO”

“Noi siamo abituati a leggere sui media tante cose brutte, incidenti, assassinii, ma io vorrei oggi menzionare due cose belle. Una è successa nel Marocco: come tutto un popolo si è aggrappato per salvare Rayan. Ce l’hanno messa tutta, purtroppo non ce l’hanno fatta. Ma oggi leggevo sul Messaggero e vedevo quelle fotografie di un popolo che aspetta di salvare un bambino. Grazie a questo popolo per quella testimonianza”. Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus in piazza San Pietro.

LA SPERANZA SVANITA DELLA COMUNITÀ MAROCCHINA IN ITALIA

La comunità marocchina in Italia aveva seguito “in apnea” i lavori per il salvataggio di Rayan, il bimbo di cinque anni morto dopo essere rimasto intrappolato nel fondo di un pozzo profondo 32 metri situato in una località nella provincia settentrionale di Chefchauen. Con l’agenzia Dire ne aveva parlato Abderrahamane Amajou, mediatore interculturale di origini marocchine e presidente del Coordinamento delle Diaspore per la cooperazione internazionale (Codiasco).

Residente da diversi anni a Bra, in provincia di Torino, Amajou aveva seguito con apprensione la vicenda ed era informato anche sugli ultimi sviluppi. “La comunità marocchina ha appreso dell’incidente praticamente in tempo reale“, aveva confermato. “Da quello che so siamo arrivati nella fase più difficile e al contempo di svolta: mancano pochi metri per arrivare al bimbo e un’equipe di esperti si sta per calare giù”. Un recupero che alla fine non è servito a salvare la vita di Rayan.

L’esponente della diaspora marocchina si era detto “fiducioso” che il bimbo potesse essere salvato e aveva evidenziato che “è stato fatto di tutto per sostenerlo e non fargli perdere i sensi”. Ma il tempo era poco. Tanto poco, aveva proseguito, “che abbiamo dovuto rinunciare alla mobilitazione a cui avevamo pensato all’inizio come comunità: coinvolgere le autorità piemontesi e la Protezione civile italiana per sostenere quella marocchina con i suo mezzi all’avanguardia e con la sua grande esperienza. Non c’è stato modo, le cose cambiano di ora in ora”.

All’origine della nascita della Protezione civile italiana c’è anche la storia di Alfredino Rampi, che somiglia e molto alla vicenda di Rayan. Nel 1981 il bimbo, a cui mancavano pochi giorni per compiere sei anni, rimase intrappolato in un pozzo nella località di Vermicino, poco fuori Roma. Alfredino perse la vita dopo 60 ore di soccorsi e una mobilitazione mediatica con pochi precedenti nella storia del Paese, con anche una visita sul posto dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Come riconosciuto da giornalisti, osservatori e storici concordanti, fu anche la mancanza di preparazione ed equipaggiamenti dei soccorritori in quella occasione ad alimentare un dibattito che portò pochi anni dopo alla nascita del dipartimento della Protezione civile, ente istituito nel 1990 e incardinato nella presidenza del Consiglio dei ministri.

Amajou aveva ribadito che “le similitudini con la storia di Alfredino sono veramente molte”, a partire anche dal moto di commozione e solidarietà che “arriva da tutto il mondo” e ovviamente “dalla diaspora marocchina un po’ ovunque”. Molte espressioni di solidarietà sono arrivate attraverso i social network anche dall’Algeria, un Paese che ha interrotto mesi fa i rapporti diplomatici con Rabat al culmine di tensioni vecchie di decenni. Alla fine però si torna alla cittadina di Tamorot, comune rurale da 24mila abitanti 225 chilometri a nord-est della capitale Rabat. E qui che Rayan martedì, osservando il padre mentre riparava il pozzo, è scivolato dentro la struttura facendo sprofondare il Marocco nell’apprensione. “Tantissime persone sono lì sul posto 24 ore al giorno”, aveva detto Amajou. “Osservano i soccorsi col fiato sospeso”. Ma purtroppo la mobilitazione generale alla fine non è bastata a salvare il piccolo Rayan.

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