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Di Maio chiama alla mobilitazione, il reggente Crimi lo ridimensiona

L'editoriale di Nico Perrone per DireOggi

Pubblicato:06-02-2020 15:56
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:57

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ROMA – Pochi giorni, non ce l’ha fatta proprio a stare zitto e in disparte. Ieri in diretta Luigi di Maio, ex capo politico del M5S, ha tuonato e chiamato alla mobilitazione generale tutto il Movimento. Per protestare, il prossimo 15 febbraio, davanti al Senato contro “l’oscena restaurazione”, l’ha definita così, di chi vuol reintrodurre i vitalizi e riconsiderare il reddito di cittadinanza e la riforma della Giustizia, cavalli di battaglia dei 5 stelle. E lo ha fatto scavalcando il reggente, Vito Crimi.

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Una presa di posizione che ha mandato su tutte le furie il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e tutti i Dem. Non è possibile, ragionano a Montecitorio parlamentari democratici, «che il ministro degli Esteri chiami alla rivolta contro il Governo e la maggioranza di cui fa parte. Una vergogna, lo aspettiamo il 15 in piazza, appena appare se ne vedranno delle belle…».


Di più non dicono. Ma si capisce che, a quel punto, ci sarà una forte iniziativa politica nei confronti delle più alte cariche istituzionali. Infatti, sottolineano, «un ministro deve essere responsabile non capo fazioso».

Un ragionamento che deve essere arrivato nel M5S. Di qui il ridimensionamento della mobilitazione da parte del reggente Vito Crimi che, dopo 24 ore, in una nota ha spiegato che la protesta si svolgerà in Piazza San Silvestro (ad un chilometro dal Senato, ndr) e, notate la sottolineatura, «riguarderà solo i vitalizi».

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Per quanto riguarda il confronto dentro il Governo sulla prescrizione, stasera ci sarà il vertice con il Presidente del Consiglio. Slittato di 24 ore, per dar modo alle parti di trovare una via d’uscita onorevole per tutti. E se il vertice è stato convocato, significa che una soluzione c’è.

Sul fronte del centrodestra, invece, ritorna il problema delle prossime elezioni regionali, con la Lega tagliata fuori dal Sud. Infatti sia Fratelli d’Italia che Forza Italia non hanno nessuna intenzione di cedere sui loro presidenti, Fitto in Puglia e Acquaroli nelle Marche, Caldoro in Campania e Toti in Liguria. Alla Lega, al momento, resterebbe solo Zaia in Veneto e, dopo lo stop in Emilia-Romagna, la nuova probabile sconfitta in Toscana.

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