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Coronavirus, Giulia Lu: “Io, cinese in Italia, vittima per due volte”

La donna è membro della Chiesa di Dio onnipotente, un nuovo culto cristiano messo al bando nel 1995 da Pechino

Pubblicato:06-02-2020 14:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:57

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ROMA – “Agli italiani voglio dire: capisco la paura del virus, ma non escludete i cinesi residenti. Piuttosto, aiutateci a vivere bene in Italia e a non subire più persecuzioni in Cina”. Lo dice Giulia Lu, insegnante di 31 anni originaria della Cina, in Italia dal 2016, contattata dalla Dire in seguito agli episodi di intolleranza subiti dai cinesi in Italia dopo l’inizio dell’epidemia di Coronavirus a Wuhan.

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La donna è membro della Chiesa di Dio onnipotente, un nuovo culto cristiano che sin dalla sua istituzione – nel 1991 – è sempre stato perseguito da Pechino, che infatti lo ha messo al bando nel 1995. Oggi i suoi 4 milioni di adepti denunciano persecuzioni e Giulia Lu è dovuta fuggire subito dopo l’arresto della sorella, accusata di proselitismo.


Lei, come gli altri 800 cinesi rifugiati nel nostro Paese poiché fedeli a questa Chiesa, racconta, in un’intervista con l’agenzia Dire: “Da quando sono in Italia non ho più potuto contattare la mia famiglia. Come i miei confratelli, non abbiamo modo di sapere se i nostri cari stanno bene dopo l’epidemia di Coronavirus, perché il governo controlla le comunicazioni, sia quelle telefoniche che via internet”. Ricorrere a Whatsapp, Telegram o Facebook è “impensabile. Non funzionano”.

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E ora, neanche in Italia queste persone riescono a trovare pace: “In questi giorni nei ristoranti cinesi non ci sono tanti clienti italiani e per questo molti miei amici non stanno lavorando”.

L’insegnante ricorda che oltre alla Cina, “molti Paesi come la Corea hanno adottato delle misure per controllare la diffusione dell’epidemia. Noi cinesi residenti viviamo in Italia, quindi non possiamo essere contagiati, inoltre non ci sono cinesi in arrivo perché i voli dalla Cina sono stati bloccati”.

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Quindi Giulia Lu lancia un appello: “Non bisogna avere paura di questo virus. Dobbiamo prendere le necessarie misure di protezione, ma non escludere la comunità cinese. Noi della Chiesa di Dio onnipotente vogliamo aiutare il prossimo. Penso anche ai miei confratelli rimasti in Cina, ma anche agli abitanti del Tibet e di Hong Kong, ai cristiani e agli altri gruppi religiosi, che subiscono ulteriori discriminazioni da parte di Pechino. Bisogna informarsi e fare pressioni affinché le autorità smettano di perseguitare le persone“.

Infine, un cenno alla situazione della comunità della Chiesa di Dio onnipotente in Italia: “Attualmente, più di 800 confratelli hanno fatto la richiesta di protezione internazionale in Italia, ma solo il 19% delle domande sono state approvate. Quindi la maggior parte delle domande sono state respinte. Io e più di 90 persone abbiamo già fatto appello al Corte di cassazione. Nel frattempo – denuncia ancora Giulia Lu – non abbiamo alcun modo per aggiornare il permesso di soggiorno, affrontando il rischio di essere rimpatriati in qualsiasi momento. Ma noi vorremmo finalmente ricostruirci una vita”.

L’ultimo rapporto diffuso dai responsabili della Chiesa di Dio onnipotente parlano di 32.815 persone che solo nel 2019 in Cina hanno subito violazioni da parte delle autorità cinesi per aver professato la propria religione. Tra loro, 6.132 sono state arrestate, 3.824 hanno raccontato di aver subito torture, mentre almeno 19 persone sono state torturate a morte. Altre 64 persone hanno subito condanne al carcere, anche superiori ai 7 anni. Si denunciano infine censure e occultamento di notizie da parte del governo di Pechino.

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