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Mutilazioni genitali femminili, da Aidos una mini-guida per una narrazione rispettosa

Lanciata oggi in campagna europea End FGM con raccomandazioni e buone pratiche

Pubblicato:06-02-2020 11:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:57

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ROMA – Per una narrazione delle Mutilazioni genitali femminili (Mgf) rispettosa e non stigmatizzante l’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), in occasione della giornata internazionale contro le Mgf, lancia oggi una breve guida pratica per fornire uno strumento agile, breve e completo su come parlare di questo tema in modo sensibile. Rivolto ad esperte ed esperti e a chi ancora non conosce il fenomeno, ‘Come parlare di mutilazioni genitali femminili‘ è realizzata all’interno della Campagna 2020 del network europeo End FGM ‘Smontiamo miti e pregiudizi sulle Mgf’, portata avanti in Italia da Aidos, tra le ong fondatrici del rete.

AIDOS: “QUANDO SI PARLA DELLE MGF E’ IMPORTANTE ESSERE CONSAPEVOLI DEL LINGUAGGIO USATO”

“L’utilizzo di un linguaggio poco preciso, stigmatizzante o addirittura razzista quando si parla di Mgf può diffondere idee sbagliate e persino nuocere alle donne, alle ragazze e alle comunità direttamente coinvolte- si legge in una nota di Aidos- Le Mutilazioni genitali femminili sono riconosciute a livello internazionale come una violazione dei diritti umani, una delle tante manifestazioni, diffuse nel mondo, della disparità nelle relazioni di genere e una forma di violenza contro le donne e le ragazze a cui la rete End FGM European Network cerca urgentemente di porre fine. Le Mgf possono essere un argomento difficile. È, quindi, essenziale, quando discutiamo, scriviamo o raccontiamo della pratica, essere consapevoli delle parole che usiamo, per parlarne con rispetto e attenzione”.

LA GUIDA

La guida è strutturata su una serie di raccomandazioni per l’utilizzo di un linguaggio che abbia un impatto positivo per il movimento globale che vuole porre fine alle Mgf, corredate da esempi di parole e frasi che, invece, possono essere controproducenti o problematiche per l’attivismo e per le comunità colpite. Tra le cose da non fare la miniguida suggerisce di: non romanzare o riscrivere la storia di una sopravvissuta e non dipingerla come una vittima; non concentrarsi solo sulla procedura fisica nè rappresentare le Mgf con un senso di alterità culturale, che rafforza stereotipi e incomprensioni. Sì al racconto di storie positive per promuovere l’abbandono delle Mgf e mostrare che il cambiamento è possibile, così come è buona pratica parlare delle donne e delle ragazze che hanno subito mutiliazioni genitali come sopravvissute, non come vittime, riconoscendone la resilienza e la forza. E ancora è bene utilizzare le stesse parole scelte dalle sopravvissute alle Mgf quando ne parlano, senza riformulare ciò che dicono, e parlare di ‘comunità colpite’ anziché di ‘comunità praticanti’, poiché questa espressione include anche coloro che desiderano abbandonare la pratica. Non solo. La guida suggerisce anche come parlare ad una donna colpita da Mgf e ai membri delle loro comunità (ad esempio: credere alle sopravvissute e trattare le comunità con rispetto, creare un ambiente positivo e sicuro, lasciare che le sopravvissute raccontino chi sono e cosa fanno oggi) e sfata i luoghi comuni. Le Mgf, infatti, non sono una questione africana, in tutto il mondo le hanno subite 200 milioni le donne; non sono prescrizioni dell’Islam o di altre religioni, né vengono praticate solo da persone scarsamente istruite o socialmente svantaggiate. Non esistono forme di Mgf meno gravi, tutte sono dannose e rappresentano una violenza dei diritti delle donne e una forma di violenza di genere. La guida completa è scaricabile sul sito di Aidos a questo link 


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