
ROMA – Ragazzi che “vogliono comandare”, genitori sempre meno educatori e sempre più complici, docenti accondiscendenti. È questo il clima in cui sarebbe maturata l’aggressione subita dalla professoressa di Santa Maria a Vico, nel casertano, sfregiata in classe da un alunno 17enne lo scorso 1 febbraio, secondo un campione di romani intervistato dagli studenti del liceo statale ‘Democrito’ di Roma impegnati nel programma di alternanza scuola-lavoro nella redazione del portale diregiovani.it.
Un caso “preoccupante” che ha messo in crisi l’intera comunità scolastica e ha interrogato il Paese su un rapporto, quello docente-studente, che per alcuni “è cambiato in peggio”, e in cui i ruoli “sembrano essersi ribaltati”.
“Un insegnante che va a scuola e può avere paura degli studenti è una follia, qualche anno fa questo fenomeno era molto meno sviluppato”, dichiara un intervistato, mentre c’è chi crede che ci vorrebbe “più rispetto” da parte dei giovani. Rafforzare e responsabilizzare le famiglie a rispettare, aiutare, collaborare e apprezzare il lavoro degli insegnanti e fare in modo che gli insegnanti non assumano atteggiamenti di autosufficienza. Sono queste alcune delle soluzioni, che, secondo il campione intervistato, potrebbe evitare in futuro episodi simili a quelli accaduti alla professoressa Franca Di Blasio, che ha incontrato ieri la ministra dell’Istruzione Fedeli.
Ma perchè spesso i giovani esprimono emozioni e sentimenti in maniera tanto estrema? “Cellulare, internet, televisione“, oltre a “clima d’odio” e “senso di insoddisfazione” sono alcuni degli imputati, mentre i genitori vengono chiamati in causa “perchè cercano di dare tutto ai ragazzi e i ragazzi pensano di avere diritto a tutto”.
C’è chi sostiene però che tra i giovani “non esista un clima distruttivo” e che questi episodi siano da attribuire a “frange” che soffrono “disagi familiari o urbani“, fragilità “da sostenere con un investimento maggiore sull’assistenza sociale”. E rispetto alla proposta di un maggior controllo gli intervistati si dividono: c’è chi lo ritiene necessario per garantire la sicurezza di studenti e docenti e chi, invece, crede che “i controlli vadano fatti a casa” e che i professori dovrebbero impegnarsi di più a cogliere “i problemi dei ragazzi”.

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