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Il Piano B dell’economia globale

Lo spettro dell'inflazione diventa sempre più ingombrante, ma a essa è strettamente legato il valore del Bitcoin. Che è sempre più un bene rifugio come l'oro

Pubblicato:05-12-2021 14:39
Ultimo aggiornamento:05-12-2021 15:09
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Di Giovanni Perrone e Simone Stellato

ROMA – Negli Stati Uniti i prezzi al consumo (CPI) sono saliti su base annua del 6,2%. Con un aumento dello 0,9% nel solo mese di ottobre, una crescita che non veniva registrata dal 1990. Lo spettro dell’inflazione diventa sempre più ingombrante sugli Stati Uniti e non solo. Sappiamo bene che se sostenuta e protratta nel tempo, l’inflazione erode il potere d’acquisto dei salari poiché questi si adeguano solo gradualmente e non in automatico all’aumento generale dei prezzi. Subito dopo l’annuncio dei dati sull’inflazione statunitense questo scenario a prima vista catastrofico ha generato un rialzo del prezzo di Bitcoin del 4,7% in poche ore. Perché esiste questa stretta correlazione tra l’inflazione e il valore di Bitcoin?

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Visti i dati americani sull’inflazione, ma soprattutto considerando la perdita di potere d’acquisto dei cittadini dei Paesi più poveri, la narrazione della cosiddetta “inflazione transitoria” sta divenendo sempre più un’assurdità. Anche Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, ha recentemente ammesso che quello dell’inflazione transitoria è un concetto che va ridefinito alla luce dei nuovi dati americani e della pandemia. Questo quadro si chiarisce soprattutto se pensiamo che in altri Paesi l’inflazione viaggia a ritmi inimmaginabili: in Venezuela non è raro vedere persone che per fare la spesa devono trascinarsi dietro pacchi di banconote. Recentemente sono usciti anche i dati della Turchia, preoccupanti, registrando per la lira turca a novembre un’inflazione su base annua del 21,3%. I più attenti noteranno questo fenomeno anche in Italia, dove vediamo un aumento consistente dei prezzi.

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Tutti sappiamo che lo strumento principale presente sui mercati finanziari per proteggersi dall’inflazione – l’unica vera e propria riserva di valore riconosciuta globalmente – è sempre stato l’oro. Dopo la fine degli accordi di Bretton Woods nel 1971, il presidente americano Nixon slega le sorti di dollaro e oro, resi indipendenti uno dall’altro. Da quel momento in poi la banca centrale di riferimento – la Fed nel caso statunitense, la Bce nel caso europeo – potrà emettere, e dunque stampare, nuova moneta a prescindere dal suo controvalore aureo, mentre l’oro diventerà il bene rifugio per eccellenza contro la svalutazione monetaria. In questo contesto s’inserisce Bitcoin, nato nel 2008 come valuta digitale alternativa per i pagamenti, ritagliandosi però negli ultimi anni, proprio come l’oro, il ruolo di riserva di valore per proteggersi dall’inflazione.

Dal 1971 in poi, il potere d’acquisto di un dollaro si è completamente disintegrato a causa dell’inflazione.
Fonte: CPI Inflation Calculator

I confronti tra oro e Bitcoin si sono fatti col tempo sempre più frequenti ed accesi, poiché Bitcoin condivide con l’oro almeno un paio di caratteristiche fondamentali. Entrambi sono asset scarsi ed inalterabili – il primo fisicamente, il secondo digitalmente – ed entrambi nei periodi di timori inflazionistici tendono dunque ad acquisire valore. È vero che nessuna riserva di valore degna di questo nome può ammettere pesanti oscillazioni di prezzo come per Bitcoin, ma d’altro lato è vero anche che, rispetto all’oro, Bitcoin è scarsità programmata. Non ci saranno mai più di 21 milioni di Bitcoin e di anno in anno, di blocco in blocco, ne verranno prodotti sempre meno fino a quando, all’estrazione dell’ultimo Bitcoin, non sarà più possibile “minarne” ancora sul mercato.

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Sembra proprio che l’idea di replicare le caratteristiche dell’oro nel mondo digitale non sia casuale, ma un fattore voluto dai suoi inventori. Oltretutto per spostare un miliardo di dollari in Bitcoin bastano una connessione Internet, pochi click e qualche dollaro di commissione, mentre per spostare lo stesso valore in oro… beh, non sarà certo la stessa cosa. Al contrario dell’oro, Bitcoin è divisibile e, anche se in questo momento si stanno cercando nuovi modi per velocizzare le transazioni sulla rete, nasce come metodo alternativo per i pagamenti. Infine, non si può certo non notare come anche guardato dal solo lato speculativo e d’investimento Bitcoin sia stato in soli tredici anni di esistenza uno degli asset più performanti della storia della finanza. Bisogna anche ricordare che l’oro ha una capitalizzazione di mercato circa dieci volte maggiore di quella di Bitcoin, il che consente a quest’ultimo ampio margine di crescita nei prossimi anni.

Valore attuale dello stimolo da 1.200$ (se scambiato in BTC) percepito il 15 aprile 2020 dalle famiglie americane.
Fonte: Bitcoin Stimulus

In un futuro che ci vedrà sempre più dipendenti da Internet, servono mezzi più pratici e accessibili a tutti, e il crescente interesse da parte dei giovani per questa tecnologia e il suo intero settore fa capire che questa è la giusta direzione. Per questo non è più una fantasia pensare a Bitcoin come erede o più semplicemente alternativa al vecchio sistema incentrato sull’oro.

FONTI:

https://www.bls.gov/cpi/

https://www.in2013dollars.com/us/inflation/1971?amount=1

https://www.bitcoinstimulus.net/

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