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Video |In Russia memoria e verità sono impegni da Nobel per costruire la pace

Dibattito all'agenzia Dire per la proiezione di "Zachistka Pamjati", video-reportage sull'ong Memorial

Pubblicato:05-11-2022 13:30
Ultimo aggiornamento:07-11-2022 14:48

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ROMA – Ricordare è giusto, è un dovere ed è anche l’unico modo per costruire il futuro. E poi è un impegno, oggi più che mai, in tempi di guerra, che accomuna attivisti per i diritti umani, storici e giornalisti. Perché di mezzo c’è la verità. Se n’è parlato nella redazione dell’agenzia Dire durante un incontro dedicato a Memorial, ong russa premio Nobel per la pace 2022.

IL VIDEO-REPORTAGE “PROCESSO ALLA MEMORIA”

La sua storia la racconta ‘Zachistka pamyati‘, ‘Processo alla memoria’, video-reportage di Konstantin Goldenzweig, giornalista dell’emittente Tv Dozhd. Proiettato alla Dire, è lo spunto per un dibattito sulle politiche del presidente Vladimir Putin, con Memorial etichettata per legge in Russia come “agente straniero” per via di finanziamenti ricevuti dall’estero.

Quello dell’ong è anzitutto un lavoro di documentazione e ricostruzione storica, su arresti, scomparse e violazioni dei diritti umani in epoca staliniana. A proporre ora questo impegno come “base da mettere al centro della Russia del futuro” è Mikhail Velizhev, “visiting professor” presso l’Università di Roma La Sapienza. Moscovita, esperto di Storia moderna, già traduttore dell’accademico italiano Carlo Ginzburg, il docente parla dell'”operazione militare speciale” avviata da Mosca in Ucraina il 24 febbraio scorso come di “un nuovo trauma” dopo quello delle repressioni di Josif Stalin. Secondo Velizhev, “l’atteggiamento di molti russi nei confronti di quanto sta accadendo in questi mesi è dovuto al fatto che il lavoro di verità intrapreso rispetto al passato non è ancora concluso”.


LE ANIME RUSSE

Di un popolo che ha tante anime, sensibilità e pure capacità di resistere differenti dice Andrea Gullotta, presidente della sezione italiana di Memorial. La sua è una denuncia della guerra in Ucraina e però anche la sottolineatura che le responsabilità non sono tutte uguali e di tutti allo stesso modo. Perché ci sono – è un punto che ritorna – “cittadini russi che resistono, che non sono d’accordo e che continuano a impegnarsi per i diritti umani a Mosca o anche all’estero, rischiando spesso illegalità e precarietà”. È il caso anche di attivisti dell’ong premio Nobel, con una sede a Mosca prossima alla confisca dopo i provvedimenti giudiziari di fine 2021. Quello di Gullotta è un appello per i russi che, pure oggi una minoranza, potranno contribuire a scrivere una pagina differente della storia del loro Paese: “Ci sono persone che hanno solo visti turistici e che all’estero rischiano l’illegalità e vivono situazioni difficili; è
importante aiutarli, anche se è complicato”.

RESTITUIRE I NOMI, E LE STORIE

Secondo Nico Perrone, direttore della Dire e moderatore dell’incontro, memoria e verità sono un passaggio obbligato per ricostruire dopo la guerra. “Chi vuole mettere fuorilegge la possibilità del ricordo vuole riproporre ciò che è già successo in passato” la sua accusa. Ecco allora che “la prospettiva deve essere quella della verità, storica e giornalistica”. Ancora Perrone: “I numeri devono diventare storie e volti di persone, che solo in questo modo possono esserci restituite”. Serviranno nuove “vozvraschenie imen”, la lettura dei nomi delle vittime, ieri nell’arcipelago Gulag oggi nei campi di battaglia o nelle città sventrate dell’Ucraina. Nella redazione della Dire c’è anche Natalya Kudryk, giornalista originaria di Kiev, al lavoro per Radio Liberty. “In Russia”, denuncia, “è solo una piccola minoranza a opporsi al regime”. Risponde Velizhev, portando l’esperienza della sua università a Mosca, che ha lasciato pochi giorni dopo il 24 febbraio. “L’80 per cento degli insegnanti è contro la guerra e lo stesso vale per i miei studenti” sottolinea il professore. Le sue parole, nei giorni dei cortei per la pace di Roma e Milano, alludono a un altro futuro possibile.

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