NEWS:

Etiopia, le preoccupazioni dell’attivista Befeqadu: “Ad Addis Abeba cresce la paura”

Lo riferisce all'agenzia Dire mentre nella capitale sale la tensione a un anno dall'inizio del conflitto nella regione settentrionale del Tigray

Pubblicato:05-11-2021 20:19
Ultimo aggiornamento:08-11-2021 17:55

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Ad Addis Abeba, la maggior parte della gente non ama il Tplf: stanno tornando alla mente gli anni bui del loro governo e tra la popolazione serpeggia la paura, la frustrazione e il senso di impotenza”. Così riferisce all’agenzia Dire Befeqadu Hailu, attivista e fondatore dell’Ethiopia’s Center for the Advancement of Rights and Democracy (Card), associazione nata dal blog creato nel 2011 attraverso cui Befeqadu condivide riflessioni su pace e democrazia in Etiopia.

La conversazione telefonica arriva mentre nella capitale cresce la tensione: a un anno dall’inizio del conflitto nella regione settentrionale del Tigray, che ha visto l’esercito federale tentare di sconfiggere l’ala armata del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf), il conflitto è entrato in una nuova fase. Dopo la ripresa del capoluogo Macallè a fine giugno, i ribelli hanno ottenuto l’appoggio di nuove milizie armate e ora marciano verso Addis Abeba per riprendere il controllo delle istituzioni, dominate per 26 anni consecutivi, dal 1991 al 2018. E in città, come riporta la testata Africa News, centinaia di persone oggi hanno raggiunto lo stadio per incoraggiare le nuove reclute arruolate dall’esercito, che ha lanciato un appello anche ai riservisti.

“Non c’è vittoria senza sacrificio”, ha detto il sindaco di Addis Abeba, Adanech Abebe.

Arringando la folla, il primo cittadino ha parlato di “momento critico” in cui “non è ammessa la pigrizia”.
“Alla gente stanno tornando in mente gli anni bui del governo de Tplf- continua Befeqadu- quando venivano represse le libertà civili, come la libertà di espressione, manifestazione e associazione”. Secondo il blogger poi, mentre il partito del premier Abiy Ahmed Ali promuove una narrativa pan-etiope, in cui tutte le etnie sono sorelle, “il Tplf perora il nazionalismo tigrino”. Un aspetto delicato, che in questi giorni sta alimentando gli odi tra le comunità.

A questo, secondo l’attivista, si aggiunge la sensazione di “non essere in grado di fermare l’avanzata dei ribelli, la gente si sente senza difese”. Oggi ben otto gruppi armati si sono uniti al Tplf. Tutto questo avviene mentre, secondo le Nazioni Unite, nella regione settentrionale la carestia sta severamente colpendo 400.000 persone, e a milioni necessitano di aiuti umanitari.
L’Onu ha anche diffuso un report in cui accusa tutte le parti coinvolte nel conflitto di crimini di guerra e contro l’umanità.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it