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L’alienazione genitoriale divide ancora: giudici, legali e Ctu a confronto

Il convegno promosso in Cassazione a Roma dalla Commissione Progetto Donna del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma

Pubblicato:05-11-2019 15:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:55

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ROMA – L’alienazione genitoriale continua a far discutere gli addetti ai lavori, non solo nelle aule dei tribunali. Avvocati, magistrati e consulenti tecnici di parte (Ctp) e d’ufficio (Ctu) il 4 novembre si sono incontrati in Cassazione a Roma per confrontarsi in un convegno promosso dalla Commissione Progetto Donna del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma e intitolato eloquentemente ‘Alienazione genitoriale dalla parte dei figli?‘.

“Chiediamo a tutti voi di essere dalla parte dei bambini”, è l’appello dell’avvocata e componente della Commissione Progetto Donna, Simona D’Aquilio, che ha aperto i lavori dicendo: “Questo convegno è un evento molto coraggioso, su una discussione non più rimandabile”, quella sull’alienazione genitoriale, definita una vera e propria “emergenza” per i casi numerosi di allontanamento dei minori dalla cura delle madri. Secondo questo costrutto, “tutto ciò che asseriscono mamme alienanti e bambini alienati su violenze e abusi è giudicato falso”, ha spiegato D’Aquilio, motivo per cui poi “i bambini vengono strappati dalle madri e messi in casa famiglia per essere resettati”. La teoria “nata dalla mente pedofila di Richard Gardner”, ha ricordato l’avvocata, è stata più volte sconfessata dalla comunità scientifica internazionale e da diverse pronunce di Cassazione. “La giurisprudenza della Cassazione degli ultimi dieci anni è sempre stata unanime nel discostarsi da questa teoria- ha chiarito alla Dire D’Aquilio- e ribadisce sempre, anchE nell’ultima sentenza del maggio 2019, la 13274, la centralità del minore e la necessità di non liquidare il rifiuto e la paura di un bambino di stare con un genitore come semplice alienazione genitoriale, ma di approfondire il reale motivo di quel rifiuto e di rispettarlo. Spesso, andando a leggere gli atti di questi processi, si trovano ragazzi che si sono sentiti abbandonati, non seguiti dai propri padri, per non dire di quelli maltrattati, abusati o che hanno assistito alle violenze familiari”. E qui che si insinua, secondo D’Aquilio, il rischio più grande: “il sistema adultocentrico”, che non tiene conto del minore.


“Nelle aule giudiziarie vengono sottoposti all’attenzione del giudice fatti che hanno la seguente caratteristica- ha detto nel suo intervento Paola Manfredonia, Gup del Tribunale dei Minori di Roma- un minore che rifiuta di vedere l’altro genitore. Si accerta nel corso dell’istruttoria che questo rifiuto non ha nessuna ragione d’essere e che la visione della realtà del minore è coincidente con quella che ha dell’ex partner il genitore con cui convive. Spesso è proprio il genitore alienante che si rivolge per primo al tribunale per lamentare dei comportamenti qualificati gravi, violenze che poi non hanno riscontro. Ma in realtà ha già escluso l’altro genitore dalla vita psichica del bambino. Così l’alienante, attraverso il figlio, raggiunge l’obiettivo di rivalersi, contro il partner, ritenuto unico responsabile del proprio fallimento esistenziale”.

Si tratta di “iter giudiziari dove la conflittualità è elavatissima”, ha aggiunto Manfredonia, con bambini “che non sono in grado di avere una visione autonoma della realtà” e “istruttorie difficili da realizzare perché il minore si sente perseguitato. Non mi risulta che molti bambini vengano strappati dai genitori”, ha poi detto la giudice, a cui l’avvocato Paolo Voltaggio ha risposto: “Credo che la magistratura dovrebbe farsi un esame di coscienza perché abbiamo numeri di ruolo, nomi e cognomi, di procedimenti che in questi anni sono stati eseguiti”.

Di alienazione non vuole sentir parlare Maddalena Cialdella, psicologa e psicoterapeuta, Ctu del Tribunale di Roma. “Io preferisco parlare del fenomeno del rifiuto, che priva il minore del suo diritto alla genitorialità. Alcuni continuano a pensare che la causa sia un genitore che fa il lavaggio del cervello al minore. Molti altri, invece, credono che il rifiuto sia una disfunzione delle dinamiche familiari relazionali in cui ciascun componente mette il suo contributo”. Secondo la Ctu, “quando c’è un’intensa conflittualità”, il bambino può mettere in atto “un’adesione incondizionata ad uno dei genitori, molto probabilmente quello più fragile, mitizzare il genitore ‘buono’ e rifiutare quello periferico”. Come intervenire? Con “incontri protetti, cioè a protezione della relazione, che se limitati e fatti da professionisti competenti servono a ristabilire questa relazione. Non ritengo che ci sia questa grande facilità a togliere i figli ai genitori- ha aggiunto Cialdella- Credo che debba essere un’ultima spiaggia che a volte va considerata, ritengo che in questo momento particolare ci sia il timore contrario”.

L’avvocata rotale Michela Nacca, presidente dell’associazione ‘Maison Antigone’, è tornata però a puntare il dito su un sistema che sembra voler punire le donne: “Negli esempi concreti ci ritroviamo sempre le madri accusate e quando ci sono i padri l’atteggiamento è completamente diverso- ha sottolineato- Per parlare di rifiuto bisogna parlare di paura. Poi se c’è un genitore più fragile vuol dire che c’è uno sbilanciamento di rapporto”, quindi “un rapporto violento, fisicamente o psicologicamente. Il bambino ha diritto a una genitorialità sufficientemente sana, di fronte a un genitore violento non ci deve essere nessun dovere”. 

Così, anche la psicologa e psicoterapeuta, Ctp di ‘Maison Antigone’, Bruna Rucci: “Resettare un bambino per staccarlo dalle figure della sua vita e ricollocarlo con un padre con cui non vuole andare è un trauma non rimarginabile dal punto di vista psicologico”. Troppo spesso, ha denunciato Rucci, “non si ascolta il minore, anche quando racconta in maniera chiara e diretta episodi di violenza. Il penale non viene considerato e non viene fatto entrare nel civile a meno che non ci sia una condanna. Ma nel frattempo, come proteggiamo i bambini?”.

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Minori. Alienazione genitoriale, ‘Maison Antigone’: è una strategia processuale contro le madri

“Nei tribunali non si parla più di violenza, ma solo di conflitto”. La denuncia di
Michela Nacca, presidente dell’associazione

“L’alienazione genitoriale è una strategia processuale contro le madri”. Ne è convinta Michela Nacca, avvocata rotale e presidente dell’associazione ‘Maison Antigone’.

Nel suo intervento al convegno promosso qui in Cassazione sull’alienazione genitoriale lei ha detto che è una teoria che viene utilizzata contro le madri. Qual è la sua esperienza in merito e quanti sono i casi che lei ha trattato personalmente?

“La mia esperienza mi dice che l’alienazione genitoriale è una strategia processuale che è stata costruita appositamente contro le madri. Non me lo dice solo la mia esperienza. I casi sono molti, e lo dico non solo come avvocato, ma come presidente di un’associazione che si sta impegnando a combattere una violenza che negli Stati Uniti è stata definita ‘legal harassment’, violenza istituzionale, perché questo oggi si è rivelata. Me lo dice lo studio dei testi di Richard Gardner (psichiatra forense, ideatore della controversa Sindrome da alienazione parentale, ndr), dei suoi sostenitori, tutt’oggi impegnati nel diffondere questo tipo di teoria che partiva dal presupposto che il 93% delle denunce presentate dalle madri fossero false. Questo è un pregiudizio, non solo smentito da studi scientifici importanti a livello internazionale e dalla statistica, ma soprattutto dalla logica. Per Gardner e gli attuali sostenitori dell’alienazione parentale, le denunce sarebbero solo strumentali, finalizzate ad ottenere un affido o una collocazione paritaria alternata. In realtà noi sappiamo che senza denuncia la collocazione presso la madre è automatica. Quindi, a che pro strumentalizzare una denuncia? In effetti studi scientifici internazionali ci confermano che se esistono delle denunce false, queste purtroppo sono presentate da padri violenti che intendono strumentalizzare a loro favore una normativa e un giudizio di un Tribunale affinché faccia saltare i criteri classici giuridici e psicologici”.

Lei ha detto che il pericolo che si corre è l’adultocentrismo: mettere al centro i desideri e i bisogni dei genitori a scapito di quelli dei minori?

“Sì, attraverso questa strategia processuale si mette al centro l’esigenza del genitore e non quella del figlio perché si vuole imporre un dovere di bigenitorialità al minore e non un diritto. Il minore ha diritto a una genitorialità sufficientemente sana. Nel momento in cui gli si vuole imporre un genitore violento questo non si esprime più in una tutela di un diritto del minore, ma diventa la tutela di un diritto di un genitore, per di più non sano, violento”. 

L’invito rivolto da più parti è a distinguere le situazioni di conflittualità dalle situazioni di violenza e nel primo caso la Ctu ha detto che si parla di rifiuto. Qual è la sua posizione?

“Quello che noi vediamo nei Tribunali dei Minori e nei Tribunali che si occupano degli affidi in caso di separazione dei genitori, è che non si parla più di violenza. Ogni volta che si fa riferimento ad un rapporto difficile, contrastato, ad una relazione rifiutata da parte del minore a causa di paura dovuta alla violenza testimoniata dal minore, si riconduce tutto al conflitto. Qui è il nocciolo del problema. Laddove si nega la violenza, si nega anche la giustizia. La giustizia verso il genitore protettivo – statisticamente in genere la madre – e verso il minore, che non viene più tutelato dal Tribunale a cui si rivolge”.

Minori. Alienazione genitoriale, Ctu: meglio parlare di rifiuto, ma il fenomeno esiste

A parlare Maddalena Cialdella, psicologa, psicoterapeuta e Ctu del Tribunale di Roma: “In casi di violenza assistita, salvaguardare il legame con genitore in forma protetta”.

“Quando si arriva a decretare l’allontanamento di un minore penso che non si possa fare nient’altro di diverso”. Lo ha detto Maddalena Cialdella, psicologa, psicoterapeuta e Consulente tecnico d’ufficio (Ctu) del Tribunale di Roma.

Qual è la sua posizione sull’alienazione genitoriale e rispetto al fatto che negli ultimi anni si sta affermando nei tribunali?

“Io ritengo che debba cambiare anche il linguaggio, ormai da molto tempo, lo ha detto anche la Cassazione. Più che parlare di alienazione genitoriale di modo che la causa venga riportata soltanto al lavaggio del cervello che un genitore fa nei confronti del figlio, è molto più adeguato e sistemico parlare di rifiuto. Un fenomeno che esiste ma che ha una consistenza e trova le sue radici in una situazione molto diversa che vede una dinamica disfunzionale a livello familiare, sistemico, dove ciascuno dei componenti di un sistema porta il proprio ‘contributo’”.

Lei ha distinto tra le situazioni di conflittualità e violenza. La violenza domestica come entra nelle valutazioni di una Ctu rispetto al rifiuto del bambino?

“La violenza domestica è sicuramente un danno psicologico nei confronti dei minori. La violenza assistita ha degli effetti psicopatologici ed è considerata molto nociva. Tuttavia, bisogna essere molto cauti nel momento in cui ci troviamo di fronte ad una valutazione di questo tipo, perché avremo un procedimento penale, che bisognerà capire quali esiti avrà, e un procedimento civile rispetto alla separazione. Quando le situazioni sono molto gravi è chiaro che un bambino che ha assistito a violenze nei confronti del proprio genitore ha un timore di avvicinarlo e quindi c’è una connessione tra la violenza assistita e il rifiuto, ma vanno valutate le situazioni caso per caso, rendendole diverse dalla conflittualità elevata”.

Bisogna aspettare il terzo grado di giudizio per fare in modo che la violenza domestica venga riportata in sede di Ctu o bastano le denunce o i racconti del bambino?

“Io credo che, in prima istanza, sino ad arrivare al terzo grado di giudizio, il minore debba essere sempre tutelato, preventivamente, previamente. Poi quello che succederà si vedrà. Ritengo però che sia molto più adeguato tentare di mantenere, anche se in forma protetta, un rapporto con il genitore, perché spezzare un legame con un genitore è molto nocivo per un figlio. Perché spezza l’immagine interna di quel genitore, che poi avrà effetti devastanti durante la crescita”.

Le chiedo un commento del caso di Laura Massaro. Il bambino è stato 9 anni con la madre ma è stato disposto l’allontanamento e la collocazione con il padre. Lei ha detto che gli allontanamenti sono l’ultima spiaggia. Nel caso Massaro è stata raggiunta l’ultima spiaggia? Se sì, perché?

“Quando si arriva a decretare l’allontanamento di un minore penso che non si possa fare nient’altro di diverso. Sono state fatte una serie di cose durante tutti questi anni e credo che se un bambino viene collocato dal padre, quindi non in una casa famiglia ma dall’altro genitore, significa che ci sono state valutazioni approfondite, io questo lo voglio dire con grandissima serenità e forza”.

La madre però ha denunciato il padre per stalking e denuncia anche l’omissione di alcuni aspetti nelle relazioni (“Non è stata presa in considerazione alcuna memoria difensiva”, aveva dichiarato Massaro alla Dire, ndr)?

“Però queste sono dichiarazioni fatte dalla madre, qualcun altro avrà stabilito il penale e civile, che invece forse tutto questo non c’era e che il rapporto con il bambino non ha intaccato il legame con questo genitore. Quando si arriva a decretare situazioni di questo genere vuol dire che ci sono stati approfondimenti specifici”.

La madre però è stata definita alienante e all’interno della relazione si è fatto ricorso ancora una volta all’alienazione parentale?

“Io ritengo che sicuramente la madre e il padre avranno fatto degli errori per decretare questo tipo di situazione. Sicuramente ci sono delle situazioni che portano a questo, per il fatto stesso che un minore aderisce ad un genitore. Anche per il solo fatto di essere con lui 24 ore su 24, con quel genitore, diventa molto adesivo, ne riprende i sentimenti, i ricordi. C’è in qualche modo una destrutturazione della realtà che il bambino fa per difendersi in qualche misura, per trovare un adattamento e mantenere coesa la struttura del proprio sé”.

Quindi, come si spiega che l’alienazione parentale viene utilizzata nei tribunali per allontanare dei bambini dalle proprie madri anche se non è stata riconosciuta dalla comunità scientifica?

“Viene utilizzata nel momento in cui il fenomeno esiste. Esiste il fenomeno di situazioni per le quali alcuni figli vengono strumentalizzati, se così vogliamo dire, per affermare l’inadeguatezza dell’altro genitore. Questo purtroppo succede. E invece noi dobbiamo aiutarli a capire che un figlio, un bambino, un minore può crescere bene e può diventare un adulto migliore solo se questi genitori smettono di pensare che uno è assolutamente buono e l’altro è assolutamente cattivo, portando a questa scissione che spesso lo stesso minore deve fare per autotutelarsi”.

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