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ROMA – “Da Beirut ai villaggi del monte Libano fino alla regione del sud, il quadro è catastrofico: si sentono bombardamenti di continuo, soprattutto di notte, e questo causa un grande stress mentale nella popolazione. Nelle regioni del sud in realtà questa situazione va avanti dall’8 ottobre scorso. Ma ora gli sfollati, che ammontano a 1 milione e 200mila, sono ovunque“. Parla con l’agenzia Dire da Beirut Francesca Lazzari, responsabile di Avsi in Libano, organizzazione presente nel Paese dal 1996 ora impegnata ad assistere la popolazione che, con l’offensiva israeliana, sta perdendo tutto: già quasi 2mila i morti e 10mila i feriti.
E oltre ai raid “continuano a susseguirsi gli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano”, riferisce Lazzari, “come quello che ha colpito ieri Nabatiyeh“, città che conta circa 40mila abitanti, distante una sessantina di chilometri dal confine con Israele.
“Da ieri infatti stiamo assistendo ad arrivi in massa“, dice la responsabile di Avsi, famiglie sfollate che si aggiungono a quelle che “vivono sui marciapiedi o in spazi aperti“. Una situazione mutevole, perché “c’è chi si adatta a restare qualche giorno in strada, sperando si tratti di un’emergenza passeggera e di poter tornare presto a casa. C’è poi chi ha perso la casa negli attacchi o comunque sa che è troppo rischioso tornare, e aspetta di capire se andare nei centri d’accoglienza, oppure non ha trovato posto. O anche chi attende la risposta per un appartamento in affitto o ospitalità a casa di parenti o amici”. Secondo Lazzari, ci sono anche “famiglie molto grandi che preferiscono non separarsi, evitando di andare a stare in alloggi diversi”. Tanti anche quelli “ammassati con le valigie che dormono in macchina“. E così già almeno due zone della capitale, documenta la responsabile di Avsi, “sarebbero particolarmente affollate”.
Lazzari riferisce poi di una Beirut “sotto attacco: i raid si concentrano nei sobborghi del sud ma in centro ci sono stati già due bombardamenti. La città non si è ancora fermata ma alcune zone pare siano deserte”.
In strada, si vede un “altro” traffico: “E’ un via vai di camioncini che portano materassi nei centri d’accoglienza oppure auto-cisterne per l’acqua potabile; e poi mezzi sovraffollati di persone che lasciano la città”. Immagini, sottolinea Lazzari, che “si vedono anche nel resto del Paese”.
Le attività di Avsi quindi, che al momento ha già supportato 10mila persone, si stanno ora concentrando “sulla primissima emergenza per accogliere e aiutare i profughi con cibo, kit igienici, materassi, coperte e vestiti, perché c’è chi è fuggito senza avere il tempo di portare nulla”.
Accanto a questo gli operatori di Avsi – undici dei quali a loro volta sfollati – forniscono supporto psico-sociale. “Molte persone sono traumatizzate perché hanno lasciato la casa e tutto senza sapere quando e se torneranno” dice Lazzari. “Abbiamo attivato un numero verde a cui rispondono psicologi specializzati e stiamo incrementando il team”. Il prossimo passo? “Organizzare attività ludico-ricreative per i bambini nei centri d’accoglienza, dato che stanno anche perdendo la scuola, e poi servizi d’assistenza ai profughi nelle strade”. Tutto dipende “dalle donazioni” sottolinea Lazzari. “Per questo “abbiamo lanciato la campagna Help4Lebanon: noi siamo operativi ma ci serve il sostegno di tutti”.
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